07 maggio 2014

Le radici psicologiche dell'astrologia


(Per i riferimenti bibliografici utilizzati per la realizzazione di questo scritto scientifico, consultare l'apposita sezione sulla colonna di destra in basso).
Gli studi dell’antropologia culturale sono una miniera di informazioni inestimabile per poter accrescere le proprie competenze in materia di astrologia poiché, come ho sempre affermato, ogni disciplina può concorrere a vedere le cose da un ulteriore punto di vista. Sono convinto infatti, che è dalla pluralità di conoscenze che si può giungere a comprendere meglio quel che interessa studiare. In questa sede mi propongo di utilizzare il sapere antropologico al fine di stabilire in che modo è nata e si è diffusa l’antica arte di “Urania” come fenomeno culturale. Durante il nostro percorso di ricerca comprenderemo come mai questo affascinante sapere continua a resistere e anzi, si fortifica nonostante la società moderna (a partire dal 1660 con il decreto del presidente dell’accademia delle scienze Francese Colbert) ci inviti alla dimostrazione scientifica delle cose e alla rinuncia dell’ “aleatorio”. Per questo sarà necessario cominciare a definire quali sono le correnti di pensiero da cui i ricercatori si sono lasciati guidare per affrontare il tema della cultura. 

Possiamo cominciare col definire prima di tutto in che modo le diverse correnti di pensiero dello studio dell’antropologia possono risultare utili per tentare di formulare un’ipotesi circa lo sviluppo dell’astrologia prima in Mesopotamia (terra in cui nacque) e poi nel resto del mondo. Prima però è necessario premettere quali condizioni resero possibile il diffondersi della mia materia.

Essa, è nata nei pressi del Mar Caspio, in Mesopotamia, nel periodo Assiro-Babilonese, in quel lembo di terra che oggi è chiamata Turchia (c’è chi sostiene che la precisa collocazione sia nella città di Van). Da alcune ricerche storiche a proposito della civiltà Assiro-Babilonese (Babilonia, P. Brusasco, Raffaello Cortina Editore) ho trovato che l’astrologia è nata in un clima di grande fervore culturale. Era appena nata la scrittura, e la società si strutturava in maniera tale da incentivare lo sviluppo di una cultura che con le sue pratiche si legava alla difesa e al sostegno della maternità. Per questo, qualsiasi mezzo potesse risultare utile a risolvere i problemi legati a queste due problematiche, aveva la possibilità di svilupparsi. Medicina, Astrologia ebbero grande fioritura poiché si rivelavano particolarmente utili per lo scopo: Babilonia, nasce in un clima legato allo scambio e al commercio grazie agli antichi Caldei, nomadi mercanti di stoffe e pietre preziose. Lì dove c’era il benessere si rendeva pure necessario difendersi dagli attacchi delle invasioni dei predatori provenienti dalle regioni limitrofe. Era necessario avere una potenza militare che potesse contrastare quelle invasioni. Nel corso dei secoli i Caldei avevano osservato che il maggior numero di persone predisposte alla guerra erano quelle nate in aprile (sotto il segno dell’ariete) e per questo fu stabilito che tutte le coppie concepissero in un dato periodo dell’anno, per favorire appunto il nascere di bambini più forti, resistenti e dediti alla guerra. Ecco che l’osservazione del cielo e della natura era appena diventato il mezzo per consentire a quei popoli di continuare a fiorire e svilupparsi. La società strutturata in funzione dei bambini più forti, ebbe modo di produrre una cultura astrologica e pure il nascere dei culti legati alle potenze planetarie. Nabucodonosor, sovrano di Babilonia è l’espressione più palese della società di quel tempo: infatti scomponendo il nome in Nabu-Kundurri-Usur otteniamo la traduzione “O Nabu, proteggi il mio bambino”.
Da quel momento in poi, l’astrologia ha avuto modo di diffondersi a livello planetario, ma abbiamo traccia del fatto che anche in altre parti del mondo esisteva un sistema analogo a quello inventato dai Caldei. Che conclusione possiamo trarre da tutto ciò?
Secondo il mio parere, lo studio del Darwinismo può essere un ottimo punto di partenza per cominciare il nostro percorso di ricerca e di analisi. Darwin con il suo “l’origine della specie”, influenzato dalla filosofia di Hume, ha dato il via a una corrente di pensiero (appunto il Darwinismo) di cui molti antropologi si sono avvalsi per poter costruire teorie sulla società e sulla cultura (parliamo della fine dell’ ‘800).

Secondo i sostenitori di tali teorie, anche la società è soggetta a evoluzione come Darwin sosteneva a proposito dell’uomo: erano indotti a ritenere che la loro società fosse quella più evoluta e quindi superiore alle altre. Questa considerazione nasceva dal fatto che era sufficiente studiare i popoli e le etnie indigene per rendersi conto del processo evolutivo della società, dato che all'epoca queste erano considerate come civiltà primitive che non si erano ancora evolute. Tali popolazioni rappresentavano un po’ il nostro passato e potevano essere analizzate come fa il paleontologo che studia le tracce fossili di animali estinti. Politeismo, poligamia, l'assenza di proprietà, non poteva che essere l'indice di una società poco evoluta a differenza di quella europea che era considerata razionale.

Gli antropologi di stampo darwinista sostenevano (e in alcune parti dell’America ancora oggi resiste questa corrente di pensiero) che le società si evolvono, e vi è un passaggio dal semplice al complesso, dall'irrazionale al razionale e tutti i popoli, prima o poi, possono arrivare ad evolversi. Per giungere a queste considerazioni, gli antropologi usavano il metodo comparativo, soprattutto quello di Lewis Henry Morgan che possiamo definire il padre della corrente del darwinismo. Il sistema della comparazione permetteva di analizzare i tratti comuni e le differenze delle diverse popolazioni indigene messe in relazione con quelle della società “civilizzata”.

È possibile prendere in prestito il metodo della comparazione per trarre delle interessanti considerazioni circa lo sviluppo dell’astrologia? Partiamo dal presupposto che questa materia durante il corso della storia ha subito numerose modifiche a seconda della cultura e delle necessità degli individui. Da una struttura elementare, si è passati a una sempre più complessa grazie al sostegno delle altre tecnologie per osservare il cielo e per calcolare il tempo. Grazie alla trigonometria sferica diffusa dagli Arabi, gli astrologi antichi potevano effettuare nuove sperimentazioni per metterle alla prova. Occorreva dividere la giornata in dodici parti perché non era più sufficiente la semplice divisione dell’anno per poter avere informazioni sulle caratteristiche degli individui (informazioni prese in maniera induttiva). Oggi invece la cosa è cambiata e il moderno ricercatore, ha scoperto che è possibile procedere anche deduttivamente partendo dagli assunti che la tradizione ci ha lasciato in eredità (e questo è parzialmente un male, e ne parlerò meglio più avanti). Le necessità dell’astrologo moderno sono diverse rispetto a quelle dell’uomo antico che era interessato a difendersi dalle invasioni. Nonostante la società sia cambiata, l’astrologia continua a far parte della cultura di quasi tutti i popoli “civilizzati” della terra. Questo lascia intendere che se è vero che l’astrologia muta in base alle necessità dell’uomo moderno, dall’altra parte la sua nascita non è da attribuire esclusivamente alla società ma a qualcos’altro di indipendente, perché il cambiamento dei bisogni dell’individuo (mano a mano che la società si trasforma) obbliga ad affinare gli strumenti oppure a trovarne di nuovi e migliori. Se i nuovi più razionali non hanno soppiantato quelli vecchi vuol dire che questi ultimi soddisfano dei bisogni che non c’entrano nulla con la società ma che riguardano qualcosa di intimo e immutabile nell’uomo. Di cosa si tratta? Lo scopriremo durante il corso di questa trattazione. Per il momento torniamo alle teorie dell’antropologia.

Le teorie evoluzioniste, con il tempo si sono distinte in sottocategorie come quella dell’evoluzionismo unilineare in cui si afferma che tutte le società si evolvono seguendo gli stessi stadi, le stesse tappe, ma progrediscono a velocità diverse, tali che possiamo trovarne alcune più sviluppate (e quindi più evolute) di altre. L’astrologia, come fenomeno della cultura umana, quale sentiero ha seguito? Si è sviluppata in modo unilineare? Abbiamo visto che in realtà esistono molti tipi di astrologia come per esempio quella dei Maya o delle tribù indigene Australiane, che comunque sono abbastanza differenti da quella nata in Mesopotamia. Per questo possiamo affermare che la radice astrologica non è una sola come quella umana. Piuttosto abbiamo diversi tipi di astrologia che si sono evolute autonomamente. È anche vero però, che l’astrologia nata in Mesopotamia si è divisa in due ceppi: quello greco-occidentale e quello indo-orientale. L’uno si basa su presupposti pragmatici e l’altro su presupposti mistici. Per questo è sensato affermare che la funzione e le finalità della stessa, il suo sviluppo, sono strettamente connessi alla cultura. In una società moderna sempre più legata alla globalizzazione, è ovvio che l’astrologo moderno possa approcciare alla materia in modo “inter-culturale”.

Sempre sulla scia dell'evoluzionismo, alla fine dell'800 si dibatteva sul matrimonio come base del costrutto sociale. In particolar modo molte erano le teorie e gli scontri sul primato della matrilinearità sulla patrilinearità, cioè sul fatto che la discendenza e la parentela fosse strutturata sull'importanza attribuite alla radice materna o a quella paterna.
McLennan sosteneva per esempio che nei periodi preistorici la carenza di donne portò alla poliandria. Non potendo stabilire chi fosse il padre di ogni bambino (dato che ogni donna si accoppiava con più uomini) giunsero a calcolare la discendenza in modo matrilineare. Era la lotta per il cibo che portava all'infanticidio delle donne, che essendo più deboli non ce la facevano a sopravvivere alla dura lotta. E' uno scenario davvero barbaro e selvaggio quello descritto da questo studioso. La patrilinearità si sviluppo successivamente, quando gli uomini cominciarono a scambiarsi le donne.

Morgan, padre del comparatismo, invece sosteneva che la patrilinearità nacque in corrispondenza della nascita della proprietà privata e con le leggi dell'eredità. In che modo questa affermazione può esserci utile per avere ulteriori informazioni di matrice culturale sullo studio dell’astrologia? E’ indubbio che la patrilinearità ha influenzato un certo tipo di sviluppo in occidente, rispetto ad oriente. Basti pensare al fatto che l’astrologia a cui facciamo riferimento oggi è innestata sul primato del Sole rispetto agli altri corpi celesti, mentre in oriente si è dato particolare importanza alla Luna. Cosa c’entrano Sole e Luna con la patrilinearità e matrilinearità? 

Ecco qui di seguito un estratto del mio libro “l’amor che move il sole e l’altre stelle”:
(Rimosso per copyright)

Sole e Luna, dunque, non sono solo “rocce vaganti” sopra le nostre teste, ma rappresentano due componenti della nostra personalità. L’importanza dell’uno o dell’altro elemento simbolico, dipende appunto dalla cultura delle diverse popolazioni.
Lo studio delle popolazioni Indigene è secondo il mio parere molto importante per approfondire la nostra conoscenza dell'astrologia. Non ne sono certo, ma secondo il mio parere Jung stesso, nell'elaborazione dei concetti di archetipo, oltre che essere influenzato dal pensiero platonico, sicuramente doveva essere stato condizionato dalle scoperte antropologiche del XIX° secolo perché furono materia di studio di Freud che come ben sapete era suo maestro. Vorrei che il lettore concentrasse la sua attenzione su questi concetti che seguono perché possono essere davvero utili alla comprensione del funzionamento dell'astrologia. In particolare è dalle teorie sul totemismo che possiamo trarre le informazioni utili al nostro percorso di ricerca.

Il totem è un termine proveniente dalla lingua Ojibwa e si riferisce a una specie animale che è rappresentativa di un clan patrilineare. Possiamo dire che il Totem sta agli indigeni come il segno zodiacale sta agli individui nati in un certo momento dell'anno. Si tratta di un segno distintivo insomma. Al totem si contrappone il Manitù che è sempre rappresentato da un animale (ed è chiara la corrispondenza con lo zodiaco/ da zoo) che però è guardiano del singolo individuo. Potremmo dire che il Manitù sta all'indigeno come il pianeta dominante sta al singolo individuo (il pianeta dominante è quello che, stando a certi calcoli, domina su tutto l’oroscopo).

La nascita del totemismo, pare abbia una ragione che risiede nell'incesto (di cui parlerò tra breve) per spingere le donne a sposare o unirsi con uomini facenti parte di un totem diverso. Questo rafforza ancora di più la mia tesi (scritta nel mio libro "L'amor che move il sole e l'altre stelle") circa cui la nascita dell'astrologia è vincolata al matrimonio e quindi al bisogno di proteggere la progenie, poiché, secondo quanto emergerà dalle prossime righe, si evince che l’astrologia non è altro che totemismo.

In quelle civiltà indigene possiamo trovare pure totem che non solo possono indicare un clan ma pure un singolo individuo che può essere rappresentativo del clan stesso, come per esempio uno stregone. Possiamo dire che il totem individuale sta all'indigeno come il segno zodiacale sta a un'icona, per esempio un attore o una pop star con cui identificarsi.
Non è finita qui: esistono anche totem della fratria cioè che mettono in comune più clan. Esso sta alle varie tribù come il segno zodiacale sta a quei gruppi di persone che condividono precise caratteristiche, sempre attribuibili allo stesso segno zodiacale, pur presentando altri tratti diversi.

Poi esiste il totem della metà dove ci si identifica nella parte maschile o femminile della società indigena a cui si appartiene. Dal punto di vista astrologico potremmo applicare questo concetto a nostro piacere.

I Totem di sezione sono ulteriori suddivisioni sociali, sulla base dei principi matrimoniali legati alle discendenze generazionali. Allo stesso modo, l'appartenenza a certe caratteristiche astrologiche, è indice dei legami che si possono o non si possono avere con altre persone.
I Totem territoriali sono di facile intuizione e possono essere equiparati a luoghi caratterizzati da attributi astrologici. Come vedete, l'astrologia stessa non è altro che una forma più colta e articolata di totemismo, ossia un elemento del pensiero umano che, per motivi di tipo sociale e soprattutto per la salvaguardia della specie umana, struttura i comportamenti in manifestazioni culturali e sociali peculiari.

Freud ci fornisce una possibile spiegazione del totemismo postulando l'esistenza di un maschio dominante che aveva l'esclusiva di controllare le femmine e di avere rapporti sessuali con loro. I Giovani maschi si ribellarono all'autorità, lo uccisero ed ebbero rapporti con le loro madri e sorelle. In seguito si pentirono di ciò e crearono il totemismo, rappresentativo di alcune leggi implicite ed esplicite che potessero impedire il ripetersi di una cosa del genere.

Tylor nello stesso periodo perviene alla conclusione che anche la religione nasce da tutto ciò. Infatti in ogni parte del globo si crede in un'essenza spirituale che sopravvive alla morte. Se le anime esistono indipendentemente dal mondo materiale, allora ha senso pure il totem che non è altro che la manifestazione animica, spirituale, del proprio clan, attraverso gli attributi di un animale. Di conseguenza l'adorazione e le forme di feticismo. Ma ciò è sinonimo del fatto che esiste per davvero una cosa del genere? Certamente tutto ciò è solo il chiaro sintomo di una coscienza collettiva che appunto risiede nell'inconscio collettivo. Il totemismo così come l’astrologia, quindi, non è altro che la naturale manifestazione di un principio che risiede nella struttura stessa della mente umana. Ne parlerò meglio più avanti.

Contemporaneamente all’evoluzionismo, si sono diffuse altre correnti di pensiero come quella del relativismo. Mi ha stupito molto l'idea di James Frazer secondo cui la scienza non deve essere necessariamente l'espressione di una società acculturata, ma che è peculiarità di ogni cultura, anche la più primitiva, se essa svolge una funzione pratica. Secondo questi termini, diviene evidente come poter rivalutare l’astrologia attraverso un diverso punto di vista: non più la manifestazione di un panteismo paganeggiante, non più manifestazione della credulità di popoli ignoranti, ma scienza in quanto consente di rispondere in maniera pratica ed efficace alle esigenze. Questo relativismo culturale probabilmente avrà influenzato pure il pensiero dei moderni epistemologi come Feyerabend che nel suo "contro il metodo" oltre a parlare di un percorso storico legato alla ricerca, ci parla pure di un relativismo/anarchismo applicato alla filosofia della scienza, come possibile percorso di studi nella ricerca della verità.

All'evoluzionismo unilineare di cui ho parlato sopra, un altro degno di nota è quello Universale, che nacque con il presupposto di attenuare i dogmi sorti da quello precedente. A esso è seguito l'evoluzionismo multilineare e quindi il neodarwinismo.

In esso, sostanzialmente si afferma che l'evoluzione dipende dalle invenzioni e la creazione di idee, perché è da esse che cambia la società e quindi i valori sociali e/o morali. Il fuoco, il ferro, la religione, sono nate spontaneamente in ogni parte del globo? Secondo i diffusionisti, no. L'invenzione è un fenomeno che si diffonde verso altre società e le idee, così come i tratti culturali vengono trasmessi da continente a continente a seguito delle migrazioni per fini commerciali. Questo va in contraddizione con la teoria circa cui le idee nascono spontaneamente nell'uomo in ogni luogo come affermerebbe Jung. Ma onde evitare di cadere nel tranello, è importante spiegare che tali leggi possono essere applicate per certi tratti psicologici e non per tutto quel che concerne l'evoluzione dell'uomo. Entra in gioco la relazione tra natura e cultura di cui parlerò a conclusione di questa trattazione (anche questo è tratto dal mio libro L’amor che move il sole e l’altre stelle).

Emile Durkheim fu uno degli autori che sicuramente era a favore della prima ipotesi, cioè che esiste una coscienza collettiva, un concetto sovraindividuale, indipendente dalla singola coscienza. Siccome tutte le società possiedono una coscienza collettiva, allora sono paragonabili e comparabili per pervenire a leggi universali sulla vita sociale. Quel che è emerso è che questa coscienza collettiva lega in maniera solidale i singoli individui tale che l'individuo stesso si identifica nelle norme sociali. Tuttavia, l'individuo può riconoscersi nella comunità e quindi sentirsi legato a essa. E' un paradosso mediante cui si percepisce un legame con la società stessa anche se essa invita all'individualità.

Fu lo stesso Durkheim a postulare l'universalità delle religioni sul presupposto che esse nascondo dal bisogno di colmare la medesima necessità. Il Totemismo si manifesta come la più semplice tra le religioni e non mi sorprende che pure l'astrologia, in quanto manifestazione elaborata di esso, abbia acquisito anch'essa una funzione religiosa, come è dimostrato da chiunque la applichi vedendo in essa la manifestazione di potenze spirituali o cosmiche come le leggi karmiche legate alla reincarnazione. Soprattutto l’astrologia Indiana, conserva dentro di sé il sapore di quella Assiro-Babilonese da cui è nata. Oggi, alcuni astrologi moderni sentono la necessità di usare l’astrologia per spiegare tutti i fenomeni della natura, compresa la creazione del mondo, spesso facendo riferimento a tutte quelle discipline scientifiche e parascientifiche che possono dare spessore all’idea di una divinità creatrice o a delle leggi cosmiche divine. Altri astrologi, come me per esempio, cercano di separare la fede dall’osservazione empirica e prendono in considerazione il fatto che dall’astrologia non sia possibile risalire alla verità ultima, ma che essa sia solo una tra le tante cose che può darci informazioni sudi una piccola parte della vita umana. 

Infondo, si tratta dell'idealizzazione, sotto un unico simbolo, di energie che si esprimono sia nel singolo e sia nel gruppo che la condivide. Simbolicamente, questa idealizzazione, dovrebbe portare a una unione appunto ideale, tra le diverse persone contrassegnate dallo stesso stimolo astrologico, al punto che si renderà necessaria palesarsi in un culto, come appunto quello Indù degli astrologi spiritualisti. Venerando questi attributi astrologici, al contempo si venera il gruppo di persone che ne fanno parte e che devono essere legate, tra loro, da un'idea comune, appunto quella religiosa, perché essa si basa su precetti di tipo etico e sociale oltre che morale.

Perciò è la società stessa che viene venerata così da mantenere gli individui in una sorta di perpetua dipendenza, cioè quella in cui ci si identifica. Questo non ha nulla a che vedere con la reale esistenza di leggi universali spirituali che invece dipendono da luogo a luogo, da cultura a cultura.

L'astrologia di tipo spirituale, dunque risulta essere un modo per sentirsi appartenere a una certa società. I riti e le rappresentazioni religiose, o filosofiche sia che facciano capo all'astrologia e o che siano indipendenti da essa, sono partecipazioni non razionali al richiamo, direi quasi sovrannaturale che è il corpo sociale. E in questa società sempre più tendente alla globalizzazione è naturale ritrovare astrologi che inseguono con malinconia il ricordo di una società che perde la sua identità.

Scendiamo ancora più nel cuore della questione. Marcel Mauss, ultimo grande allievo di Durkheim, quindi anche egli neodarwinista, scopre affinità tra l'ordine che l'uomo attribuisce alla società e l'ordine attribuito alla natura. Secondo lo studioso, gli indigeni catalogano il mondo e associano a ogni fenomeno qualcosa che lo rassomiglia. Insomma, si basa sul principio delle analogie, principio universale del pensiero umano su cui si fonda la conoscenza astrologica. Non poteva essere diversamente dato che essa nasce dal totemismo. A un cambiamento della società corrisponde pure un cambiamento all'ordine di classificazione. Questo la dice lunga sulle analogie che saremmo capaci di identificare tra due o più classi di oggetti e fatti. All’inizio di questa dissertazione ho accennato al fatto che il moderno astrologo oggi si occupa di ricerca in maniera deduttiva. Partendo dal presupposto che possiamo trovare somiglianze tra due fatti o cose per mezzo del principio della analogie, l’astrologo moderno a priori associa a un dato pianeta un dato fatto. Cioè tenta nuove associazioni convinto che esse siano valide, per il semplice motivo che tutto funziona per somiglianze. Il problema è che la capacità di saperle trovare ha più a che fare con le capacità creative dell’intelligenza umana, piuttosto che con il fatto che il nesso trovato tra due oggetti sia per forza quello individuato. Pertanto, l’astrologo di oggi rinuncia alla verifica empirica oppure si culla di poche osservazioni a sostegno dell’analogia riscontrata. Insomma, io amo dire che è giustificazionista.

Tornando a quel che afferma Mauss, abbiamo che la componente sociale è strettamente connessa a quella simbolica tant'è che possiamo parlare di omologia strutturale. A sua volta, abbiamo visto che la società muta in base al modificarsi dell'ambiente. Possiamo comprendere meglio il tutto facendo riferimento alla vita sociale degli Esquimesi che si presenta in maniera bipolare (inverno ed estate), andando a incidere sulla struttura sociale e quindi pure sul piano simbolico, piano legato alla dualità, all'antitesi, all'opposizione. A seconda delle varie stagioni, per scopi di tipo vitale, per il sostentamento e la sopravvivenza, la società è strutturata sul mutare delle stagioni, assumendo, sempre ciclicamente forma aggregativa e disgregativa. Le regole del comportarsi, dunque, divenute automatiche in risposta all'ambiente, spesso sfuggono alla comprensione dei membri stessi. Questo mette in evidenza:
1)    l’importanza del contesto ambientale nello sviluppo della società;
2)    la presa di coscienza di far parte di un ordinamento cosmico;
3)    l’adeguamento a esso attraverso la nascita di una cultura che fa capo a ciò;
4)    l’essere fagocitati dalla cultura e viverla di riflesso
5)    ricrearla parzialmente sulla base di alcuni mutamenti ambientali.
Ciò che rimane di fondo, è sempre qualcosa a cui non possiamo sottrarci: il richiamo tra noi e le stelle che è un tratto comune a tutta la razza umana.

Anche in questo caso si nota come la componente ambientale legata al susseguirsi del giorno e della notte, crea comportamenti dipendenti da ciò. In che modo l’influenza dell’ambiente ha portato l’astrologia ad evolversi? Da quel lembo di terra del medio oriente era facile osservare il cielo e calcolare il cammino delle stelle. E nei luoghi in cui non era possibile farlo, si costruivano templi e osservatorii astronomici che potessero sovrastare la vegetazione. Gli Arabi, esperti in calcoli matematici, avevano a disposizione le sterminate pianure desertiche per controllare la levata eliaca degli astri e per poterne calcolare bene i movimenti. Tutto sommato si erano resi conto che, con quei pochi mezzi a disposizione non riuscivano a descrivere tutto l’universo umano e per questo divennero maestri nel calcolo di alcuni punti virtuali in seguito denominanti “parti Arabe”. Con il trascorrere dei secoli, con il mutare dell’ambiente cambiò la società. L’astrologia dal medio oriente era giunta in Italia che nel 1500 era tutta un fiorire di scienza e tecnologia. Con Galileo Galilei, essa subì una trasformazione incredibile. Infatti grazie all’invenzione del cannocchiale (per scopi militari, vedi “Contro il metodo” di P. Feyerabend, Feltrinelli) si ebbe modo di scoprire altri corpi celesti al di là di Saturno che prima di allora era considerato l’ultimo del sistema solare. La scoperta di altri tre corpi celesti portò a rivedere alcuni dogmi astrologici come quello che essi dovevano essere sette come gli “orifizi dell’uomo” (due genitali, la cavità orale, le due narici e quelle delle orecchie) e quindi anche a rivalutare l’efficacia delle parti Arabe, delle Stelle fisse (i pianeti venivano indicati come stelle erranti, e le stelle, come fisse) e di altri punti virtuali come il nodo lunare e la Luna nera (usati ancora dall’astrologo tradizionale o dall’astrologo di stampo orientale). 

Le regole e le norme della società del sostentamento e della sopravvivenza, quindi dell'adattamento all'ambiente, secondo Mauss rispondo alla caratteristica della reciprocità: dare, ricevere, ricambiare. Giacché secondo il totemismo tutto ha un anima, allora anche l'atto di donare è rappresentativo di qualcosa che contiene un'energia che può essere utile a regolamentare i rapporti sociali, energia che può manifestarsi malvagiamente se non viene asservita. Questo serve a spiegare pure il fatto che parallelamente alla pratica astrologica basata sull’analogia, anche la magia, che aveva invece la funzione di “propiziarsi” le potenze della natura espresse dal cammino dei pianeti, faceva riferimento allo stesso principio di similitudini e per questo fu associata all’astrologia stessa; e ancora oggi, a torto, associa le due discipline sotto un’unica disciplina “esoterica”. È anche vero che esistono pratiche astrologiche che ben si prestano all’integrazione della magia e per questo impediscono una reale distinzione e separazione tra le due, alimentando sempre di più la convinzione circa cui, la mia materia non sia altro che “fumo per allocchi”.

Il tedesco Boas, il più autorevole tra gli studiosi americani, nello stesso periodo del darwinismo era fautore del relativismo culturale: rifiutava il razzismo e l'evoluzionismo ultra determinista, contrapponendo a esso lo studio delle culture a diretto contatto con i nativi dei diversi luoghi. Numerose sono le sue osservazioni su popolo degli Inuit in Canada. In questa filosofia di pensiero c'è sempre una tendenza di fondo all'evoluzionismo, ma con la premessa che anche le popolazioni considerate più primitive hanno contribuito allo sviluppo evolutivo complessivo della civiltà umana. Boas contesta il fatto che solo la razza e l'ambiente siano i fattori determinanti per lo sviluppo della cultura e del linguaggio. In contrasto con le idee antropologiche e politiche del suo tempo, Boas rifiutava non solo la visione Eurocentrica della storia, ma pure il fatto che la storia stessa non era presa in considerazione. Da qui la critica all'evoluzionismo e quindi la nascita dello storicismo in relazione al fatto che bisognava spiegare l'apparire di tratti culturali simili in popolazioni distanti e di cui non era documentata una interconnessione.

Gli evoluzionisti pensavano che gli elementi comuni sono da addurre sempre alle stesse cause psicologiche, poiché l'obiettivo era quello di ricercare una teoria universale. Secondo Boas le similitudini erano solo apparenti, non effettive, e ciò dipendeva dal fatto che non si conosceva abbastanza bene le popolazioni in oggetto. Infatti, il significato di determinati simboli, o rituali in determinate culture, era l'opposto di quello attribuito in altre. Questa rivelazione è importante per comprendere ancora meglio il concetto di archetipo di Jung che è stato travisato dalla maggior parte degli astrologi (molti dei quali usa il termine in maniera impropria, attribuendogli significati del tutto lontani da quello originale, in un eccesso di presunzione e fanatismo egopatico). Cosa c’entra l’archetipo in questo discorso? Jung in numerose pubblicazioni spiega che l’essere umano condivide un inconscio collettivo dove risiedono gli archetipi, cioè delle immagini “platoniche” dense di contenuti emotivi. Un archetipo corrisponde a una pulsione che si manifesta in maniera tipica. Facciamo un esempio pratico: l’essere umano può veder nel Sole un qualsiasi principio, ma quel che è comune è che tutti ci vedono un principio. Il Sole dunque mette in luce il fatto che esiste un archetipo a cui è legato. Gli astrologi invece fanno grande confusione e pensano che l’archetipo sia la sua stessa manifestazione, cioè scambiano il contenuto per il contenitore. L’archetipo è un nucleo di opposti che in taluni si esprime in un modo, in altri nel modo opposto. L'archetipo è ciò che sta alla base del mito e non il mito stesso. Facciamo un altro esempio: il serpente è un simbolo ricorrente in tutte le menti umane, ma la sua funzione positiva o negativa è culturale. Non è il valore positivo o negativo che alberga nell'archetipo. Esso è solo un concetto vuoto che viene riempito dalla cultura. L'immagine archetipica è una sola, ma vissuta in maniera diversa a seconda della cultura e della società a cui si fa capo. Questa divagazione, non serve solo a mettere in luce il fatto che esiste il fraintendimento nell’uso di certi termini, ma che bisogna comprendere cosa si intende quando si parla di differenze e similitudini. Se parliamo del fatto che l’uomo si avvale del rito allora parliamo di un tratto in comune con tutti i popoli; ma se parliamo del fatto che esistono riti diversi a seconda della cultura di riferimento, allora apprendiamo che esistono differenze. Tutto dipenda dal fatto che consideriamo il rito in generale o in particolare. Se parliamo di esso in generale allora parliamo di un archetipo appartenente al inconscio collettivo, cioè a un tratto comune a tutti i popoli del mondo.

Secondo Boas, la natura del rito andava ricercata nella storia e nelle tradizioni specifiche dato che a loro volta esse dipendono dall'ambiente specifico. Nessuna legge universale, ma solo un attento e puntuale esame della storia delle popolazioni. È universale e dunque archetipica la ritualizzazione di qualcosa; ma la natura stessa del rito, la sua funzione è strettamente dipendente dall'ambiente. Come dire, in poche parole, che il simbolo astrologico è qualcosa di specifico che si manifesta secondo le regole della cultura a cui si appartiene. Per questo motivo rappresenta sempre qualcosa di diverso e non perfettamente determinabile, ma solo probabilistico. Se non si comprende questo concetto basilare, allora si rimarrà ancorati a una visione deterministica e meccanica della materia astrologica.

Tra le ricerche di Boas spicca quella sul Potlatch, il rituale degli indiani Kwakiutl impostato sul concetto della distruzione dei propri averi per dimostrare generosità e disinteressamento. Questa manifestazione di "potere" serviva a consolidare la propria posizione all'interno della società, ma pure a impedire l'immissione di nuovi beni all'interno di essa: l'aumento incontrollato di ricchezza avrebbe messo in discussione la divisione della società in liberi e schiavi.

L'individuo che interagisce con l'ambiente, secondo Boas, è educato e abituato dalla sua cultura, a recepire e interpretare gli stimoli in un modo specifico. Ma l'ambiente stesso, in risposta a questi stimoli, viene modificato. Date queste premesse, i modelli comportamentali sono sempre in continua trasformazione e nessuna teorizzazione potrà mai rivelarsi utile per prevedere l'evoluzione di una cultura qualsiasi. Ora, non so se allo stato attuale delle cose, tale idea è stata smentita: personalmente ritengo sia possibile teorizzare dei flussi probabilistici.
Quindi, per Boas è la visione psicologica che l'individuo ha di se stesso, sia come individuo e sia come membro della collettività, che influenza la sua percezione del reale e lo fa reagire agli stimoli di essa in maniera diversa a seconda dei tempi e dei luoghi. Dunque, una visione soggettiva del mondo, rimanda ancora una volta alle proprie predisposizioni astrologiche, ma anche genetiche. Fondamentalmente la cultura dovrebbe essere il risultato della costante interazione tra ambiente e soggetto. Per cultura possiamo intendere pure quella astrologica, che appunto varia in base agli specifici bisogni dell'individuo, in base alla sua personale visione e al contesto in cui vi è immerso. Ho notato, molta intolleranza circa l'approccio di qualche astrologo, soprattutto di chi tende per esempio a tranquillizzare il consultante e chi invece tende a metterlo in guardia. Ovvio che la personale visione del mondo e dei propri bisogni (quindi anche di quel che si crede la gente abbia bisogno), è fondamentale per la nascita delle diverse astrologie e di come esse, in qualche modo possono influire in ambito sociale.

Agli stessi stimoli esistono reazioni differenti e questo era già sostenuto da Ruth Benedict, allieva dello stesso Boas, ma influenzata fortemente da Nietzsche sui concetti di apollineo e dionisiaco. L'aspetto dionisiaco era quello che riguardava l'aspetto più selvaggio e passionale dell'essere umano, il trionfo dell'estasi sui sensi della logica; e quello apollineo, all'opposto, basato sul controllo del corpo e degli istinti da parte della mente. Nei cerimoniali di distruzione descritti da Boas sugli indiani Kwakiutl, la Benedict ci vedeva chiari segni di una tendenza dionisiaca. Mi chiedo se sarebbe possibile e anche sensato, applicare tale distinzione anche in ambito astrologico.

Prima di Levi Strauss il totemismo era stato considerato come la manifestazione del pensiero mistico dell'indigeno. Egli sostiene che il pensiero di questi uomini non è tanto diverso da chi è civilizzato e non è nemmeno in ordine di successione. Anzi, i due pensieri, quello "selvaggio" e quello civilizzato, sono due sentieri paralleli a proposito dell'osservazione della realtà. Dunque non un percorso evoluzionistico, ma percorsi paralleli e diversi l'uno dall'altro. Il pensiero "rozzo" degli indigeni, assume quindi le stesse valenze di quello dell'uomo contestualizzato nella civiltà, perché si basa sulle stesse strutture logiche. Già il fatto che ancora oggi esistano approcci astrologici diametralmente opposti, e che io definirei antiquati e obsoleti, mostra in maniera inequivocabile che l’astrologia può seguire una sua logica valida se coerente a quelli che sono i principi culturali a cui fare riferimento. Per questo condivido l’idea circa cui è giustificabile l’esistenza delle diverse astrologie ma che allo stesso tempo è molto difficile gettare un ponte tra di esse.

L'autore vede nel totemismo un semplice sistema di classificazione, non ci vede necessariamente una sorta di unione prelogica tra il totem e il misticismo dato che il misticismo non è altro che il risultato di un operazione logica fondamentalmente, cioè ordinatrice dei fenomeni naturali. Se si tratta di sistemi di ordinamento, allora il totemismo condivide qualcosa con la suddivisione in caste di alcune società indiane: così come il totem ordina la diversità delle specie su fattori di tipo naturale, così le caste indiane sono strutturate in maniera di ordinare la società secondo la cultura. Alla base c'è sempre una classificazione, catalogazione, ordinamento. Possiamo affermare a questo punto che l'ordinamento in generale è universale e quindi archetipico. Anche e soprattutto in astrologia vi è un ordinamento del cosmo, dell’universo umano, secondo un principio di analogie, come accennavo più sopra.

Attraverso il totemismo, la divisione naturale in specie somiglianti, è anche il modello su cui si fondano i raggruppamenti sociali. Ovvio a questo punto, cominciare a considerare l’astrologia non più come semplice tecnica di interpretazione dei fenomeni umani, ma soprattutto come l’innato metodo di classificare se stessi e il mondo, di ordinare se stessi in un preciso punto, o meglio in una serie di punti che hanno qualcosa in comune. Volendo spingerci ancora più oltre, è possibile paragonare questo al principio di indeterminazione di Eisemberg in cui si afferma di poter individuare le cose (particelle subatomiche) in termini probabilistici (“la strada che porta alla realtà” R. Penrose, BUR). Allo stesso modo, se è vero che “astra inclinant sed non necessitant” questo ordinamento ha un senso in funzione di una serie di possibilità legate tra loro in maniera analogica. L’astrologia è in sostanza un frattale, ossia il modello in piccolo di uno più grande quale è lo schema sociale: i raggruppamenti, la catalogazione, avviene per mezzo di fattori emotivi e psicologici e poi, di riflesso anche sull'aspetto sociale della propria esistenza, dato che noi siamo quello che pensiamo in un continuo gioco di relazioni tra natura e cultura. E il grafico astrologico non è altro che lo schema di tutto questo.

Poiché i gruppi totemici si concepiscono come gruppi culturali (basati su nozioni naturali) allora si scambiano cerimoniali e donne (esogamia e matrimonio tra cugini incrociati). Al contrario le caste, siccome si riconoscono come elementi naturali (basati sulla cultura), sono separate le une dalle altre attraverso precisi tabù. Ecco, la natura opera una funzione unificatrice, mentre la cultura una separante.

Ora entriamo nel vivo del lavoro di Strauss che potrà fornirci ancora utili informazioni per sondare la materia astrologica secondo la prospettiva antropologica. Intanto premettiamo subito che parleremo dei miti e di come l'autore si distacca dal concetto di natura e cultura per far fronte a ciò, e si concentra invece su un altro tipo di dialettica: quella tra mitemi e i fonemi. Premettiamo subito che l’astrologia si fonda sul mito e che quindi è costruita non solo sul fatto che è necessario ordinare il mondo secondo uno schema ben preciso, ma che è costruita anche sulle espressioni culturali dell’uomo. Il mito infatti è la manifestazione di una cultura. Vi è un problema di fondo veramente importante da considerare: secondo gli astrologi moderni, il mito non è solo qualcosa che serve a spiegare come funzionano i pianeti, ma è anche la dimostrazione del fatto che esiste una vera e propria legge di corrispondenza sincronistica tra il mito e l’effetto del pianeta. Questo, è ovviamente, a mio parere, un grosso azzardo privo di qualsiasi fondamento scientifico, nonostante la sincronicità sia in effetti un approccio alternativo alla causalità (“La sincronicità”, C. Jung, Bollati Boringhieri). Il mito in realtà è stato costruito dopo l’osservazione empirica e non prima, dato che l’astrologia nasce prima che i greci potessero inventare la loro mitologia (infatti l’astrologia nasce in meopotamia molto molto prima). Per questo non si può studiare l’astrologia a partire dal mito ma è vero l’inverso, cioè che è possibile scoprire la ragione del mito studiando l’astrologia.

Per parlare del mito è necessario accennare ai mitemi: sono i nuclei che costituiscono un mito esattamente come le parole costituiscono una frase. Diversi mitemi posti in sequenza diversa, costituiscono il mito.

Già questo sta a significare che a monte del mito esiste anche più di un archetipo dato che quest’ultimo ha a che fare con dei nuclei di significato che possiamo identificare con i mitemi. Mi sento di azzardare l’ipotesi che i mitemi, in quanto elementi basilari costitutivi del mito, riguardano quei nuclei di pensiero su cui si fonda l’archetipo.  Ecco che così salta ogni pretesa che il mito possa essere il modo per fare ricerca in astrologia. Non ha senso il mito in sé, quanto la sua struttura, che mette in sequenza specifica piccole componenti, in modo diverso.  
In "Tristi tropici" Strauss ci informa circa la sua nozione di progresso che è intesa come il frutto di una società "calda", ovverosia trae energia dai suoi disequilibri per portare l'innovazione culturale, ma anche per "bruciare" il mondo che la circonda, a differenza di quelle società fredde, che grazie al loro equilibrio non deturpano e non alterano l'ambiente attorno. Il concetto tra natura e cultura si fa forte ancora una volta ma in modo nostalgico, grazie alla riflessione che nella società civile vi è la perdita dell'unità tra l'universo naturale e quello sociale. Tutto ciò mi ricorda il film Avatar, dove si apprende come la cultura cosiddetta civilizzata finisce per mortificare la società indigena degli alieni di Pandora, per fini economici ed energetici.
Vorrei concludere spendendo qualche pagina per affrontare il tema dell’approccio dell’astrologo che vuole analizzare “il mondo” del suo consultante.

Grazie ai limiti sollevati da Malinowski circa l'atteggiamento etnografico che bisognerebbe adottare, il mondo accademico degli anni '70 acquisisce il dato che non è possibile descrivere in maniera oggettiva e scientifica le abitudini di una data popolazione. Ovvio, grazie al contributo di Feyerabend una riflessione critica sulle proprie categorie epistemologiche per la costruzione dell'oggetto stesso della ricerca. In parole più semplici, si tratta della messa in discussione dei paradigmi utili alla ricerca o su cui fondare la ricerca stessa, considerando il fatto che l'etnologo, nell'analisi di una cultura, si fa portavoce della sua, con tutto quello che ne consegue, sia nell'analisi dei valori che nell'interpretazione dei fatti. Insomma l'umiltà di accettare la diversità poiché anche in quel che ci sembra strano oppure obsoleto, potrebbe nascondersi una nuova rivelazione, se letta da un punto di vista diverso, o riletta attraverso nuove scoperte e nuovi assunti.

Ne ho parlato ampiamente nel mio "L'amor che move il sole e l'altre stelle"; un lavoro utile per ogni astrologo che voglia approfondire la parte teorica della materia astrologica anche dal punto di vista filosofico.

Dunque una visione oggettiva, lo ribadisco, non è possibile a causa del fatto che l'antropologo deve avere piena coscienza di come la sua cultura porti inesorabilmente a leggere la realtà in modo specifico. Nessun osservatore potrà mai essere oggettivo perché non potrà mai distaccarsi dalla sua formazione e dal suo vissuto.
Però questo non significa che nella ricerca scientifica non bisogna omologarsi a ciò che dà prova di funzionare: sarebbe una scusa troppo comoda per quegli astrologi fannulloni che per mancanza di voglia di studiare preferiscono dedicarsi ad astrazioni spirituali che non necessitano alcuna verifica. Sarebbe, a mio parere, idoneo un venire a patti con quanto fa parte del proprio percorso formativo e quanto fa parte del mondo ancora da esplorare.

Questa mia stessa idea trova consenso nelle idee del moderno antropologo che non è chi pretende di studiare "l'altro" ma chi instaura un rapporto di reciproca conoscenza, un venire a patti con i diversi punti di vista. Dati questi presupposti, quegli anni di fine del XX° secolo furono quelli in cui anche la metodologia di raccolta del materiale subì un forte mutamento. La compilazione dei lavori era di tipo "polifonico" cioè a più voci costituite dall'antropologo e dagli indigeni stessi per superare i limiti dell'antropologia "positivista".

Un atteggiamento dialogico è certamente importante se si ha necessità di conoscere il prossimo; ma dal mio punto di vista "platonico" dovrebbe esistere un sistema di indagine e di lettura del mondo oggettivo e universale.

Afferrare il punto di vista dell'indigeno, si trasformò nel far parlare direttamente quest'ultimo. Ribadisco ancora, a questo punto, come una formazione autodidatta sia assolutamente controproducente nello studio astrologico poiché si analizza il testo studiato secondo i propri paradigmi, secondo il proprio metro di indagine della realtà che può essere anche distante anni luce da quello che realmente vuole intendere l'autore. L'autodidatta fa parlare l'autore per mezzo della propria interpretazione soggettiva; infatti ho ascoltato molti astrologi, di formazione autodidatta che affermavano qualcosa di completamente travisato o riadattato a proprio uso e consumo.

L'idea dell'autodidatta è quella di farsi un'idea personale su quel che studia; mentre l'idea di chi appartiene a una formazione scolastica è di apprendere oggettivamente il pensiero del caposcuola, per eventualmente poi superarlo. Senza la conoscenza oggettiva è possibile farsi una idea personale, ma partendo da basi poco solide perché basate sulla propria interpretazione dei fatti.

In antropologia diviene importante, non più l'osservazione partecipante, ma l'osservazione della relazione che si instaura con l'indigeno. E' alla fine del 1973 che nasce l'antropologia interpretativa di Clifford Geertz dove confluiscono i saperi della linguistica, della semiotica, e dell'ermeneutica soprattutto per sviluppare tre grandi tematiche:

1) la problematica emica, ossia il punto di vista del nativo;
2) la discussione sull'incontro tra le culture;
3) la modalità mediante cui tutto ciò viene trascritto in un testo.
Non parliamo più di un informatore ma di un dialogo alla pari dove osservatore e osservato si influenzano a vicenda con la convinzione che non esiste alcuna posizione privilegiata (sia essa filosofica o culturale). Ognuno dunque osserva non solo l'ambiente ma anche se stesso all'interno dell'ambiente e attua quei comportamenti che gli permettono di interagire con ciò che percepisce. La prospettiva interpretativa si distacca completamente da quelle branche di tipo osservativo dove si pretende di descrivere oggettivamente il mondo del nativo, e pure da chi sostiene che sia possibile un linguaggio neutro per ottenere quel distacco necessario dal soggettivismo, e inoltre dal fatto che il dialogo avviene in un contesto che influenza il tutto; e il contesto è il mondo dell'uomo (animale interpretante) su cui si basa sia l'oggetto della ricerca che gli strumenti della ricerca stessa.

In breve, come si può parlare dell'uomo e sull'uomo con l'uomo? Come si può parlare di cultura con la cultura? Pare una contraddizione di termini, un paradosso.

A questo punto si sviluppa una conoscenza socio antropologica detta prassiologia. Fu Pierre Bourdieu che a partire dagli anni '70 contribuì alla revisione dei paradigmi antropologici. La conoscenza fenomenologica si basa sull'osservazione del mondo così com'è e mira a descrivere gesti, atti, comportamenti. La conoscenza prassiologica invece riguarda il fatto che esiste un intimo legame tra le pratiche sociali e la conoscenza oggettivistica, in cui il concetto di habitus risulta fondamentale.

L'Habitus rappresenta il modo in cui l'essere umano esprime, tramite il comportamento, il pensiero, i suoi atteggiamenti, il proprio modo di stare nel complesso delle relazioni. Dunque Bourdieu, con questo termine vuole sottolineare che il nostro modo di vivere nel mondo è condizionato dalle strutture a noi esterne, quelle stesse strutture studiate dalla conoscenza oggettivistica, ossia le relazioni economiche, sociali, politiche, ideologiche. Questo di riflesso spinge l'individuo a strutturare e plasmare il mondo sulla base di queste stesse strutture. Si tratta di una specie di Ouroboros, il serpente che si morde la coda, un principio senza soluzione di continuità.
  
La società è plasmata e plasmante, l'uomo è plasmato e plasmante. L'autore parla di "struttura strutturante". Nel concetto di habitus rientra il corpo dell'essere umano, che è mediatore tra l'uomo stesso e il mondo. Tutto ciò sta alla base del pensiero dell'incorporazione. Va da se che il nostro habitus varia sia in base alle nostre particolari caratteristiche psico-fisiche, e sia in base all'interpretazione che diamo alla cultura di appartenenza. Stando a queste premesse, anche la ricerca in campo astrologico non può che essere soggetta a questa struttura strutturante: la cultura influisce nel produrre un certo tipo di astrologia, quest’ultima plasma l’astrologo che è indotto a procedere nello studio e nella ricerca in un certo modo.

Dopo questo autore, a sviluppare ulteriormente il concetto di incorporazione venne Thomas Csordas con il suo "paradigma dell'incorporazione" in cui il corpo non è solo un semplice oggetto di studio, ma anche il soggetto della conoscenza e della produzione culturale. Ovvio un rimando a concetti che negano la dualità a favore di una visione più unitaria. La cultura, per l'autore, dunque appare come il prodotto di una esperienza intercorporea tra soggetti.

Secondo questi termini, la consulenza con il consultante appare possibile nella misura in cui è possibile stabilire un contatto empatico che consenta di riconoscere in anticipo quale strada bisogna percorrere per avvicinarsi il più possibile al suo mondo e per poterlo comprendere. Grazie all’astrologia è possibile oggettivare alcuni comportamenti e atteggiamenti dell’interlocutore, ma sempre se si è in grado, non solo di entrare in empatia con il consultante, ma pure se si è in grado di collocare questi comportamenti facendo le giuste associazioni analogiche. È questo fondamentalmente il problema più grande dell’astrologo: la falsificazione in termini popperiani non è sempre possibile poiché parliamo di tendenze che possono prendere strade alternative da quelle che ci aspetteremmo di trovare. Pertanto vi è una discrepanza tra quelli che sono i dati e le aspettative. Per ovviare a questo problema, il moderno astrologo, ma anche quello vecchio, ha escogitato uno stratagemma (che io critico aspramente) che è quello di prendere in considerazione tutta una serie di pratiche e punti astrologici, tali che se non si trova qualcosa in un modo, allora la si trova in un altro. Ancora una volta si tratta di un atteggiamento giustificazionista che non permette all’astrologo di ottenere riscontri oggettivi.