28 marzo 2014

Nuovo studio Antropo-Astrologico. Nona parte.

Una delle cose su cui si preme in particolar modo nell'etnografia, è il grado di empatia da raggiungere con il l'altro, con l'indigeno, senza prevaricare, senza essere colonizzatore. Ma possiamo riuscirci davvero? Non lo credo affatto dato che non è capace di ciò nemmeno il marito nei confronti della propria moglie (o viceversa). Figuriamoci poi se è possibile una cosa del genere in Astrologia, dove la competizione è ai massimi livelli. 

Ricollegandomi a ciò, James Clifford riprende i concetti di Csordas ed estende il concetto di Habitus a quella disposizione d'animo necessaria per comprendere come orientarsi in un determinato contesto, e la propensione a parlare un altro linguaggio. Per habitus evidentemente intende l'empatia ma soprattutto la partecipazione attiva alla quotidianità di quegli uomini. In Italia, Leonardo Piasere usa il termine veneto "imbombegà" per descrivere la necessità di abduzione e mimesi necessaria a comprendere il nativo, per ottenere anche il suo consenso, ma sempre con una continua tensione tra se e l'altro, apprendendo il "non noto" con l'analogia e la risonanza con il proprio vissuto.

Ecco: da questo punto di vista, il lavoro dell'astrologo deve basarsi su questa continua tensione tra il proprio vissuto e quello della persona a cui sta analizzando i transiti per esempio. Una chiara percezione di come essi possano funzionare sull'individuo può esserci solo per mezzo dell'analogia, che è il modo per trovare delle somiglianze tra se e lui, somiglianze non sempre sono coerenti con il vero significato dell'aspetto, dato che talvolta lo studioso attribuisce a esso un significato che si discosta dal suo reale scopo e significato, arricchendolo di speculazioni e deduzioni tutte da verificare. Si può ben applicare all'astrologia il concetto di Habitus se esso ha a che fare con la capacità di saper mantenere vivi entrambi i punti di vista: il proprio e quello del consultante.

Unni Wikan, antropologa norvegese, oltre a cercare un approccio empatico con gli indigeni balinesi, cerca di creare una risonanza tra lei, il testo che scrive e il lettore, cercando di trovare una specie di ponte che possa collegare gli altri a se.
Leavitt aggiunge che la ricerca dell'empatia può portare al malinteso, e questo è ovvio dato che non è facile comprendere la linea di confine tra le proprie emozioni e costruzioni logiche e quelle delle altre persone. Per questo invita all'empatia analogica e riflessiva, che consiste nella costante riformulazione del proprio vissuto e delle proprie categorie, mettendo in discussione la propria impressione circa quel che si è appreso empaticamente, con paziente disponibilità.
Allora sembra evidente che nel tentativo di percepire la realtà, non sarà più sufficiente una visione logica dei fatti, ma pure una visione emotiva. Ma cosa è l'emozione? Non è qualcosa di universale! Non è qualcosa che è uguale per tutti! Sia nella forma che nell'esposizione varia e dipende da cultura a cultura. Nell'800 il termine era impiegato per descrivere una perturbazione psicologica, legata, talvolta, a stati di malattia in quanto riguarda qualcosa che può farci perdere il controllo ed è sempre in contrasto con la ragione.

Darwin ovviamente ci vedeva qualcosa di innato, sono fisiologiche ed emergono per il principio di autoconservazione, cioè per favorire i bisogni e l'adattamento all'ambiente. Dunque, si tratta di qualcosa trasmesso geneticamente. Ovviamente, alla visione biologica andrebbe associata pure quella astrologica. 
Secondo Water Cannon  il nucleo centrale delle emozioni risiede nel talamo a cui sono legate tutte le attività del sistema nervoso centrale. Con gli "studi sull'isteria" Freud getta un abbozzo di teoria per definire le emozioni. Ciò che sta alla base delle emozioni, per lui è l'angoscia e la depressione. Nell'angoscia ci vede la preparazione ad affrontare un pericolo immediato, manifestandosi con l'esaltazione dell'attenzione sensoriale e della tensione motrice. Quando l'angoscia va al di la di certi limiti, allora può sfociare nella patologia.  L'emozione però può essere anche una valvola di sfogo a desideri bloccati. 
I lobi frontali, l'amigdala, l'ippocampo, hanno collegamenti che si estendono per tutto il corpo,  in particolare con il sistema immunitario, con il sistema endocrino che regola gli ormoni, con il sistema nervoso autonomo che regola il battito cardiaco, la pressione del sangue. Questo ci dice molto su come la mente può influenzare il corpo e viceversa!
Ma non è tutto qui. Il cervello non è un entità biologica predeterminata: le emozioni vengono mediate dall'ambiente e dall'esperienza e sono essi che modellano il cervello. 
Secondo il mio parere però, esistono disposizioni innate o disposizioni (quelle astrologiche) che fungono da tracciato su cui l'ambiente e la cultura possono costruire la loro struttura "mobile".

Clifford Geertz negli anni '70 sosteneva che il sistema nervoso, ha bisogno di un ambiente culturale e sociale per poter funzionare. Nello studio sui bambini selvaggi descritto nei capitoli precedenti, abbiamo appreso proprio come la componente ambientale e sociale sia importantissima per educare le disposizioni innate a funzionare in un certo modo, ad assecondare certi "binari", a modificare le strutture cerebrali anche per quanto concerne la risposta emotiva a certi stimoli sociali. Per questo bisogna concepire gli archetipi come qualcosa che sta a monte della risposta emotiva che scaturisce da un aspetto astrologico, dato che essa è fortemente condizionata da qualcosa che non è innato. 

Sotto questo punto di vista, come dice Geertz. l'essere umano è incompiuto e necessita nel corso della sua vita di apprendere delle capacità e conoscenze che non sono date dall'apparato istintuale come accade invece per gli animali che sono provvisti di istinti utili alla loro sopravvivenza. Questo vuol dire che gli archetipi sono come delle scatole vuote da riempire, ma con tutto quello che è in analogia con la scatola stessa e non che la scatole contenga già al suo interno tutte le disposizioni di cui l'individuo adulto è dotato.

Sempre Geertz che la socializzazione rappresenta la "specializzazione" mediante cui l'uomo sceglie dalle esperienze emozionali. Questa selezione, solo questa potrebbe essere innata. Con la pubertà il cervello conclude la sua maturità fisica, ma il processo di crescita neuronale continuerà per tutta la vita. Tre quarti del cervello si sviluppano fuori dall'utero e potrei azzardare a dire che solo un quarto è quello che contiene in se le disposizioni innate. Il cervello diverrà sempre meno plastico e duttile dopo i tre anni di vita e pare che dopo quel periodo, lo sviluppo dei centri cerebrali legati al linguaggio, sembra non potranno seguire uno sviluppo normale. Dunque possiamo affermare che l'essere umano, esattamente come l'archetipo, è un insieme di potenzialità ma che necessitano di essere sviluppate e coltivate tramite l'esperienza. 

Altra cosa importante per lo studio astrologico è che le stesse aree cerebrali deputate all'espressione delle emozioni, sono anche quelle deputate al comportamento sociale. In particolare, la corteccia prefrontale che regola il rapporto tra emozioni, motivazioni, e comportamento intenzionale. Nel mio libro di prossima pubblicazione, potrete leggere le mie considerazioni e scoperte sul legame esistente tra le funzioni cerebrali e lo zodiaco.

L'amigdala invece è il "computer centrale emozionale" del cervello. Robin Dunbar ha dimostrato che negli ultimi 5 milioni di anni è avvenuta una sorprendente crescita del cervello umano, soprattutto della corteccia e dei lobi frontali rispetto al resto del cervello. La cosa interessante è che queste zone del cervello non sono quelle che riguardano la costruzione di oggetti utili alla sopravvivenza, ma quelle utili a costruire relazioni sociali, a stringere alleanze, provare simpatie e antipatie. Di conseguenza, il vero sviluppo dell'essere umano (o di altre forme evolute di intelligenza intergalattica/per chi crede in abitanti di altri mondi) è di tipo sociale.
Per funzionare, il cervello ha bisogno dell'interazione con l'ambiente e quindi con l'intervento della cultura.
Il potere di adattamento dell'uomo è così vasto che anche in condizioni estreme è possibile sopravvivere, come dimostra il caso di Amala e Kamala, due bambine indiane allevate dai lupi, che hanno sviluppato il linguaggio del branco e affinato sensi come la vista, l'olfatto e l'udito, ma deficitarie nella gestione delle emozioni, proprio a causa della mancanza di un contesto sociale e culturale adeguato. Insomma, l'essere umano prende quello che gli sta attorno e lo utilizza. Altro caso emblematico è dato da Victor, il bambino cresciuto selvaggiamente poi integrato in società, che perdeva progressivamente le sue capacità autoimmuni e il suo corpo diveniva più fragile. Non solo: fu scoperto che non mostrava attitudine a ridere o piangere (elementi culturali dunque e non innati) ma pure la scarsa predisposizione all'appetito sessuale (anch'esso strettamente vincolato al contesto, dal contatto con gli altri). L'apprendimento di Victor era vincolato a ciò che era rilevante  per la sua sopravvivenza, per i suoi bisogni; per questo non dava importanza alla catalogazione e distinzione dei suoi emessi dalla voce umana. Nemmeno percezione di comportamenti etici e morali sono innati, ma legati al contesto social culturale. Anche in questo caso, possiamo dire che la componente astrologica risulta essere un contenitore vuoto da riempire con l'esperienza e la cultura. In questo caso, buono, non buono, cattivo, giusto, sbagliato, sono concetti che in astrologia non possono esser rappresentati da alcun fattore in maniera deterministica.

Ecco un breve schema riassuntivo dell'emergere delle emozioni: 
1)vi è uno stimolo ambientale
2)l'individuo ne valuta il significato
3)attribuisce un valore allo stimolo
4)in base a quello che gli altri fanno in quel caso
5) in base alle sue disposizioni innate
6)in base all'esperienza
7)in base alle sue capacità di apprendimento
8)reagisce emotivamente 

La prospettiva evolutivo-funzionalista poneva l'accento sulle caratteristiche innate dell'individuo (come farebbe un astrologo dogmatico che nell'astrologia ci vede pure la predisposizione genetica); mentre quella cognitivista, sostiene che i processi cognitivi sono influenzati dalla cultura (e quindi per me anche le disposizioni astrologiche).