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26 novembre 2017

La proiezione in astrologia: 2^ parte.


L'articolo di ieri ha sollevato un po' di polvere. A parte le puntualizzazioni di qualcuno che non ha capito il senso del mio post, ritengo che tutto sommato sia venuto fuori qualcosa di interessante. In sostanza, quando si parla di certi argomenti è possibile essere fraintesi soprattutto quando si scrivono poche righe introduttive a un argomento che invece richiede  molta attenzione. Naturalmente non è sempre facile accorgersi di aver lasciato qualcosa di sottinteso anche quando si pensa di esser stati esaustivi. Quindi, relativamente a questo ulteriore post di chiarimento è possibile che qualcosa possa sfuggirmi: ribadisco che qualcosa di accurato ci sarà sul mio prossimo libro. Questo è solo uno spazio introduttivo, una specie di brutta copia, come ho sempre dichiarato anche in altre occasioni. 

Allora veniamo al dunque. Cosa c'entra il fenomeno della proiezione con l'astrologia? Il fenomeno della proiezione avviene quando vediamo fuori di noi qualcosa che in realtà ci appartiene. Per esempio dire all'interlocutore che è aggressivo quando siamo noi invece ad essere arrabbiati è una proiezione. Si tratta di una difesa. Sarebbe in sintesi come quando "il bue dice cornuto all'asino".
Ma il concetto può essere esteso ancora anche a fenomeni che non sono difese vere e proprie. Per esempio, è proiezione anche quando investiamo un oggetto di caratteristiche appartenenti a un rapporto che abbiamo con un'altra persona. Perciò non si proietta sul prossimo o sull'oggetto solo un nostro difetto o pregio; ma anche un rapporto affettivo intero. 

Per esempio un regalo ricevuto dalla nonna può divenire il simbolo del rapporto di affetto tra sé e lei. L'aggetto diventa il contenitore, il mezzo per mantenere attuale un rapporto che non è fisicamente presente. Più che di proiezione dovremmo parlare di trasferimento; ma Jung stesso afferma che il termine proiezione è un trasferimento. Perciò è facile cadere nell'equivoco. 

La cosa si complica ancora quando noi vediamo negli astri qualcosa che ci appartiene ma che in realtà essi contengono già in sé. La domanda che bisogna porsi è questa: è l'esperienza empirica che ha portato all'identificazione? Oppure è avvenuta prima un'identificazione, una proiezione e poi l'osservazione empirica ha dato ragione di questa proiezione? 

Voglio dire: è possibile che quando l'uomo poiettò sugli astri i propri contenuti inconsci non fosse ancora a conoscenza di una reale corrispondenza tra sé e i movimenti celesti. A questo punto potremmo parlare di intuizione. L'uomo intuì che c'era un collegamento ancor prima di rendersi conto che fosse vero? In tal caso parliamo di proiezione. È quello che sto cercando di scoprire.

Ma io sono andato ancora più a fondo nella questione. Perché un pianeta è anche un Dio? Possiamo dire che l'uomo ha proiettato il Dio contenuto in sé stesso? Non proprio. Prima ancora, l'uomo ha visto nel pianeta quell'oggetto transizionale, cioè sostitutivo del rapporto coi genitori. E giacché si idealizzano le figure di attaccamento, anche il pianeta, in quanto oggetto transizionale, può esse stato idealizzato. 

Nel post precendente non ho fatto tutte queste premesse, ma ho semplicemente spiegato che affinché possa avvenire la proiezione della propria idealizzazione è necessario un rapporto affettivo tra noi e l'oggetto. 

Nel caso del bambino, ciò che ha portato alla proiezione (o trasferimento) su quell'oggetto quale è l'orsacchiotto è la prossimità dell'oggetto stesso, cioè la vicinanza. Ovviamente non è l'unica ragione: se il bimbo sceglie quell'oggetto o un altro, potrebbe dipendere anche dal caso come poteva sostenere Freud. Tuttavia possiamo ipotizzare anche altri motivi. Ma nel caso del cielo per l'uomo antico? Perché il cielo diviene l'oggetto privilegiato delle proprie proiezioni e intuizioni? Secondo quanto scritto ieri, si proietta qualcosa quando c'è un legame con l'oggetto. E il legame avviene quando c'è una relazione.

Naturalmente la relazione tra il pupazzo e il bambino è solo immaginaria visto che il bambino vive in un mondo di fantasia dove non esiste molto confine tra realtà e immaginazione. Perciò poteva accadere qualcosa di analogo all'uomo antico nei confronti del cielo stellato? È un ipotesi  non trascurabile se prendiamo per buona un'altra premessa: l'evoluzione. Sarà vero che possiamo considerare l'uomo antico più o meno alla stregua di un bambino e l'uomo moderno alla stregua di un adulto?  Anche su questo punto c'è da lavorare molto. Ma senza scendere troppo in un particolare così difficile da risolvere, cosa possiamo dire del legame affettivo tra uomo e cielo? Da cosa dipende questo legame affettivo? Perché è dal cielo che proviene la sopravvivenza dell'uomo? Dalla pioggia, dal calore, dal vento, dalle stagioni? È un'ipotesi. È possibile che l'uomo abbia avverito inconsciamente questo legame di dipendenza tanto da proiettare su di esso i propri contenuti psichici? Lo scopriremo? Può essere la strada giusta per capire come si è originata l'astrologia senza scadere nell'ipotesi che sia di derivazione aliena? 

La ricerca è in atto...