22 febbraio 2016

L'atteggiamento e i segni fissi


La nostra maniera di procedere al mondo dipende dai nostri sistemi di valutazione che in misure diverse sono legati anche alla componente emotiva e affettiva. Valutiamo le cose, ce ne facciamo un'idea e affrontiamo la vita attraverso questo bagaglio che è generato dalle esperienze precedenti. Ma cosa sta alla base di un certo comportamento? I motivi sono la base delle nostre azioni, delle nostre decisioni, delle nostre scelte. 

Dalla Volta afferma che i motivi sono una regolazione energetica del comportamento
e si esprimono in un bisogno. Il tutto nasce da una tensione interna che spinge all'azione; è un controllo interno che da' senso al comportamento. Questo vuol dire che il comportamento è sempre generato da un motivo, da una causa, che poi si manifesta in uno stato fisiologico di tensione, che naturalmente porta alla necessità di soddisfare il bisogno che emerge da esso.

Quindi il motivo genera un bisogno e quando diviene abbastanza forte percepiamo la tensione sufficiente a farci adottare un certo comportamento. Il tutto viene prima vissuto a livello mentale, nella nostra fantasia: immaginiamo come sarebbe soddisfare questa necessità, come ci sentiremmo; e quando il desiderio raggiunge una certa intensità è solo allora che siamo mossi all'azione. Ma la cosa non è affatto così semplicistica poiché sappiamo bene che nonostante una forte motivazione spesso non facciamo nulla di concreto perché esiste qualcosa che ci frena, probabilmente un altro motivo che ci porta in uno stato di contraddizione.

Esistono diversi tipi di motivi: 
Quello di affiliazione che genera il bisogno di essere approvati e per questo ci spinge a creare relazioni affettive, a cercare amore e a unirci in gruppi che condividono le nostre idee, le nostre passioni. Poi c'è il motivo di prestigio, ossia la necessità di esser tenuti nella massima considerazione, per soddisfare il bisogno di notorietà, o per colmare un bisogno di sentirsi apprezzati e ritenuti i migliori se paragonati ad altri. Poi esiste il motivo di potere che porta al bisogno di controllare gli altri, di guidarli. Questo motivo è naturalmente controllato dalla legge che appunto regola il comportamento per evitare ogni tipo di abuso. Esiste anche il motivo di possesso che porta al bisogno di possedere oggetti, alla necessità di identificarsi con i simboli di status e quindi a una sovrapposizione tra chi siamo e quel che abbiamo. Il motivo di altruismo invece porta a bisogni differenti, come quello di sentirsi gratificati o di aiutare disinteressatamente, per sentirsi utili, per dare sostegno, amore, perché crediamo che l'altro sia bisognoso di cure, di attenzioni e che noi possiamo fare qualcosa per aiutare. Per ultimo c'è il motivo di curiosità che spinge al bisogno di informarsi, di conoscere per risolvere problemi, per confrontarsi con un modo sconosciuto e interpretarlo; perché il mondo necessità di essere scoperto e può aiutarci a conoscere meglio anche noi stessi e tutto ciò che ci ruota attorno.

Quando i nostri bisogni sono soddisfatti il livello di gratificazione è alto e quindi desideriamo ripetere l'esperienza. Tuttavia esistono degli ostacoli:  per esempio le norme e i valori del gruppo, o quelli che abbiamo appreso dalla nostra esperienza possono aiutarci a perseguire uno scopo. Infatti quando un motivo diventa abbastanza forte allora nasce uno scopo ed entrambe le cose formano un'atteggiamento. Si tratta di un sistema stabile, più o meno influenzabile e a seconda dei casi, composto da una componente cognitiva e una componente emotiva a loro volta legate all'oggetto del desiderio. Inoltre esiste anche una componente conativa che è proprio quella che ci porta all'azione, al comportamento vero e proprio. Oltre alle norme possiamo prendere in considerazione la componente biologica, l'esperienza personale e le possibilità offerte dall'ambiente.

Da ciò ne risulta un atteggiamento che non è la semplice opinione (cioè il punto di vista che si distingue per l'assenza di un contenuto emotivo) L'atteggiamento è prima di tutto uno stato emotivo interno che varia a seconda della sua complessità e della sua valenza. 

L'atteggiamento, in quanto sistema stabile, può anche essere influenzato dal mondo esterno; ma il più delle volte la resistenza al cambiamento deriva da una necessità di coerenza: le nuove informazioni possono essere recepite come virus e in quanto tali scacciate per evitare che possano compromettere l'equilibrio del sistema stesso. Inoltre, certi atteggiamenti sono interconnessi tra loro e proprio per questo motivo esiste una resistenza che è necessaria per evitare che tutto il sistema possa sfaldarsi, anche in virtù della centralità dei valori a cui certi comportamenti sono associati: più un valore è centrale e più è difficile che possa essere modificato. Possiamo aggiungere, in conclusione, che l'atteggiamento verso un oggetto dipende anche dal fatto che esso soddisfi o meno i nostri bisogni. Per esempio, è difficile cambiare atteggiamento nei confronti della fede e della spiritualità se essa soddisfa per esempio il motivo di curiosità o il bisogno di condivisione con un gruppo che segue i nostri stessi valori.

Dall'altra parte della medaglia poi esiste una certa dose di persuadibilità, a seconda della propria apertura mentale, alla propria intelligenza, cioè alla capacità di accettare anche ciò che sembra essere in contraddizione con le proprie convinzioni, perché esse non sempre possono essere giuste. Quindi è un bene una certa apertura al mondo esterno, al cambiamento, ma facendo attenzione a non giungere alla suggestionabilità, ossia alla tendenza che si trova in chi cambia idea troppo repentinamente anche se nessuno cerca di fargli cambiare idea. Questo equivale a non avere idee proprie. Generalmente ciò accade quando il motivo non è centrale, non è abbastanza forte, o quando il soggetto è troppo dipendente dal giudizio del proprio gruppo di riferimento. Non dimentichiamo inoltre che per mantenere stabile un certo atteggiamento, il soggetto si espone in maniera selettiva rifiutando argomenti diversi da quelli che gli interessano o che potrebbero cambiare il suo rapporto col mondo interno ed esterno. 

Vediamo la cosa, adesso, dal punto di vista astrologico. 
I segni Toro, Leone, Scorpione e Aquario sono i cosiddetti segni fissi, quelli che difficilmente cambiano posizione rispetto a una certa idea. Soprattutto il Toro, segno frequente nel tema di filosofi famosi come Galimberti o Freud, mette in evidenza proprio la fissità delle proprie convinzioni grazie a un resistente sistema di informazioni che trascina il soggetto in un continuo riflettere sulle proprie idee per renderle sempre più stabili. Si racconta che Freud, per ben due volte svenne quando il sistema delle sue convinzioni fu minato dal dubbio posto da Jung, suo allievo e collega prediletto.

Lo Scorpione invece ha difficoltà a cambiare opinione a causa di una diffidenza di fondo, che somiglia un po' a quella della Vergine. Nel primo caso, però, parliamo di una diffidenza legata più a questioni emotive che al frutto di una logica analisi. Non bisogna dimenticare, infatti, che lo Scorpione è un segno d'acqua e quindi le idee, le posizioni, gli atteggiamenti e i comportamenti sono fortemente connessi a una componente affettiva. 

L'Aquario e il Leone sembrano mantenere una certa durezza al cambiamento ma per motivi diversi: il secondo ama conservare la propria posizione in difesa dell'io, per orgoglio puro (cosa frequente anche in chi ha il Sole dominante); mentre per l'Aquario parliamo più che altro di una sordità selettiva, per una questioni di indipendenza. 

In modi diversi anche altri segni faticano a cambiare opinione, il Sagittario per le questioni etiche, morali, come per la Bilancia, ma con l'aggiunta di una componente ideologica. Il Capricorno non accetta il futile e il distraibile; mentre la Vergine mostra una naturale diffidenza a priori, quasi verso tutto. Risultano più malleabili i Gemelli, i Pesci, il Cancro, e in parte anche l'Ariete che è mosso dall'impulso, il che è anche un istinto di difesa. 
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