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26 gennaio 2016

L'opera d'arte come specchio di sé


Alma Cattleya è il nome d’arte di Elena Vignoli che nella vita si occupa di arte. Dice di non dipingere per vanità, per egocentrismo, perché non le interessa far vedere il suo talento; ma questo è il suo modo di comunicare col mondo, cosa che è di capitale importanza per lei che dislessica, vorrebbe comunicare così le sue paure ma pure la sua “luce nascosta”. Con l’arte getta un ponte tra se e quelle persone che hanno avuto un passato difficile come il suo e quando gli altri si riconoscono nelle sue opere, si sente compresa e meno sola. Le sue opere tirano fuori quello che c’è di simile nel mondo interiore degli altri; e quando ciò avviene, si sente finalmente soddisfatta. Questo è il suo modo migliore per esprimere quello che ha dentro e che è difficile da comunicare a parole.

La critica, a proposito di una sua opera scrive: “Perché abbiamo voluto crederlo un gesto di orgoglio e audacia, una possibilità concessa a chi sta cercando un modo per raccontarsi e continua a sperimentare chiarendosi e confondendosi in un continuo mutare. Un tentativo non ancora divenuto stile, un assolo di spontaneità”. Dunque le opere di Elena sono sperimentazione, ricerca, non ancora un punto fermo, sono ancora un linguaggio non definito ma che giunge ugualmente a destinazione. Elena crea un dialogo tra se e il mondo esterno tramite l’opera d’arte che diventa collettiva perché riguarda chi si identifica in essa.
 
Alma Cattleya è l’alter ego, forse la parte che ha il coraggio di dire quel che Elena nasconde al mondo e cerca di contenere in se stessa.
I soggetti delle sue opere vengono presentati con pennellate molto evidenti, come sciabolate che la fanno sentire come una spadaccina che affronta un duello. Un dinamismo interiore che probabilmente dipende da un’irrequietezza di fondo identificabile nel Sole in 9^ Casa. A differenza di molti, non ci impiega tanto nel dipingere ma in quel lasso di tempo usa così tanta energia che alla fine si sente svuotata. È indubbio che una carica energetica così imponente e focosa sia generata da una tensione interiore notevole che fortunatamente riesce a trovare sbocco in qualcosa di creativo e positivo che altrimenti potrebbe divenire patologico. 

Quando decide di realizzare un dipinto che la tocca profondamente, si sente quasi denudata, e l'energia è così intensa che si rivela persino distruttiva: le fa rivivere emozioni che sarebbe meglio non fossero toccate. Allo stesso momento sta creando, sta dando voce a queste sue sensazioni, a queste sue immagini che abitano nel suo mondo interiore così ricco di conflitti. Creare è vederle, riconoscerle.

Quello che vedete qui è uno dei suoi quadri al quale è più affezionata, realizzato al secondo anno dell'Accademia di Belle Arti di Ravenna. L'ha voluto intitolare "Bisogno d'amore". In realtà voleva intitolarlo "Bambolina", un termine che detesta profondamente perché le ricorda certi eventi traumatici della sua infanzia.  Quando poi l’ha conclusa, non se l’è più sentita di darle quel titolo. In qualche modo non voleva contaminarla, non voleva “marchiarla” con un nome che avrebbe potuto annullare anche i contenuti positivi.
Si è ispirata alle bambole di porcellana, con lo sguardo fisso, con i boccoli biondi. In qualche modo quel genere di bambole, in lei provocano ribrezzo.  La rappresentazione di quell’oggetto, a suo dire, doveva riguardare la distruzione dell’oggetto stesso, attraverso l’esorcizzazione scaturita dall’atto pittorico. Voleva distruggere quella immagine perché le ricordava un evento davvero traumatico della sua vita. Questo mette in evidenza la necessità di affrontare i problemi, di sconfiggerli, di reagire, anche se tutto ha un po’ il sapore di masochismo. Tant’è che poi ha cambiato il nome della sua opera: non ce l’ha fatta a reggere quella tensione e l’esorcizzazione è risultata positiva solo in parte. 

Una volta realizzato il dipinto, voleva dissociarsi da esso e così ha pensato che non doveva rappresentare più il suo passato; però non poteva negare che riguardava ugualmente le sua paura di non essere amata, vista e ascoltata. È evidente che c’è una continua tensione tra la necessità di rifiutare e rimanere attaccati al passato. In qualche modo, anche proiettando le nostre paure, o la nostra rabbia sul prossimo, non facciamo altro che rimanere ancorati ad esse. Ha creato questa bambina dall'aspetto misero con la veste lacera e coi capelli scompigliati ma non con lo scopo di suscitare pietà. In questo si riconosce l’orgoglio e la necessità di andare avanti di una Venere leonina. La figura impone di essere guardata negli occhi, perché se in qualche modo rappresenta l’autrice, deve riguardare anche ciò che ella chiede per davvero. Lo sguardo della bambina, in qualche modo è anche un omaggio a una famosissima foto di Steve McCurry che mostra una bambina Afgana con uno sguardo intenso. Elena dice che è stato quello sguardo ad ispirarla per la realizzazione della sua opera, ma ha voluto rendere l’immagine ancora più sofferente accentuando gli occhi con ombre, come se fossero occhiaie in contrasto con le labbra rosse e vive. Anche in questo tratto si nota l’ambivalenza del monto interiore della pittrice.  È indubbio che quando dipinge non è molto attenta alle proporzioni poiché ciò che conta è tirare fuori le sue emozioni. Così, solo alla fine di questo processo si rende conto delle “anomalie” che, non fanno altro che accentuare quanto la percezione del mondo possa essere deformata dall’impeto e dalla passione. È il collo della bambina che crea questo effetto distorsivo. L’autrice stessa afferma, infatti, che si concentra così tanto nel processo emotivo che non sa mai bene quale sarà il risultato finale. 

Non vi è mai analisi razionale e ogni pennellata non è altro che una valanga di emozioni. Inoltre, durante il processo cambia spesso idea, proprio a seconda di quel che le viene in mente. Voleva solo rappresentare una bambina che chiede di essere ascoltata e ha tirato fuori, invece, un intero universo di rappresentazioni interne, tanto forti tanto quanto sono deformanti della realtà che dipinge. In un video pubblicitario della sua opera parla al posto della bambina ritratta e dice: “non fate caso alla mia testa che sembra più grande del corpo intero”; frase che paradossalmente sottolinea la sua diversità. Elena è cosciente della sua diversità, e per questo chiede agli altri, tramite questo quadro, di accogliere quel che lei stessa, probabilmente, ancora non accetta di sé. Clicca QUI per vedere il video.

Elena ci fa sapere che la sua intenzione non era solo quella di essere ascoltata, ma voleva che l’osservatore si identificasse, non perché provare dolore, ma perché prenda solo consapevolezza delle proprie fragilità. Questa bambina, dice, assomiglia alla Piccola Fiammiferaia che chiede calore per sé. Ma chiedere amore, significa elemosinare e questo è frustrante per chi ha un minimo orgoglio. Per questo non è supplicante, ma il suo sguardo si perde negli occhi di chi la guarda. Quello che per la bambina importa è ricevere amore senza alcun giudizio su chi è e da dove viene. La scelta dei colori non è stata casuale. Il nero dello sfondo aveva lo scopo di cancellare l’aspetto sdolcinato che poteva ancor rimanere in quella figura di bambola.

Per Elena la pittura non è decorazione, ma anzitutto un fatto pulsionale. Col tempo le pennellate sono diventate più morbide e sta più attenta ai dettagli, ma non tanto da cambiare completamente il suo stile. Qui si è cimentata in una figura più o meno dettagliata con un viso dai tratti riconoscibili, ma il più delle volte dipinge solo ispirata dal colore: questo significa che ancora una volta il controllo, la linea, il rigore, il metodo, lasciano spazio all’istinto.

Quest’opera è diventata una compagna costante della sua vita e col tempo, nella sua mente, questa bambina è ormai cresciuta e sorride: l’esorcizzazione, in fin dei conti, è stata compiuta. A volte invece si fa presente, anche nei suoi sogni, per ricordarle il suo passato. Da alcuni anni non ha più questo quadro perché l’ha voluto regalare a una sua carissima amica con la quale dice di avere una profonda connessione.


Da questa analisi compiuta dalla stessa Elena, abbiamo compreso l’esistenza di un mondo interiore turbato dall’ombra del passato; ma ovviamente questo non necessariamente rappresenta la sua quint’essenza. Si tratta di un aspetto non di scarsa importanza, che sicuramente fa parte di altri altrettanto importanti. Questa passione, questo impeto, la grande necessità di essere ascoltata ovviamente possiamo leggerla in Mercurio leso in Toro e in 8^ Casa. L’8^ è quella dei tormenti, delle complessità, delle profondità della psiche. Mercurio invece è la percezione del mondo, gli interessi mentali, appunto legati all’immagine, al colore. A farla da padrone è anche la congiunzione Plutone-Saturno in I Casa, che rimanda allo Scorpione, alle tenebre, alle esperienze profonde e a volte complesse. Questo punto nodale inoltre si trova in aspetto dissonante alla Luna in Cancro che è il pianeta dominante di questo grafico. Il fatto che l’astro notturno si trovi in X Casa mostra chiaramente il tentativo di soddisfare un bisogno di emancipazione, ma in maniera altalenante, discontinua. La Luna dissonante a Plutone è segno di complessi inconsci, di forti turbamenti, appunto l’ostacolo alla sua piena emancipazione. Il Sole e Marte congiunti in 9^ Casa, come detto prima proiettano Elena verso il lontano, anche in senso immaginifico, perché ama le fiabe e tutto quello che riguarda il mondo sconosciuto. Quest’ultimo punto, in particolare, viene meglio giustificato dall’opposizione del Sole a Nettuno che riguarda spesso chi ha una grande permeabilità al mondo esterno. E lo fa con curiosità dispersiva in perfetto stile Gemelli: le opere sono una toccata fugace, un ripensamento continuo, abbozzi d’istinto. E la 9^ casa, in quanto a istinto, non è seconda a nessuno poiché richiama la parte “cavallo” del 9° segno zodiacale, pronto a buttarsi a capofitto in ogni impresa, con candore, ma anche con precipitazione. Solo in rari casi e a seconda del segno toccato, la 9^ riguarda i temi profondi della vita, toccati con quel candore Sagittariano riconoscibile in Benigni che recita i dieci comandamenti. Se poi aggiungiamo che Marte è congiunto al Sole, comprendiamo il vigore della pennellata che Elena stessa definisce come una sciabolata. 

Molte altre cose potremmo dire, ma all'essenziale, questo è lo spirito di Elena, una pittrice, una ragazza dolce che sa anche essere guerriera.