30 giugno 2018

Sii vincente!


I ricordi più spiacevoli della mia vita sono legati all'adolescenza, periodo in cui ho dovuto lottare contro la mia timidezza (per fortuna vinta nel corso degli anni)  e contro le avversità di sciagure che hanno colpito la mia famiglia. 

In tutto questo periodo, però, ho potuto affinare la mia sensibilità nei confronti di chi come me ha sofferto tanto. Praticamente aiutavo gli altri per aiutare me stesso. Non solo come consigliere, ma pure come praticante di arti marziali, disciplina che mi ha permesso di acquisire più fiducia in me stesso.

Negli stessi anni c'era chi, però, minava questo mio bisogno di trovare pace interiore. Colpevoli quasi assoluti della mia frustrazione erano i professori, dai tempi delle medie fino alle superiori. 

Racconto solo due aneddoti secondo me paradigmatici di quel periodo:
Non avevo grande voglia di studiare anche perché avevo vergogna a misurarmi con gli altri compagni di classe. Il timore di sbagliare ed essere deriso mi spingeva a non frequentare, talvolta, nemmeno le lezioni. Tuttavia sentivo la necessità di dover reagire e perciò sporadicamente mi impegnavo in tentativi mal riusciti di ottenere dei riconoscimenti. Uno di questi fu quando una professoressa di matematica chiese chi volesse presentarsi alla lavagna per risolvere un problema di algebra (se non sbaglio). Mi presentai con l'obbiettivo di capire come svolgere il compito e non di mostrare di essere capace di risolverrlo. Andai alla lavagna per imparare e non per essere interrogato: era già noto che non fossi una cima e che, avendo saltato molte lezioni, avrei fatto fiasco. Ma la professoressa a fine esercizio mi diede un voto e fu bassissimo. Non capì che non avevo bisogno del voto, ma avevo bisogno semplicemente di capire. Da quel giorno smisi di studiare matematica (cosa che poi ho ripreso anni dopo anche grazie all'università). Non ebbi il coraggio di replicare. Aveva distrutto, con la sua ignoranza, la mia buona volontà. 

Perdonai la professoressa, dentro me, ma il danno ormai era fatto. Peggio fu quello che mi inflisse la professoressa di storia dell'arte. 

Ricordo che feci un'interrogazione storica, una di quelle che ci si aspetta il 10 e lode. Ma mi diede un voto bassissimo, ancora più basso di chi non aveva risposto a tutte le domande. Il fatto è che quella professoressa valutava secondo due criteri: secondo le capacità linguistiche dello studente, e secondo gli esiti delle interrogazioni precedenti. Per lei era dunque, inconcepibile che uno studente mediocre, a un certo punto potesse eccellere. Era il momento giusto per dimostrare a me stesso che con la buona volontà potevo riscattarmi e gettarmi alle spalle il passato. Un bel voto non solo era quello che in effetti meritavo di avere; ma era anche un modo per dimostrarmi che il duro lavoro viene ricompensato e che malgrado le difficoltà ce l'avrei fatta. 

Lei mi valutò anche secondo il principio che è meglio una parlantina fluente che conoscere i contenuti. Di fatti, l'idiota amava dare voti molto alti alle studentesse, che è risaputo hanno un eloquio generalmente più fluente rispetto agli uomini. Invece quel voto basso mi fece capire: che non valeva la pena studiare, che non meritavo di essere ricompensato forse perché non valevo nemmeno come persona e non solo come studente, che la vita fa schifo, è ingiusta, che non serve a niente lottare se si è perdenti in partenza. Insomma, quella professoressa, ma anche molti altri, demolirono la mia già scarsa fiducia in me stesso e nel mondo. Il capitolo delle medie e delle superiori lo ricorderò sempre con disgusto nei confronti di quelli che, prima ancora di essere degli "indottrinatori" dovrebbero essere modelli da seguire. 

Chi non studia è bene che non meriti alcun trattamento di favore; ma chi mostra di voler imparare e chi mostra di dare il massimo, o almeno un cenno di impegno, dovrebbe essere incentivato perché la scuola, prima ancora di essere istruzione è aiutare il ragazzo a prepararsi per vincere le sfide della vita. Il fallimento dello studente è prima di tutto il fallimento dell'insegnante che ha preso l'alunno come un contenitore vuoto da riempire con nozioni, che il più delle volte non servono a nulla. I professori volevano studenti bravi a memorizzare concetti, come pecore che devono seguire il gregge della convenzione sociale. 

Non posso dire di aver avuto mai un insegnante che abbia saputo trasmettermi la voglia di studiare, la voglia di fare sempre meglio. Quella è una cosa che è venuta molto tempo dopo, da sé, come riflesso istintivo, difensivo. Ma vanno spese due righe per Ciro Discepolo che è stato l'unico vero insegnante che io abbia mai avuto e che ritengo possa essere considerato tale. A parte il rapporto con lo studio dell'astrologia, l'esperienza universitaria è stata una delle più belle di tutta la mia esistenza. E soprattutto lo studio della psicologia in generale perché mi ha fatto riscoprire chi sono, quanto valgo, dato che il mio sapere di astrologo era stato più volte deriso da persone incompetenti.

L'esperienza universitaria mi ha insegnato che avevo ragione su tutto: sui professori, sull'astrologia, sugli incompetenti, sui maniaci, su tutti quelli che hanno sempre cercato di ostacolarmi. 

Questa grande trasformazione è avvenuta con il transito di Plutone su Mercurio radix, quello stesso che nel tema di nascita è invece dissonante a Plutone radix. L'esperienza scolastica è stata molto tormentata; ma questo transito ha portato la mia rivalsa, la mia rivincita.  

La morale della favola è che, anche se il destino, la vita, il passato, il presente, ci portano a vivere situazioni che ci limitano, possiamo sempre trovare le risorse e la volontà per riscattarci. Nessuno al mondo cambierà mai il vostro passato; ma almeno potrete guardarlo con occhi diversi adesso che avete dimostrato a voi stessi che erano loro a sbagliarsi e non voi! 

E non è tanto importante capire chi avesse ragione: è più importante sapere che voi siete migliori di chi vi ha messo i bastoni tra le ruote. Siete cresciuti, siete più forti, più liberi, più fiduciosi, più positivi per sopportare e tollerare le sfide che arriveranno in futuro. Avete tra le mani la dimostrazione lampante che ce la potete fare. L'importante è non darla mai vinta a questi inetti, chiunque essi siano. Non perdete mai la speranza anche quando tutto il mondo sembra cadervi sulle spalle. L'intelligenza è soprattutto questo: la capacità di saper far fronte alle sfide della vita, adattandosi alle esigenze dell'ambiente. E le sfide non sono soltanto col mondo; sono anche con voi stessi. La battaglia più grande è quella che vincete contro le vostre paure e inadeguatezze. Pace, amore, fantasia. 

Solo per pochi, solo per te. 

Dott. Giuseppe Al Rami Galeota.