26 marzo 2015

L'astrologia e la psicologia della comunicazione. 2^ parte.

Pensieri estemporanei sugli studi della psicologia della comunicazione. 

Prima del processo della comunicazione abbiamo una fase motivazionale legata al coinvolgimento verso una data tematica. Questo può essere duraturo o situazionale e generalmente ha rilevanza personale quando questo stimolo in qualche modo va a risvegliare e coinvolgere quelli che sono i modelli del sé che come ho spiegato ieri si fondano sulla propria esperienza. 
Questi modelli a loro volta si basano sui nostri valori (da non confondere coi principi che sono invece stabili e su cui si fonda il sistema di giudizio.

Analizziamoli.

1) Abbiamo valori strumentali che si riferiscono a modi per raggiungere un obiettivo; 
2) terminali quelli che invece riguardano i modi per raggiungere uno stato psicologico.

Flosh fa una distinzione in pratici, utopici, critici e ludici.
I valori ci spingono al raggiungimento di un obiettivo che rappresenta sempre il fatto di individuare il problema che automaticamente deve confrontarsi con quella situazione ideale espressa proprio dal nostro valore. Quando vi è insoddisfazione allora significa che esiste una frizione tra il proprio stato attuale e quello ideale. Molto di frequente le pubblicità mettono in atto dei piani strategici per evidenziare un problema che prima di allora non era considerato dal soggetto. L'individuazione del probelma conduce automaticamente al raggiungimento di uno stato ideale, ovviamente se il soggetto risponde in maniera cognitiva e in maniera emotiva, in maniera significativa, al valore espresso dal problema. 
L'insoddisfazione dunque è data da qualcosa che manca e quindi da un vuoto che bisogna colmare. Non escludo che l'energia libidica relativa al Sole nelle Case possa rappresentare il bisogno di colmare un vuoto, proprio espresso dal settore. Come scritto nel post precedente è necessario approfondire questo discorso in una seconda fase e quindi rimaniamo a livello di ipotesi e di nozionismi. Per approfondire comunque vi rimando alla lettura di altri articoli in cui ho affrontato questa tematica.

I bisogni in effetti sono delle forze interne e già in passato ne ho parlato ampiamente quando disquisivo sul valore psicologico delle Case astrologiche. Questi bisogni creano una tensione e l'obiettivo del soggetto è raggiungere un qualche tipo di equilibrio. Non è detto che questa ricerca sia cosciente ed è molto facile che il soggetto sia spinto da meccanismi euristici durante questo processo. 

Maslow afferma che esistono dei bisogni prioritari e solo dopo aver soddisfatto questi è possibile appagare anche i secondi. Lui fa la categorizzazione in bisogni fisiologici, bisogni di sicurezza,  bisogni sociali  di stima, bisogni  di auto-realizzazione e crescita. Si potrebbe tentare un parallelismo tra questi e le Case astrologiche, ma rimando ciò a un lavoro successivo giacché c'è prima di tutto da convenire se questa categorizzazione può essere esaustiva. 
Infatti Arcuri fa un ulteriore distinzione: 
1) il bisogno ego-difensivo  che serve a nascondere aspetti negativi di sé, a negare ciò che non vogliamo accettare;
2) conoscitivo per il giudizio e la classificazione; 
3) di norma per i riferimenti normativi;
4) di adattamento sociale per integrarsi e condividere.
Secondo Wicks i bisogni sono funzionali, pratici, espressivi, emotivi, estetici.

Sono dunque i bisogni il motore che ci spinge ad accettare un testo e quindi a essere disponibili alla comunicazione. Pertanto, la posizione stessa di Mercurio che rappresenta la comunicazione in senso lato, non ha alcun senso se prima non prendiamo in considerazione il bisogno da cui scaturisce poi la necessità di comunicare. Per questo ho sempre affermato che ogni posizione astrologica, ogni pianeta deve essere sempre ricondotto alla posizione del Sole nelle Case (metodo Placidus). Solo seguendo questa direttiva è possibile, a mio parere, affrontare una lettura del TN senza dover necessariamente sconfinare nell'utilizzo di elementi astrologici accessori come Chirone o la Luna Nera che, sempre a mio modesto parere, possono solo confondere e allontanare il soggetto da una interpretazione corretta.

Altro fattore degno di considerazione è l'intelligenza. È naturalmente per mezzo di essa che possiamo realizzare i nostri bisogni. Infatti l'intelligenza consiste nell'abilità di conoscere fatti e il funzionamento delle cose in funzione di un adattamento. Popper stesso (e l'ho citato più volte su questo sito) diceva che tutta la vita è risolvere problemi e questo dipende proprio dal fatto che l'uomo tende al raggiungimento di una condizione ideale, quella a cui alludevo parlando dei bisogni. 
Quindi intelligenza è la velocità di apprendimento ma anche la velocità di adattamento alle circostanze; è la capacità di elaborare il maggior numero di variabili di una determinata situazione. Ovviamente esistono delle scorciatoie del pensiero che spingono il soggetto alla generalizzazione e quindi ad affrontare la valutazione di fatti, persone, situazioni, in maniera sintetica e superficiale (basti pensare a chi generalizza sulle donne o sugli uomini affermando che sono tutti uguali). 
L'intelligenza non è solo cognitiva ma è anche emotiva e riguarda la creatività e l'intuito basandosi su quella parte destra del cervello adibita per tale scopo.

L'intelligenza dipende anche dall'opportunità a elaborare quindi dal contesto, dall'ambiente. Mercurio è il fattore astrologico legato all'intelligenza anche se io penso che riguardi più il modo in cui raccogliamo il materiale e il tipo di materiale da cui siamo attratti. Anche in questo caso sarà necessario approfondire il discorso in articoli successivi, scritti che saranno molto più elaborativi e in cui cercherò di tracciare delle conclusioni più ponderate. 

Il tempo incide sull'elaborazione; infatti la pressione del tempo ci mette nelle condizioni di elaborare solo le cose negative. Inoltre anche il fattore distrazione incide sull'elaborazione dell'informazione e la quantità stessa di informazioni (troppa o poca informazione) può aumentare la possibilità di bias e quindi la possibilità di memorizzare e ricordare.

Durante la fase iniziale del processo di comunicazione abbiamo l'esposizione allo stimolo, contatto fisico o sensoriale col messaggio, con l'oggetto di studio, con l'immagine pubblicitaria o con qualsiasi altra cosa sia oggetto della nostra attenzione.
Qui subentrano fattori soggettivi come il fatto che sia il soggetto stesso ad esporsi alla fonte ma possiamo considerare pure l'esposizione accidentale per mezzo della cartellonistica pubblicitaria o dei passaggi pubblicitari in TV (nel caso ovviamente si parli di questa, ma possiamo prendere in considerazione qualsiasi altro stimolo non pubblicitario per fare questo discorso).

L'esposizione è oggettiva quando vi è una pianificazione degli spazi pubblicitari da parte del mittente. Miller afferma che la nostra attenzione può essere focalizza su "blocchi" o riducendo l'informazione a questi. Lui chiama Chunk i blocchi di informazioni a cui noi facciamo riferimento per la memorizzazione: per esempio, quando si parla di memorizzare un numero di telefono dividiamo il numero stesso in gruppi, appunto in Chunk.

Abbiamo i processi pre-attentivi quando lo stimolo non ha ancora raggiunto la coscienza; tuttavia il cervello  prende tutto quello che passa dagli organi di senso sopratutto dalla vista. A quel punto l'attenzione si dirige lì dove lo stimolo visivo è saliente, cioè in qualche modo attrae la curiosità del soggetto. 
Gli stimoli rilevanti sono dati da immagini che stimolano i nostri bisogni; ma catturano la nostra attenzione anche quelli sorprendenti, quelli piacevoli. La nostra attenzione ovviamente è colpita anche dal volume e dagli oggetti in movimento; quindi la pubblicità e la comunicazione in generale deve basarsi su questi presupposti minimi, altrimenti il destinatario dell'informazione finisce per distrarsi o per tralasciare lo stimolo.  È naturale comprendere come all'interno dei supermarket ogni prodotto sia caratterizzato da un colore che in qualche modo possa catturare l'attenzione. Comunque la vista rimane l'organo più importante (gli altri organi di senso lo diventano per i ciechi ovviamente). 

La terza dimensione è un effetto che non riguarda la vista, ma è prodotta direttamente dal cervello. Molto interessante il processo di elaborazione da parte di quest'ultimo. 
Abbiamo un primo stadio in cui il soggetto identifica contorni, linee, macchie, poi nel secondo stadio il cervello, appunto attraverso la visione binoculare crea la percezione della profondità e unifica i campi precedenti. Nel terzo passaggio abbiamo la classificazione dell'immagine in base a un catalogo mentale: avviene un confronto tra l'oggetto e l'immagine contenuta in memoria, avviene il riconoscimento che spesso è legato anche ad altri processi, come quelli emotivi: non è difficile che rievocare alla memoria un oggetto che attivi contemporaneamente circuiti cerebrali paralleli e adiacenti a quelli relativi a questo stimolo, e che riguardano fatti collegati appunto a quell'immagine. Ne ho parlato esaurientemente nei miei articoli di psicobiologia. 
In ultimo abbiamo la descrizione semantica dell'oggetto, ossia quel che significa e la parola che usiamo per descriverla. Allo stesso modo della percezione visiva, nella comunicazione avviene una elaborazione che possiamo definire script e che consiste in questa schematizzazione che finisce per divenire automatizzata.

Come detto prima, anche gli stimoli uditivi, olfattivi, tattili, legati al gusto hanno una componente importante nel processo di elaborazione e comprensione del mondo. Per esempio con l'udito si mette in evidenza il famoso effetto "cocktail party" che consiste nel scegliere un canale preferenziale a cui dare attenzione, quando abbiamo una moltitudine di stimoli uditivi. Il cervello riesce a codificare sino a tre canali, ognuno dato da una delle due orecchie e il terzo da entrambe. 
Nella pubblicità diviene molto importante il volume che stimola l'attenzione mentre il ritmo è importante perché influisce sul comportamento: quello accelerato ovviamente è assai differente da uno più lento che esercita un effetto calmante sull'individuo. Il tatto assume valore notevole in quanto mette in risalto il concetto di possesso; mentre l'olfatto e il gusto sono più ricollegabili a ricordi di tipo affettivo. 

Ancora sul discorso della vista nel processo della comunicazione e del processo pre-attentivo, possiamo aggiungere questo: giacché il nostro cervello è strutturato in funzione delle diversità e delle similitudini tra oggetti (anche e sopratutto attraverso il pensiero analogico di cui ho parlato infinite volte- rimando alla lettura dei miei numerosissimi articoli-) allora compie una massimizzazione della somiglianza di alcuni prodotti (o immagini) comparandoli con uno che è considerato il prototipo della categoria stessa. Questo mette in evidenza il processo di simbolizzazione innato e come questo in qualche modo ci riconduca alla questione degli archetipi (le inferenze sono sottintese, ma chi mi segue da tempo e ha letto i miei numerosi articoli, non dovrebbe esserci problema a seguire il discorso); infatti come prototipo di una categoria possiamo prendere in considerazione anche elementi più astratti. 
La categorizzazione avviene su diversi livelli:

il primo si riferisce a quello super-ordinato in cui sono colte le caratteristiche generiche dell'oggetto (per esempio se è una bevanda). Il secondo invece è di base e si riferisce alla specificazione (se la bevanda è alcolica o analcolica) e il terzo è detto subordinato e si riferisce a un'ulteriore categorizzazione (se la bevanda alcolica è per esempio a bassa o alta gradazione, e se la bevanda analcolica è con zucchero o dietetica).  

il modello "AMO" della comunicazione, parte da questi presupposti di categorizzazione per affrontare il tema dell'abilità, della motivazione dell'opportunità di elaborare un testo. Questo modello mette in evidenza, che a una categorizzazione base del testo corrisponde una discreta dose di attenzione e di motivazione. L'interpretazione avviene in modo rozzo e col minimo sforzo. Con un buon livello di attenzione abbiamo la possibilità di collegare per esempio la marca alla colonna sonora dello spot. Insomma, siamo capaci di riconoscere elementi che per noi hanno carattere saliente. In una fase ulteriore di attenzione e di motivazione siamo capaci di cogliere un legame tra la marca e e la nostra immagine del sé; quindi vi è un processo di identificazione basato su un'esperienza emotiva. L'ultimo stadio è rappresentato da un processo costruttivo in cui il soggetto immagina uno scenario in cui vede se stesso in relazione all'ambiente con il nuovo prodotto (o il sapere acquisito).