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04 dicembre 2017

Dei extraterrestri o Dei umani?


Zecharia Sitchin nel suo testo intitolato "gli architetti del tempo" cita un passo tratto dal racconto in cui il dio Enki raconta del momento in cui il tempo cominciò a battere sulla Terra: 

"In giorni remoti,
quando il cielo fu separato dalla Terra, 
in notti remote,
quando il cielo fu separato dalla Terra.."

Si tratta di un incipit Sumero che compare successivamente anche nei testi religiosi egizi nonché nella Bibbia: è la necessità di concepire il cosmo come un tutt'uno da cui poi dio ha tratto ogni cosa. A tal proposito Sitchin ipotizza l'esistenza di esseri extraterrestri che inn visita sul nostro pioaneta hanno raccontato ai Sumeri di quando prima del big bang tutto fosse una massa indistinta di energia, ossia di un tempo in cui ogni cosa non era ancora nata e nemmeno differenziata. 

Naturalmente si tratta solo di una ipotesi. Noi però possiamo trovare un'altra spiegazione. Perché questa necessità di credere che il cielo e la Terra un tempo fossero uniti? Siamo sicuri di poter prendere alla lettera questa nozione? La cosa, infatti, potrebbe essere letta in maniera assai diversa.

Sappiamo che la concezione del tempo è divenuta importante quando l'uomo ha cominciato ad organizzarsi in società. Prima di allora cielo e terra non parlavano di nulla. L'uomo preistorico non ci vedeva ancora un'utilità. Il cielo scandiva il giorno dalla notte, ma per quegli uomini non offriva nient'altro. Con la nascita dell'agricoltura è chiaro che il cielo ha cominciato ad assumere importanza capitale e fu in quel momento che si cominciò a concepire il cielo e la terra come due entità separate e distinte. Ognuno aveva assunto uno scopo diverso: i frutti della terra potevano essere colti in funzione delle stagioni, e la scoperta di queste convinse gli uomini dell'utilità del cielo. 

Perciò quelle frasi sumere potrebbero essere reinterpretate in questo modo:

"quando gli uomini non conoscevano ancora le stagioni, non si accorsero dell'importanza del tempo e non poterono fare uso dell'agricoltura e nemmeno di un calendario per scandire le attività sociali e le festività".

Una sacoperta culturale di così grande portata, secondo i Sumeri, doveva essere stata fatta soltanto da un dio. Infatti, quando certe scoperte si perdono nella notte dei tempi e non è più possibile risalirne all'origine, allora si costruisce il mito. Pensare al fatto che un dio abbia il potere di far ciò significa esasperare, significa ingigantire e idealizzare. E questo processo è assai normale se consideriamo quel che avviene nella mente del bambino nei confronti del genitore: il bambino tende prima di tutto a considerare il genitore come un prolungamento di sé stesso, un tutt'uno. In realtà il bambino appena nato non discerne il sé dal fuori di sé. Poi quando il genitore resiste all'io narcisistico e "onnipotente" del bambino, ecco che diviene il riferimento da raggiungere perché idealizzato.

Per questo insisto nel dire che le divinità e quindi i pianeti astrologici, sono anche oggetti transizionali, cioè sostitutivi del rapporto tra genitori e figli, appunto perché idealizzati, investiti di proprietà naturali che avevano visto coi loro occhi (il funzionamento astrologico), ma arricchite dall'idealizzazione di una mente "mitica". 

La differenza tra il "Galeota way" e il "Sitchin way" sta nel fatto che il dio non è più l'extraterrestre, ma è una creazione mentale nata per effetto della capacità umana di idealizzare e creare oggetti transizionali. 

Naturalmente con ciò non voglio invitare all'ateisimo. Pensare che Dio sia una creazione umana non significa che non esiste in effetti. Perciò possiamo avanzare l'ipotesi che l'uomo abbia contemporaneamente intuito l'esistenza di un Dio creatore su cui ha proiettato contenuti inconsci come per esempio l'idealizzazione del rapporto tra genitore e figlio. Un Dio si venera e si prende come modello di riferimento esattamente come il bambino fa nei confronti del papà. 

Questo ed altro sarà l'argomento del mio prossimo libro sulle origini dell'astrologia; ma nel frattempo qui avremo l'occasione di rivedere in chiave diversa quel che afferma Sitchin nel sopracitato testo, anche a proposito di altri argomenti, ma sempre relativi alle nostre origini. 

Dr. Giuseppe Galeota Al Rami