21 agosto 2025

Gli asteroidi in astrologia: la nuova moda


Gli asteroidi in astrologia: tra derive psicologizzanti e limiti concreti. 

Negli ultimi decenni, l’astrologia è stata profondamente influenzata da una visione psicologizzante introdotta in gran parte da Dane Rudhyar e da chi, dopo di lui, ha sposato l’idea che ogni corpo celeste debba avere un corrispettivo simbolico-psicologico. È proprio questa impostazione che ha condotto molti astrologi moderni a trasformarsi in una sorta di “santoni”, più che in osservatori rigorosi dei fatti.


Il problema è duplice:

1. Gli asteroidi sono stati caricati di significati psicologici astratti e fumosi, difficilmente verificabili e quasi mai applicabili in modo concreto per la previsione o la valutazione degli eventi.

2. Si è diffusa l’idea che per comprendere un corpo celeste sia necessario ricorrere al mito legato al suo nome. Una prassi suggestiva ma arbitraria: se prendiamo sul serio il principio di sincronicità, esso non implica che tutti i corpi celesti debbano avere lo stesso peso o la stessa importanza, ma piuttosto che alcuni eventi significativi possano riflettersi casualmente su determinati simboli. Pretendere che ogni asteroide porti con sé un significato essenziale equivale a gonfiare di senso un dato che nasce da un fenomeno casuale.


Psicologia e astrologia: il falso specchio

C’è un’altra questione fondamentale. È diventata dominante la convinzione che ciò che accade fuori sia sempre lo specchio di ciò che abbiamo dentro. Ma nessuna scuola psicologica seria sostiene in modo assoluto questo principio. Certo, esistono approcci (per esempio quelli di matrice junghiana) che parlano di proiezione e di rispecchiamento simbolico tra mondo interno e mondo esterno. Ma nessuna psicologia afferma che ogni evento esterno sia necessariamente un riflesso psichico individuale.

Se si radicalizza questa posizione, si rischia di cadere in un modello che, di fatto, nega la realtà esterna autonoma: tutto diventa proiezione, e quindi qualsiasi esperienza viene interpretata come un problema interiore, svuotando di senso il confronto con il mondo e con gli eventi. È un modello rischioso non solo per l’astrologia, ma anche per l’equilibrio psicologico delle persone: si rischia di cadere in colpevolizzazioni (“se ti succede qualcosa è perché dentro di te hai attratto questo”) o in visioni fatalistiche e paralizzanti.


Esperienza pratica sugli asteroidi

Dalle mie sperimentazioni – e anche da osservazioni condivise da altri autori – emerge che non è possibile utilizzare asteroidi come Chirone, i nodi lunari o Lilith per fare previsioni attendibili. Questi elementi possono, al massimo, fornire spunti interpretativi di contorno, ma non incidono in modo chiaro né sul carattere né sul destino, se confrontati con i pianeti tradizionali.


Il problema non è negare a priori un loro eventuale valore simbolico, ma riconoscere che:

non tutti i corpi celesti hanno lo stesso peso astrologico;

non tutto ciò che accade ha un riflesso psicologico;

e soprattutto, non tutto può essere ridotto a mito o simbolo.

L’astrologia, per restare viva e credibile, deve tornare alla sua funzione originaria: descrivere, correlare e prevedere sulla base di dati celesti che hanno mostrato nella pratica un’evidenza verificabile.

👉 In sintesi:

Gli asteroidi sono stati caricati di psicologismi fumosi.

L’idea che tutto sia specchio del dentro è una semplificazione pericolosa.

La via del mito legato al nome del corpo celeste è una scorciatoia arbitraria.

La sincronicità non implica che ogni corpo celeste abbia senso, ma che alcuni lo assumano in certe circostanze.

La pratica dimostra che corpi come Chirone o i nodi lunari non funzionano sul piano previsionali.


Inoltre: più variabili buttiamo sul tavolo, più aumentano le probabilità di beccare qualcosa che “risuona” con il consultante.

Questo meccanismo non è astrologia, ma legge dei grandi numeri applicata alla narrazione simbolica:

Se uso solo i pianeti tradizionali, il quadro è delimitato e devo essere preciso.

Se aggiungo asteroidi, parti arabe, centinaia di simboli e ipotesi psicologiche, avrò inevitabilmente sempre qualcosa che sembra corrispondere al vissuto del soggetto.

A quel punto, l’astrologo non sta più verificando l’efficacia di uno strumento, ma sta semplicemente giocando d’azzardo con più carte possibili. Non è un caso che in certe letture moderne l’interpretazione risulti impressionante al consultante: non perché il simbolo sia effettivo, ma perché tra dieci affermazioni generiche, almeno una o due “azzeccano” la sua esperienza personale.

Questa è la stessa dinamica che si trova nel cold reading o nelle tecniche dei mentalisti:

più variabili introduci, più aumenta la probabilità che almeno una sembri calzare, più il consultante dimenticherà quello che non corrisponde e ricorderà solo ciò che “risuona”.

In altre parole, sovraccaricare un tema natale di mille simboli non è profondità, ma dispersione. Ed è proprio questo che ha portato molti astrologi contemporanei a sentirsi “santoni”: l’illusione di cogliere l’anima intera del consultante, quando in realtà stanno solo offrendo un ventaglio talmente ampio che qualcosa, inevitabilmente, combacia.

A questo link CLICCA QUI puoi vedere il mio video in cui spiego perché il mito non può essere alla base della simbologia astrologica. 


18 agosto 2025

Canalizzatori e Sirio: un'altra truffa?


 Canalizzazioni dalle Pleiadi e da Sirio: mito o realtà?

Negli ultimi decenni, soprattutto nell’ambiente New Age, si sono moltiplicate le testimonianze di persone che affermano di canalizzare messaggi provenienti da entità extraterrestri. I nomi ricorrenti sono sempre gli stessi: le Pleiadi, Sirio, Arcturus. In apparenza, queste esperienze sembrano affascinanti e misteriose. Ma se le osserviamo con un po’ di senso critico, emergono numerose contraddizioni che ne minano la credibilità.


Stelle famose, non stelle qualsiasi

Una prima osservazione: le entità canalizzate dichiarano quasi sempre di provenire da stelle o costellazioni molto conosciute. Sirio è la stella più brillante del cielo, le Pleiadi sono un ammasso facilmente visibile a occhio nudo e radicato in decine di miti antichi. Arcturus, a sua volta, è tra le stelle più luminose dell’emisfero boreale.

Domanda inevitabile: perché mai non si cita una stella sconosciuta, magari visibile solo dall’emisfero australe o senza alcuna risonanza culturale? La risposta è intuitiva: un nome famoso ha già un potere simbolico, cattura l’immaginazione e suona “credibile”. Un nome ignoto non avrebbe lo stesso effetto.


Il paradosso del “non fisico”

Un’altra contraddizione è ancora più evidente. Quasi tutti i canalizzatori specificano che queste entità non sono fisiche, ma provengono da altre dimensioni o da livelli di coscienza superiori. Eppure continuano a presentarsi come “Pleiadiani” o “Siriani”.

Se non sono esseri materiali, che senso ha collocarli in un sistema stellare fisico con coordinate astronomiche precise? È come dire che un sogno proviene da una città reale: un accostamento forzato, che mescola un’etichetta concreta con un contenuto immateriale.


Messaggi vaghi e intercambiabili

I contenuti delle canalizzazioni seguono sempre lo stesso copione: parole d’ordine come ascensione, vibrazioni, luce, DNA quantico, frequenze cosmiche. Sono concetti suggestivi, ma privi di riscontro verificabile.

Si tratta di discorsi che potrebbero essere scritti da qualsiasi autore spirituale umano. Non contengono informazioni nuove, precise o dimostrabili: nessuna data, nessuna scoperta scientifica, nessuna predizione concreta. Solo messaggi motivazionali e filosofici.


Pseudo-scienza e linguaggio suggestivo

Molti canalizzatori amano inserire parole scientifiche come “quantico”, “frequenza”, “DNA multidimensionale”. Ma si tratta di un uso puramente metaforico, che nulla ha a che fare con la fisica o la biologia reali. È un trucco linguistico: accostare il gergo scientifico a temi spirituali per sembrare più credibili.


Incoerenze tra canalizzatori

Un’altra prova della natura soggettiva di queste esperienze è che le descrizioni variano enormemente. Alcuni dicono che i Pleiadiani sono esseri alti, biondi e fisici; altri li descrivono come pura coscienza luminosa di nona dimensione. Se la fonte fosse reale e oggettiva, le testimonianze dovrebbero convergere. Invece divergono radicalmente, segno che il contenuto dipende più dal canalizzatore che da una presunta entità esterna.


Una conclusione critica:

Mettendo insieme tutti questi elementi, il quadro è chiaro:

l’uso di stelle famose è una scelta simbolica, non una localizzazione reale;

la definizione “non fisico” rende le affermazioni non falsificabili e quindi non verificabili;

i messaggi sono vaghi, intercambiabili e pseudo-scientifici;

le incoerenze tra diversi canalizzatori mostrano che la fonte non è esterna ma interiore.

In altre parole, più che veri contatti con entità stellari, queste canalizzazioni appaiono come costruzioni immaginative, alimentate dall’inconscio, dalla suggestione e dall’influenza culturale.


1. La retorica dell’inconscio e delle ferite passate

Molti messaggi parlano di “liberare le memorie cellulari”, “guarire le ferite del bambino interiore”, “integrare le ombre”.

➡️ Questi concetti ricalcano la psicoanalisi classica (trauma infantile, rimozione, ombra junghiana) ma vengono riformulati in chiave cosmica o spirituale, senza alcun aggiornamento ai progressi della psicologia contemporanea.


2. Consigli relazionali stereotipati

Frasi tipo:

“Ama te stesso e tutto si trasformerà”

“Lascia andare il passato per aprirti al futuro”

“Non giudicare gli altri, vedili come specchi di te”

➡️ Sono slogan psicologici elementari, che riecheggiano manuali di auto-aiuto e sedute di counseling non scientifico. Nessun reale approfondimento di dinamiche cognitive, emotive o relazionali.


3. La semplificazione estrema

Il messaggio canalizzato riduce problemi complessi (ansia, conflitti, lutti, traumi) a formule semplicistiche:

“Alza la tua vibrazione”

“Scegli l’amore, non la paura”

➡️ È una psicologia spicciola, priva di strumenti concreti e di strategie operative. Più simile a un mantra motivazionale che a un consiglio terapeutico.


4. Uso improprio di concetti scientifici

Quando cercano di sembrare più sofisticati, inseriscono riferimenti al DNA, all’epigenetica, alla fisica quantistica.

➡️ In realtà, sono termini usati fuori contesto, per dare parvenza di profondità. In termini clinici e scientifici, non hanno alcun valore operativo.


5. Conclusione critica

In definitiva:

I “consigli pleiadiani” e simili riciclano vecchie categorie psicoanalitiche, spesso superate anche in ambito accademico.

Le ripropongono in salsa cosmico-spirituale, usando un linguaggio vago e suggestivo.

Non offrono strumenti concreti di cambiamento, ma solo un effetto placebo e motivazionale.

👉 In sostanza, ciò che appare come “messaggio da altre dimensioni” non è altro che psicologia spicciola travestita da rivelazione cosmica.

Proiezione e responsabilità spostata sul cliente

Quando il consiglio sembra incoerente o lontano dal problema del soggetto, il canalizzatore usa un escamotage:

“Non cercare di capire subito con la mente, lascia che il messaggio risuoni dentro di te.”

“Troverai da solo il significato nel tempo.”

➡️ Questo sposta la responsabilità dell’efficacia dal canalizzatore al cliente: se il messaggio non serve, è perché il cliente non ha riflettuto abbastanza o non è pronto a coglierne il senso.


Effetto Barnum e auto-interpretazione

Il meccanismo è identico all’effetto Barnum: un enunciato generico viene interpretato come personale perché il soggetto stesso vi proietta significati.

➡️ In pratica, è il cliente che “lavora” per dare coerenza al messaggio, non l’entità canalizzata che fornisce chiarezza.


Perché funziona?

Permette al canalizzatore di non sbagliare mai: ogni frase può “aver senso” se riletta in chiave personale.

Mantiene alta l’autorità percepita del canalizzatore: “il messaggio è giusto, sei tu che devi ancora comprenderlo”.

Crea un meccanismo di auto-colpevolizzazione del cliente: se non capisce, si convince di non essere abbastanza evoluto.


Cosa ne penso?

Questa strategia è una forma sottile di deresponsabilizzazione professionale. In un contesto serio (psicologia, counseling, coaching), il professionista ha il dovere di verificare se il consiglio è utile e comprensibile per il cliente. Qui invece si capovolge la logica:

il messaggio è sempre valido “per definizione”,

se non funziona, la colpa non è del canalizzatore ma del cliente.

È un meccanismo di protezione dell’autorità del medium, che rende impossibile ogni forma di critica interna al sistema. In altre parole: è un modo elegante per non dover rendere conto di ciò che si dice.


Scendiamo in profondità con alcuni esempi pratici?

1. Messaggi vaghi e interpretabili

Esempi tipici:

“Lascia che la luce guidi i tuoi passi.”

“Non temere di lasciar andare ciò che non ti serve più.”

“Ascolta la voce dentro di te, essa conosce la verità.”

Funzione psicologica: sono frasi talmente generiche che chiunque può riconoscervi un senso, adattandole al proprio vissuto. È il classico effetto Barnum: ciò che è detto in modo universale sembra personale.


2. Se non capisci, è perché “non sei pronto”

Esempi tipici:

“Non cercare di capire ora, il messaggio maturerà dentro di te.”

“La tua anima sa già ciò che la mente non può comprendere.”

Funzione psicologica: sposta la colpa sull’ascoltatore. Se non trova senso, non è perché il messaggio è vuoto, ma perché lui non è abbastanza evoluto o pronto. Così l’autorità del canalizzatore resta intatta.


3. Il significato lo troverai tu

Esempi tipici:

“Non è importante cosa ti dico, ma cosa tu sentirai dentro di te.”

“Ogni parola contiene un seme, sarà la tua coscienza a farlo germogliare.”

Funzione psicologica: deresponsabilizza totalmente il canalizzatore. È il cliente a dover fare il lavoro di interpretazione, proiettando nel messaggio i propri significati. In pratica, il contenuto lo costruisce il cliente stesso.


4. Mai sbagliare

Grazie a questi meccanismi, il canalizzatore non può mai essere smentito:

Se il messaggio “funziona”, è la prova della sua autenticità.

Se non funziona, è perché “tu non sei pronto” o “non hai riflettuto abbastanza”

In entrambi i casi, la responsabilità non ricade mai sul canalizzatore.


5. Conclusione critica

Questo modo di comunicare non è neutrale:

rafforza l’autorità di chi canalizza,

mantiene in soggezione chi ascolta,

impedisce qualunque verifica oggettiva.

In altre parole, il cliente viene lasciato con l’onere di dare senso a parole vuote, mentre il canalizzatore si autoassolve da ogni responsabilità. È una strategia che sembra spirituale, ma in realtà serve soprattutto a proteggere chi parla.


In definitiva: furbastri?

1. La formula classica

Quando il messaggio risulta contraddittorio, inutile o palesemente sbagliato, il canalizzatore ricorre a questa giustificazione:

Io sono solo un canale.”

“Non giudicare me, io trasmetto ciò che l’entità vuole dire.”

“Il messaggio non viene da me, ma da loro.”


2. Cosa comporta psicologicamente

Deresponsabilizzazione totale: il canalizzatore non si assume alcuna responsabilità per la qualità o la coerenza delle parole.

Autorità protetta: se il contenuto non funziona, la colpa è dell’entità (irraggiungibile e incontestabile), non di chi lo ha pronunciato.

Scudo contro critiche: ogni obiezione rimbalza: non puoi criticare il canalizzatore, né l’entità (perché è “superiore”), quindi il sistema diventa inattaccabile.


3. Il paradosso

Se il messaggio è bello e utile: il merito è dell’entità (ma indirettamente anche del canalizzatore che “ha il dono”).

Se il messaggio è vuoto o incoerente: la colpa è dell’entità, mai del canalizzatore.

In entrambi i casi il canalizzatore resta intoccabile: non sbaglia mai, non rischia mai di essere messo in discussione.


4. Conclusione critica

Questo meccanismo è il più rivelatore di tutti. Trasforma la canalizzazione in un gioco a responsabilità zero:

il canalizzatore prende i benefici (attenzione, prestigio, eventualmente denaro),

ma non corre rischi, perché ogni falla viene scaricata altrove.

In sintesi: il “sono solo un tramite” è la formula perfetta per mantenere il potere senza assumersi alcuna responsabilità.


Questo post non è per chi va dai canalizzatori ma è per i canalizzatori stessi affinché possano sviluppare più senso critico, più onestà morale e intellettuale. Se anche tu ragioni e reagisci come ho spiegato, mi dispiace, ma sei un furbastro e rovini la reputazione a chi magari ha davvero delle abilità. 

12 agosto 2025

Il tuo copione in amore


Molte persone credono di scegliere liberamente come comportarsi in amore. In realtà, in moltissimi casi, non agiamo: reagiamo.

E lo facciamo secondo un copione che abbiamo imparato negli anni — spesso durante l’infanzia — e che continuiamo a replicare con partner diversi ma dinamiche uguali.

Questi ruoli sono come maschere: ci proteggono dalle paure profonde (abbandono, rifiuto, fusione eccessiva, perdita di autonomia), ma allo stesso tempo ci intrappolano, perché ci impediscono di vivere la relazione in modo libero e adattabile.

Il punto critico è che ogni ruolo:

Funziona solo in parte (permette di sopravvivere emotivamente ma non di crescere)

Si autoalimenta (le nostre azioni generano proprio le reazioni che temiamo)

Ci fa attrarre partner complementari al nostro copione (chi recita la parte opposta della stessa scena).


1. Il Salvatore

Vuole “aggiustare” il partner, aiutarlo a uscire dai suoi problemi.

Radice: bisogno di sentirsi indispensabile per non essere lasciato.

Limite: si finisce in relazioni sbilanciate e logoranti.


2. Il Sempre Disponibile

Dice sempre “sì” ai bisogni dell’altro, rinunciando ai propri.

Radice: paura di essere rifiutati se si impongono limiti.

Limite: perdita di identità, risentimento represso.


3. Il Dipendente Affettivo

Vive la relazione come unica fonte di senso e sicurezza.

Radice: senso di vuoto e insicurezza personale.

Limite: paura costante di abbandono, ansia e controllo eccessivo.



4. L’Inseguitore

Corre dietro a chi si allontana, interpretando l’amore come sfida.

Radice: dinamiche infantili in cui l’amore era incerto o intermittente.

Limite: più insegue, più alimenta la fuga dell’altro. 


5. Il Controllore

Descrizione: monitora costantemente partner, abitudini, contatti e comportamenti.

Radice: paura di essere tradito o ingannato, spesso legata a esperienze passate.

Limite: trasforma la relazione in un interrogatorio continuo, generando tensione e sfiducia.


6. Il Distaccato

Descrizione: mantiene sempre una “riserva emotiva” e non si lascia andare del tutto.

Radice: paura dell’intimità o di perdere se stesso nella coppia.

Limite: il partner percepisce freddezza, e questo può logorare il legame.


7. L’Indipendente a Oltranza

Descrizione: rifiuta qualsiasi segno di “fusione” per proteggere la propria libertà.

Radice: esperienze in cui la vicinanza era percepita come invasione.

Limite: confonde autonomia con isolamento, rischiando di vivere relazioni superficiali.


8. Il Calcolatore Emotivo

Descrizione: misura cosa dare e cosa non dare, aspettando che l’altro faccia la prima mossa.

Radice: strategia di autoprotezione appresa per evitare rifiuti.

Limite: trasforma il rapporto in un gioco di potere, soffocando la spontaneità.



9. Il Drammatico

Descrizione: crea o amplifica conflitti per poi vivere la riconciliazione come momento di forte unione.

Radice: associazione infantile tra amore e tensione emotiva.

Limite: stanca entrambi i partner, logora la fiducia, e trasforma l’amore in un’altalena.


10. Il Seduttore Eterno

Descrizione: mantiene viva la fase della conquista anche quando la relazione è stabile, talvolta flirtando con altri.

Radice: bisogno di sentirsi desiderato per confermare il proprio valore.

Limite: rende difficile costruire un legame sicuro e duraturo.


11. L’Adrenalina-Dipendente

Descrizione: cerca costantemente situazioni nuove, rischiose o proibite.

Radice: associazione tra eccitazione e innamoramento.

Limite: confonde il brivido con la profondità emotiva, e può sabotare la stabilità.



12. Il Vittima-Romantica

Descrizione: si percepisce sempre ferito o sacrificato per amore.

Radice: senso di identità costruito sulla sofferenza e sul sacrificio.

Limite: alimenta rapporti disfunzionali per poter “confermare” la propria narrativa.


Come riconoscere il proprio ruolo e liberarsene


Una volta letta la lista, molti pensano: “Io li ho un po’ tutti!”.

È normale: nessuno è un ruolo puro, ma c’è sempre una tendenza dominante che si ripete nelle relazioni più importanti.

Il primo passo è individuarla.

1. Osserva le ripetizioni

Che tipo di partner attiri sempre?

Le tue storie finiscono con motivi simili?

Quali situazioni si ripresentano anche cambiando persona?

2. Identifica i tuoi trigger emotivi

Cosa ti fa scattare? L’allontanamento? La troppa vicinanza? La perdita di attenzioni?

Questo ti dirà quale paura profonda guida il tuo ruolo (abbandono, fusione, perdita di controllo…).

3. Analizza le tue reazioni automatiche

Tendono a essere impulsive o calcolate?

Sono volte a trattenere o a respingere l’altro?

Sono “di pancia” o “strategiche”?

4. Interrompi il copione

Piccoli esperimenti pratici:

Se insegui, fermanti e osserva cosa succede.

Se ti chiudi, condividi qualcosa di più personale.

Se controlli, lascia uno spazio non monitorato.

5. Coltiva l’autonomia emotiva

Non si tratta di “non aver bisogno di nessuno”, ma di non basare la propria stabilità interiore solo sul partner.

Cura la tua vita sociale.

Coltiva passioni personali.

Impara a gestire emozioni scomode senza scaricarle subito sull’altro.

6. Abbraccia la flessibilità

Il contrario di restare intrappolati in un ruolo non è l’assenza di personalità, ma la capacità di adattare il proprio modo di amare alla relazione concreta.

Un giorno puoi essere di supporto, un altro avere bisogno di sostegno. Un giorno cercare vicinanza, un altro dare spazio.

💡 Conclusione

I ruoli amorosi sono mappe, non catene.

Se li conosci, puoi usarli come strumento di consapevolezza, riconoscendo quando stai recitando una parte e decidendo, finalmente, se continuare… o cambiare trama.


Hai un problema d'amore? Hai bisogno di capire? Risolvere? Sapere come fare? Trovare risposte, soluzioni? 

Scrivimi e ti offrirò una consulenza gratuita. 

ggaleota@libero.it 

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Il counsel-coaching strategico in azione, per chi vuole un amore vero, puro, sincero e liberarsi dalla sporcizia e dal fango di un amore tossico. 

Perché si può, perché ognuno merita l'occasione di essere felice. 



04 agosto 2025

Oltre i transiti: riscoprire il fondamento originario dell’astrologia


Oltre i transiti: riscoprire il fondamento originario dell’astrologia

Una ricostruzione storica e concettuale dell’effetto astrologico, al di là delle teorie dominanti


📌 Introduzione

L’astrologia è stata nel tempo reinterpretata, manipolata e appesantita da credenze, simbolismi e teorie che spesso si sono sovrapposte all’osservazione reale dei cieli. In questa riflessione, vogliamo ripartire da un presupposto semplice ma radicale: l’astrologia funziona. Ma per capirla veramente, bisogna risalire alle sue origini, ripulendola da molti concetti che sono venuti dopo, in particolare il concetto di transito sul tema natale.

Questo articolo si propone di:

Ripercorrere le radici astronomiche e osservative dell’astrologia.

Mostrare che le rivoluzioni solari e lunari funzionano meglio e con maggiore coerenza dei transiti.

Sottolineare che l’effetto astrologico esiste a prescindere dal tema natale.

Criticare le giustificazioni metafisiche e non falsificabili date dagli astrologi moderni quando i transiti non “funzionano”.

Offrire una visione alternativa e sperimentale della meccanica astrologica.



🌌 1. Le origini dell’astrologia: osservazione celeste, non introspezione

L’astrologia è nata come scienza dell’osservazione del cielo, e non come sistema simbolico né come strumento di crescita personale. Le prime civiltà osservavano:

le fasi lunari,

i moti retrogradi dei pianeti,

le congiunzioni visibili,

le eclissi,

le levate eliache delle stelle.

A quei fenomeni venivano associati eventi concreti e collettivi: guerre, pestilenze, inondazioni, abbondanza o carestia. Non c’era ancora alcun concetto di tema natale individuale.

👉 In questa fase, gli effetti astrologici erano generalizzati e oggettivi, e non dipendevano da una carta personale.



🧭 2. Il passaggio dalla ciclicità naturale al tema natale

Solo in epoca greco-ellenistica, l’astrologia comincia a trasformarsi:

Viene introdotto il concetto di tema natale individuale.

Si sviluppano i segni zodiacali come sfondo simbolico, in luogo delle costellazioni reali.

Si iniziano a calcolare i transiti dei pianeti rispetto ai punti natali.

Questa trasformazione non è originaria, ma secondaria, e rappresenta una sofisticazione interpretativa nata in un contesto culturale filosofico e simbolico.

👉 Dunque, l’idea che i pianeti esercitino un’influenza perché transitano sui punti natali è una costruzione storica, non un dato di osservazione originaria.


🌀 3. Il paradosso dei transiti: lo strumento più usato… ma il meno coerente

Eppure, per secoli, l’astrologia si è basata proprio su questi transiti. Ma qui nasce un problema enorme, che solo pochi astrologi hanno il coraggio di affrontare con onestà:

> I transiti planetari non funzionano sempre.

Non sempre un transito importante corrisponde a un evento rilevante.

A volte transiti "pesanti" passano senza lasciare traccia.

Al contrario, eventi importanti accadono senza alcun transito evidente.

Questo ha generato una profonda dissonanza tra la teoria e la realtà osservabile.



🔁 4. Le rivoluzioni solari e lunari: più efficaci, più chiare, più coerenti

In anni di esperimenti e osservazioni personali, è stato verificato che:

Le rivoluzioni solari (RS) descrivono con estrema precisione la qualità dell’anno.

Le rivoluzioni lunari (RL) mostrano con chiarezza gli eventi e i climi del mese.

Spesso, anche eventi minori sono indicati dalla RS e RL, ma non dai transiti.

👉 Questo dimostra che l’effetto astrologico non dipende dai transiti, bensì da un altro meccanismo: la ripetizione ciclica reale di un ritorno planetario, che apre un nuovo “tempo personale”.

La RS e la RL funzionano come nuove carte attive, non come accessori del tema natale.


🧨 5. L’assurdità delle giustificazioni metafisiche

Di fronte a questi malfunzionamenti dei transiti, molti astrologi cadono in giustificazioni arbitrarie:

“La persona non era connessa al cielo”.

“Mancava la fede nel simbolo”.

“Il transito agisce a livello invisibile, spirituale”.

“Il karma non era pronto”.

Queste spiegazioni sono inconfutabili, cioè non si possono né provare né smentire. Ma proprio per questo non hanno valore scientifico né osservativo.

Al contrario, il fatto che le RS e RL funzionino a prescindere da tutto ciò, dimostra che:

l’effetto astrologico è oggettivo e reale, non spirituale né psicologico.

esiste anche quando i transiti falliscono.

👉 Chi non prende atto di questo, non fa astrologia, ma costruzioni ideologiche.


📉 6. Perché allora i transiti hanno dominato l’astrologia?

Questo è il grande nodo storico. Perché i transiti sono diventati lo strumento dominante, anche se non sono il più efficace?

Le ragioni sono molteplici:

a) Praticità e visibilità

I transiti sono facili da osservare anche a occhio nudo.

Sono facili da insegnare e schematizzare.

b) Tradizione consolidata

Gli autori classici li hanno usati (insieme ad altri strumenti), ma col tempo si sono cristallizzati nella didattica astrologica moderna.

c) Psicologizzazione moderna

L’astrologia novecentesca ha reso i transiti strumenti di crescita interiore: se non accade nulla fuori, si dice che "qualcosa sta succedendo dentro".

Ma così non è più verificabile nulla.

d) Bias di conferma

Gli astrologi spesso cercano il transito a posteriori per spiegare ciò che è già accaduto.

I casi in cui non c’era alcun transito sono ignorati o razionalizzati.


...Verso un modello ciclico, oggettivo e verificabile dell’effetto astrologico


🧬 7. Il tema natale: struttura di base, ma non motore degli eventi

Dopo quanto osservato, dobbiamo riconsiderare il ruolo del tema natale. Non va eliminato, ma ridimensionato. Il tema natale è come:

un codice genetico astrale: predispone, indica potenzialità, punti sensibili.

Ma da solo non genera il movimento. È una mappa statica.

Senza attivazioni esterne (rivoluzioni, ritorni, direzioni), il tema natale rimane inerte. È come il seme: ha tutto il DNA dell’albero, ma non cresce se non viene piantato nel tempo.

👉 Quindi, il tema natale non è il centro della dinamica astrologica, ma il fondale, la base informativa.



🔄 8. Le rivoluzioni come “portali ciclici”: l’astrologia è tempo, non geometria

Le rivoluzioni solari e lunari vanno intese come soglie temporali attivanti, in cui:

Il ritorno reale di Sole o Luna in una certa posizione apre un nuovo campo di eventi, indipendente dal tema natale.

Quella carta ha valore in sé, perché descrive l’energia dominante del periodo.

Questo ci porta a un’idea rivoluzionaria:

> L’astrologia non è geometria celeste su un punto fisso (il tema natale), ma danza ciclica del tempo personale nel tempo cosmico.

Il ritorno del Sole (RS) o della Luna (RL) crea un tempo soggettivo, un “clima esistenziale”, come se si aprisse una nuova stagione interiore.

👉 Questo spiega perché le rivoluzioni funzionano anche quando i transiti falliscono.


⚙️ 9. I transiti come modulazioni e detonatori, non cause

I transiti non vanno esclusi del tutto, ma ripensati radicalmente:

Funzionano solo se si innestano su un campo già attivo (RS o RL).

Sono modulazioni secondarie: danno tono, intensità, variazioni locali.

Possono agire da detonatori, se il campo è saturo (es. un transito su un punto critico della RS).

Altrimenti, passano senza effetto, o generano rumore interpretativo.

👉 Dunque, l’errore non è usare i transiti, ma farli diventare l’unica chiave di lettura, scollegandoli dal tempo ciclico in cui dovrebbero agire.


📚 10. Il paradosso della didattica astrologica

La didattica astrologica moderna ha spesso invertito la gerarchia logica:

Si insegna prima il tema natale, poi i transiti, e solo in un secondo momento le rivoluzioni (quando vengono insegnate).

Questo ha portato intere generazioni a cercare eventi nei transiti, trascurando il tempo reale dell’anno e del mese, descritto da RS e RL.

Il risultato?

Molte frustrazioni interpretative.

Spiegazioni forzate.

Eccesso di simbolismo scollegato dall’esperienza concreta.

👉 Una vera riforma dell’astrologia deve invertire l’ordine: partire dai cicli attivi (RS e RL), per poi valutare i transiti solo come sfumature secondarie.



🧭 11. Verso un nuovo modello: astrologia ciclica e sperimentale

Alla luce di tutto quanto detto, possiamo proporre un modello coerente, realistico e verificabile:

🔹 A. Il tema natale come fondale di potenzialità

Contiene predisposizioni, talenti, vulnerabilità.

Non genera eventi.

🔹 B. Le rivoluzioni solari e lunari come campi attivi di tempo personale

Ogni RS o RL è una nuova carta viva.

Determina il tipo di esperienze probabili, a prescindere dai transiti.

Può agire anche senza il supporto dei transiti.

🔹 C. I transiti come modulatori condizionati

Solo se c’è attivazione del tempo da parte di una rivoluzione, il transito può agire come:

detonatore,

rinforzo,

acceleratore.

Altrimenti è un movimento muto.


🔚 12. Conclusione: rigore, sperimentazione, disincanto

Riconoscere che i transiti non sono sempre efficaci, e che le rivoluzioni funzionano con maggiore precisione, non è una sconfitta per l’astrologia. È, al contrario, una sua liberazione.

Liberazione dal dogma del tema natale come centro assoluto.

Liberazione dalle giustificazioni metafisiche non falsificabili.

Ritorno alla radice osservativa, concreta, ciclica dell’astrologia.

Questa è una strada che pochi percorrono perché richiede:

esperienza diretta, non ripetizione di manuali,

umiltà sperimentale, non dogmatismo simbolico,

e soprattutto, coraggio di mettere in discussione ciò che si è sempre detto.

Ma è da qui che può nascere una nuova astrologia vera, concreta, utile.

Una astrologia fondata sul tempo reale, non sulle proiezioni arbitrarie.

02 agosto 2025

La spiritualità è meglio della scienza?


 Astrologia e spiritualità: quando il cielo diventa un dogma e la fede un'arma


Negli ultimi anni, assistiamo a una proliferazione di interpretazioni astrologiche che si avvalgono di concetti spirituali molto personali, spesso trasformati in verità assolute e non verificabili. Tra queste, una delle affermazioni più curiose – e per certi versi inquietanti – è quella secondo cui i transiti planetari funzionerebbero soltanto se la persona è "connessa col cielo", cioè, in qualche modo, spiritualmente allineata con l’universo. La premessa? Che solo chi ha fede può cogliere l'effetto dei transiti astrologici. In caso contrario, nulla si muove.


Questa affermazione richiama il principio ermetico "come in cielo, così in terra", ma lo piega a un uso che finisce per deformare completamente sia il senso originario di quell'aforisma, sia lo spirito stesso dell'indagine astrologica. Il rischio è di costruire una nuova forma di dogmatismo spirituale, che ha poco a che fare con la serietà di un sapere millenario e molto invece con l’arroganza fideistica.



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Quando la spiritualità diventa


ideologia


C’è un aspetto profondamente problematico in questa nuova tendenza: la sacralizzazione delle opinioni. Dire che l’astrologia “funziona” solo con la fede equivale a trasformarla in una religione personale, anziché uno strumento di osservazione e riflessione. In pratica, se un transito non si verifica, la colpa non è nel modello astrologico, ma nella mancanza di connessione spirituale da parte dell’individuo. È un meccanismo perfetto per deresponsabilizzare l’astrologo e colpevolizzare il consultante.


È lo stesso tipo di logica che si incontra in alcune sette religiose: se la preghiera non è esaudita, è perché non hai pregato con abbastanza convinzione. Il problema non è mai nel sistema di credenze, ma nella tua inadeguatezza.



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L’uso spirituale dell’astrologia come forma di bullismo intellettuale


Il vero pericolo emerge quando questa visione viene usata per zittire, delegittimare o bullizzare chi si pone domande, chi adotta un approccio più empirico, o anche solo chi osserva che, in certi casi, i transiti non sembrano manifestarsi nel modo atteso. Invece di prendere questi casi come spunto per riflessione o revisione, si preferisce ricorrere all'argomento spirituale: "non sei connesso", "non sei pronto", "non hai abbastanza fede".


È una forma subdola di violenza culturale. Una maniera per mettere a tacere il dissenso, instillando il dubbio che chi pone domande sia "spiritualmente inferiore", o addirittura cieco davanti all’evidenza del cielo. È un messaggio che sotto una veste mistica nasconde il bisogno di superiorità, e che rischia di creare dinamiche settarie anche in un ambito che dovrebbe essere pluralista come quello astrologico.




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Il disprezzo verso la scienza: un altro sintomo del problema


Chi sostiene queste posizioni spesso aggiunge un'altra condizione: l’astrologia non dovrebbe nemmeno dialogare con la scienza, anzi, la scienza viene accusata di limitare la vera conoscenza. Ma un’astrologia che rinuncia al confronto con l’osservazione, che si chiude nella torre d’avorio della fede personale, si autocondanna all’irrilevanza. È il trionfo dell’autoreferenzialità: si ha ragione a prescindere, proprio perché si crede di avere accesso a una verità superiore.


Il paradosso è che molte di queste visioni spirituali parlano di apertura, coscienza, energia, amore universale, ma nella pratica sono profondamente chiuse, escludenti, spesso aggressive. Chi non crede, chi dubita, chi fa domande, chi osserva, chi analizza... viene trattato come una sorta di “eretico della nuova spiritualità”.



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Astrologia come sistema di verifica, non di fede


L’astrologia ha senso nella misura in cui si fonda su osservazione, ripetizione, confronto, deduzione, analisi. Funziona quando si mette alla prova, non quando si invoca come dogma. Ogni teoria astrologica – dai significati dei pianeti ai meccanismi dei transiti – dovrebbe essere verificabile nella realtà concreta. Non può reggersi sulla frase “se non lo vedi, è colpa tua”. Questo è fideismo, non ricerca.


Ecco perché è fondamentale recuperare un atteggiamento critico, sobrio, capace di distinguere ciò che si può verificare da ciò che è solo suggestione personale o credenza spirituale. Le esperienze soggettive sono importanti, ma non possono diventare la base universale per giudicare se qualcosa “funziona” o meno.



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Conclusione: spiritualità sì, ma non come scudo all'autocritica


La spiritualità, intesa come apertura alla dimensione simbolica, non deve essere bandita dall’astrologia. Ma deve rimanere uno strumento, non un ricatto. Deve essere il terreno fertile in cui nasce una riflessione profonda, non la clava con cui si colpisce chi osa pensare in modo diverso.


L’astrologia può essere un grande linguaggio di connessione tra cielo e terra, tra macrocosmo e microcosmo, ma solo se resta libera di essere interrogata, analizzata, discussa, e persino contraddetta. Solo così potrà evolvere davvero, senza trasformarsi nell’ennesimo culto autoreferenziale in cerca di adepti più che di verità.