23 febbraio 2018

Le vere origini dell'astrologia



Panta rei. Tutto scorre, tutto evolve. 
Ma c'è sempre un inizio per ogni cosa. 
Relativamente alla questione astrologia, sappiamo sia un sapere che nel corso dei secoli ha subìto numerose trasformazioni, anche in virtù delle mode, delle filosofie, delle culture, delle tradizioni dei popoli che l'hanno studiata. 

Per esempio sappiamo che c'è stato un tempo in cui si passò dallo zodiaco delle costellazioni allo zodiaco dei segni. E c'è stato un tempo in cui l'astrologia si mischiò prima con l'esoterismo e poi con la psicologia. 

Ma deve esserci stato un momento in cui fu inventata l'astrologia, un momento in cui tutto ebbe inizio. L'astrologia, così come più o meno la conosciamo ha circa 2500 anni; ma la sua storia è molto più antica. 

Prima di perdere la sua valenza religiosa per divenire unicamente tecnica matematica, l'astrologia era culto astrale. Cioè, prima che i Greci applicassero l'astrologia spogliandola dai riferimenti mitologici (infatti non esistono analisi astrologiche dove si parla del rapporto tra posizioni astrologiche e miti), i pianeti erano espressione di potenze divine presso i Babilonesi. 

Perciò quel che animò gli uomini a "inventare" l'astrologia, prima di tutto fu il bisogno di creare un rapporto tra sé e l'ambiente circostante, ma vissuto attraverso il sentimento del numinoso.
 
Grazie ai miei studi in campo antropologico e psicologico sono stato il primo a ipotizzare che i culti astrali prima della codificazione delle posizioni astrologiche, erano influenzati dall''idea che i pianeti potessero essere intesi come sostituti delle figure genitoriali.

Per arrivare a questa ipotesi sono partito dagli studi sul totemismo. Questo è un complesso di credenze che si basano sul presuppostoche esista un legame particolare tra un individuo (o una classe di individui) e un elemento della natura (animale o pianta). 

Il totemismo ha una natura sociale-organizzativa e una religiosa. Quella religiosa si basa su delle proibizioni: non si può per esempio mangiare l'animale o la pianta totem poiché essi sarebbero elementi a cui si è imparentati, per wqualche motivo di ordine mitico, custodito nella tradizione di quel clan, tribù. Dal punto di vista sociale incentiva all'esogamia, cioè a costruire rapporti con persone estranee alla propria famiglia. Non come afferma Freud per evitare incesti, ma semplicemente per aumentare più facilmente il numero dei componenti di una famiglia. In soldoni, si parla di una maggiore apertura al prossimo per incentivare la solidarietà. Ma solo con chi appartiene a totem "amici" al proprio, sempre stabiliti attraverso ragionamenti che affondano nel mito.

Il tetemismo, perciò presuppone la divisione del mondo in figure parentali stabilite sulla base di analogie: è parente quel che somiglia per qualche motivo e ci si può unire solo a persone con un totem "simpatico" al proprio. Quindi il totemismo si basa sull'analogismo. 

Dunque, la mia ipotesi è che l'astrologia derivi da culti astrali che a loro volta derivano dal totemismo (come afferma C.Lévi-Strauss, non si faccia l'errore di pensare che esista un solo tipo di totemismo): in antica mesopotamia, per esempio, ogni città era sotto il dominio di una divinità; e il sovrano stesso era un totem vivente poiché era "imparentato" con la divinità.

Appartenere a un segno zodiacale significa avere un "animale totem" che ci è "parente" perché ci somiglia per qualche motivo. E ciò significa che ci saranno totem, ovvero famiglie, categorie di persone, gruppi, appartenenti a totem con cui legare o meno, secondo principi mitici o matematici. Per esempio sono affini i segni che sono in trigono, cioè a 120 gradi di distanza all'interno di un cerchio immaginario che rappresenta la volta del cielo.

Quindi ciò conferma la mia idea secondo cui il rapporto tra uomo e cosmo dipende dal desiderio che il primo ha di creare figure parentali col secondo, proiettando in cielo appunto dei contenuti interni stabiliti da un'ordine spesso spaziale (per esempio, come accade in alcune tribù australiane, se al momento della nascita ci è vicino un animale, quello diventa il nostro totem- da non confondere con il Manitù, l'animale o lo spirito guida che invece compare in sogno).

Qualcuno mi fece notare che il termine proiezione si riferisce a qualcosa che abbiamo dentro ma che non esiste in effetti. Difatti non è vero che i pianeti sono Dèi, o i nostri genitori. Ma è da questa proiezione che nasce l'interesse verso l'espressione concreta del pianeta nella vita di tutti i giorni. 

Se nessuno avesse mai avvertito un sentimento (poi svanito col tempo) che faceva sentire la gente come se fosse "imparentata" coi pianeti (perché divinizzati), non vi sarebbe stata grande attenzione, a mio parere, a quel che veramente i pianeti avevan da dirci (e han da dire ancora) dal punto di vista astrologico. 

Questo è secondo me, come ebbe inizio l'astrologia. Naturalmente è poco ed è necessario portare delle prove. Questo naturalmente non ci dice perché l'astrologia funziona e come funziona; non ci dice come in effetti gli antichi fecero a scoprire quali sono le caratteristiche dei pianeti e dei segni. Ma è mio obiettivo scoprirlo andando a scavare nella mente dell'uomo antico.
Siete pronti a seguirmi in questo viaggio? 

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CHIUNQUE VOGLIA DIVULGARE TALI MIE IPOTESI E' INVITATO A CITARE LE FONTI.

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Non daremo mai a nessuno la soddisfazione di vederci tristi.    

  

17 febbraio 2018

Prima di sparare pensa


Prima di sparare pensa, ovvero:  interpretare i fatti senza farsi condizionare dai pregiudizi. 

Un anonimo, nel mio post precedente ha lasciato un commento dove si chiede come mai io abbia denigrato la medicina dicendo che non è una scienza. Inoltre:
parlare di un caso di cronaca significa fare sciacallaggio?

Oggi parliamo di: SCIENZA ED ETICA


Ero indeciso se far passare il commento di quell'anonimo oppure no. Poi ho pensato che a me piace molto dare un insegnamento positivo, per ogni cosa che faccio. Perciò quel commento mi ha dato l'occasione per parlare di scienza e di etica secondo il mio punto di vista cosicché l'anonimo possa cominciare a comprendere i fatti dandogli un taglio interpretativo diverso. Se le mie risposte possono essere utili per allargare la sua mente e la mente di altri, allora non avrò sprecato il mio tempo.

Mi perdoniate se posso sembrare un po' saccente; ma lasciatemi spiegare. Ebbene sì, perché se l'anonimo dice che io sto denigrando la medicina, vuol dire che sta interpretando i fatti secondo il suo punto di vista, che non è assolutamente il mio. Per quale motivo dovrei denigrare la medicina dato che mio padre era un medico? Vediamo di capire perché mai dico che la medicina non è una scienza e se ciò equivale a una denigrazione.

Qualche mese fa ebbi modo di partecipare al festival delle neuroscienze. Tra i relatori c'era il dottor Enzo Soresi, luninare della scienza, che presentava il suo ultimo libro. Durante l'incontro più volte disse che la medicina non è una scienza. Voleva forse denigrare i suoi colleghi, la sua categoria, la sua formazione? Assolutamente no. Semplicemente si tratta di onestà e umiltà. Se si parla di scienza generalmente si pensa a qualcosa di affidabile al 100%. La medicina non è affidabile al 100%. E questo lo dicono i medici, non io. Lo dicono i fatti, non io. Esistono variabili umane tali che una terapia, a Tizio funziona e a Caio no. Perciò i test diventano validi su larga scala. Ciò che è statistico NON E' SCIENTIFICO. Scientifico è quel che funziona sempre e comunque, senza possibilità di errore, conoscendo le condizioni di partenza. Ora, in questo senso la medicina non è una scienza. Punto.

Il problema è che per scienza, più "elasticamente" si intende qualsiasi sapere che richiede l'applicazione del metodo scientifico. E perciò in tale categoria rientra la psicologia e potremmo far ricadere in essa anche l'astrologia se vogliamo essere ancora più elastici. Ma scienza non è. Si tratta semplicemente di onestà.
Consiglio la lettura di questo articolo:
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La "mente daltonica"

Ecco: c'è chi la vede come una denigrazione e invece è onestà. La questione è che quando si parla di scienza automaticamente ci si sente autorizzati a dire che tutto ciò che non è scienza è cacca. Ma questa non è certo la mia intenzione e nemmeno ho una mentalità così chiusa. All'opposto, la medicina è la regina dei saperi (non delle scienze) per via della capacità ermeneutica, intepretativa, umana, che bisogna possedere per poterla praticare. Ci vuol qualcosa in più della semplice e fredda applicazione del metodo scientifico.

Quindi, dire che la medicina non è una scienza (esatta) non rappresenta alcuna denigrazione. Semmai è la presa di coscienza dei limiti di tale disciplina, nonché l'esaltazione della componente umana. Quando si parla di astrologia, però, i detrattori dicono che se non è una scienza allora è cacca. Ma se non lo è nemmeno la medicina, perché si pretende questo dall'astrolgia? Spero adesso abbiate capito il punto della questione. Ovviamente non possiamo paragonare la medicina all'astrologia perché la prima si avvale di un metodo di indagine oggettivo e la seconda, molto spesso no.

Ma siccome io seguo la filosofia di Dummet che vede il sapere disposto lungo un continuum che va dall'arte alla scienza, allora non pongo steccati e palizzate, confini netti, tra un sapere e l'altro. Perché se facessimo così allora autorizzeremmo certi signori a sentirsi superiori a chi non pratica saperi assolutamente scientifici. Questo sarebbe il vero denigrare. Ora, non mi aspetto che tutti condividano questa posizione; ma almeno spero che abbiate compreso che ho fatto l'esatto opposto di quel che sembra. 

Solo sciacalli?

Ora veniamo al secondo punto: la prima cosa che mi viene in mente sono quei giornalisti che vanno in Afganistan o in Siria per documentare quel che accade. Forse qualcuno pensa che non sognano di ricevere il premio Pulitzer? E cosa c'è di male? Se parlare di un certo argomento, anche scabroso, potesse servire per diffondere il proprio messaggio, e se questo messaggio permettesse di ottenere anche visibilità, cosa c'è di male? L'importante è che la visibilità non sia fine a se stessa: non ho certo bisogno di quella visibilità che si ottiene senza dare nulla in cambio! Mi sembra di aver dimostrato chiaramente il mio impegno in diverse direzioni: dal campo della previsione, al campo della storia dell'astrologia, al campo dell'astrologia psicologica etc. etc. Quel che offro è la mia competenza. Forse non sono il massimo; ma aspiro a diventarlo. Forse non lo sarò mai, ma almeno ci provo. Se questa competenza mi permettesse di raggiungere un pubblico sempre più vasto, cosa ci sarebbe di male? Certo, anzicché avere due o tre hater psicopatici ne avrei molti di più; ma questo è quel che accade a chi si espone ed è un rischio che sono disposto a correre se voglio divulgare le mie conoscenze.

Mi permettete un consiglio? Non lasciatevi suggestionare da voci e dicerie: ragionate sempre con la vostra testa e tenete la vostra mente sempre bene aperta perché giudicare senza capire non serve a niente. Insomma, non siate vittime del pregiudizio. Parafrasando Federico Moro, prima di sparare, pensa... 

Certe volte, la cosa che mi spaventa di più è chi vede il nero dove non c'è: è la "mente daltonica".

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NON DARE MAI A NESSUNO LA SODDISFAZIONE DI VEDERTI TRISTE.

14 febbraio 2018

Il senso di colpa e Saturno

Per quel che ci succede possiamo dare la colpa a noi stessi o agli altri. Ma in entrambi i casi il giudizio non è che un primo passo verso qualcosa di più efficace: la risoluzione di un conflitto interno o esterno, a patto che ci siano i presupposti. 

Sia che si cerchi un colpevole e sia che la colpa sia la nostra, quel che ci limita è rimanere insabbiati nel passato. Ricordare qualcosa di spiacevole per aver trasgredito o per qualcuno che ha trasgredito un norma, un codice, un valore, ci fa stare male. 

Tanto più forte è un nostro valore e tanto più è dura la colpa da infliggere a noi stessi o agli altri. Perciò il senso di colpa va di pari passo con il nostro super-io, con Saturno. Attenzione: il super-io non è sempre il nostro benevolo genitore interiore; talvolta è anche il gerarca intransigente. Perciò più siamo rigidi con noi stessi o con gli altri e più grande sarà il senso di colpa che proveremo o che daremo a chi ha "osato" infrangere un nostro valore.

Esistono valori che sono più o meno universali e perciò più o meno condivisibili da tutti: per esempio è sensato sentirsi in colpa per aver commesso un omicidio ed è sensato accusare chi ha commesso un omicidio. Se invece parliamo del valore della "verità", la cosa diventa molto soggettiva: c'è chi non si sente in colpa per aver per esempio dato generalità false, ma accusa qualcuno che crede in certe teorie. 

Talvolta, infatti, accade di essere troppo intransigenti con gli altri e poco transigenti con noi. L'orgoglio, l'istinto di difesa, talvolta ci portano a dare poco peso a ciò che facciamo agli altri. Per esempio chi soffre di un disturbo narcisistico della personalità tende a non provare alcun senso di colpa per ciò che commette ai danni del prossimo. 

Esiste poi un altro senso di colpa, ossia quello che viene utilizzato per far fare agli altri quello che vorremmo: "sei cattivo se non mi dai un bacio", "sei un truffatore se credi in certe statistiche",  "sei un inetto se credi a certe cose". Insomma c'è chi ci vorrebbe far sentire in colpa se sosteniamo un'idea, una persona, o se non la sosteniamo. Manipolazione.

 E poi ci sono quei casi in cui diamo la colpa a noi stessi: "sono nato sfortunato", oppure "non dovevo dare tutta quella confidenza a quella persona", oppure "come ho potuto fare quell'errore grammaticale davanti a tutti?". Possiamo sentirci in colpa veramente per qualsiasi cosa; e molto cambia da persona a persona: ricordo di un mio compagno che in classe disse una parolaccia e se ne vergognò tantissimo. Si domandò: "chissà cosa adesso penseranno di me". Un altro invece si vantava di inventare ogni giorno nuovi turpiloqui da rivolgere ai professori senza curarsi di esser ascoltato o meno. 

Tutto dipende dai propri valori. Ma sembra che sia quasi più saggio provare senso di colpa per quel che si è commesso e allo stesso tempo sia meglio non essere troppo rigidi con gli altri: il fatto è che non tutti hanno lo stesso sistema di valori. Per taluni potrebbe far schifo chi si nasconde dietro un falso nome e per altri invece potrebbe far schifo chi non li lascia in pace. Insomma, ognuno sa' dentro di sé cosa è giusto e sacrosanto. In ogni caso, occorre buonsenso; e non è facile sia perdonare gli erorri commessi dagli altri e sia quelli commessi da noi stessi. È una cosa soggettiva, molto personale. 

E voi, perdonate di più gli altri o voi stessi? Io generalmente tendo più a perdonare gli altri tant'è che dopo qualche tempo dimentico quel che mi è stato fatto. Naturalmente, se il danno è reiterato allora è facile non dimenticarsene. Però c'è chi per forza vuol dare una punizione, spesso esemplare. Ed è sempre il Saturnino. 

Il Saturnino è giudicante. 
Chi ha Saturno in aspetto dissonante ai luminari tende a dare soprattutto la colpa a sé stesso. In ogni caso, la ricerca di un colpevole da punire è legata a Saturno. Punizione significa durezza, significa esercitare la propria intransigenza; significa ricordare i nostri valori. 

Ora, già il fatto che non tutti condividono gli stessi valori significa che ognuno può provare a modificarsi per essere più tollerante sia nei confronti degli altri e sia nei confronti di sé stessi. Se in passato qualcuno ci ha fatto del male, ormai è passato; ma è un passato che rimane assai presente persino nel futuro (scusate il gioco di parole).

Da notare che il passato è la Luna. Perciò il senso di colpa, evidentemente, è anche fortemente connesso a essa. Una memoria molto corta, certamente aiuta a perdonare e perdonarsi. Esattamente l'opposto per chi ha la Luna in posizione molto forte. E naturalmente non va dimenticato il segno dello Scorpione, che è vendicativo. Ciò lascia presupporre che la Luna deve necessariamentre avere un peso determinante per questo segno zodiacale. Che la Luna sia in esaltazione nel segno dello Scorpione, in trasparenza, in domicilio diurno o notturno che dir si voglia, non è importante al fine interpretativo. Ma sappiamo che se però lo Scorpione è generalmente vendicativo (o lo è una particolare tipologia di Scorpione), allora vuol dire che non dimentica facilmente e che quindi ha una gran memoria e che quindi è collegato alla Luna. Si parla però di una memoria che si attiva lì dove vi sono eventuali ferite. 

Certo, le ferite non si dimenticano tanto facilmente soprattutto se esse riguardano un valore per noi sacrosanto; ma c'è chi riesce a tollerare meno certe situazioni. E lo Scorpione, difatti sembra essere davvero poco tollerante (sia ben chiaro che questo segno ha mille pregi e non solo difetti).

Ma la vita merita di esser vissuta guardando avanti perché pensare alla colpa significa essere rigidi. Chi è troppo rigido non vive bene con sé stesso né con gli altri. Il senso di colpa ha senso purché non diventi patologico, una fissazione. Il senso di colpa che proviamo verso un nostro errore o dar la colpa a qualcuno per qualcosa che ci ha fatto può aiutarci ad autoregolarci: nel primo caso ci insegna a noncommettere più lo stesso errore, a imparare dall'esperienza; nel secondo caso invece ci insegna a evitare certa gente.

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NON DAREMO MAI A NESSUNO LA SODDISFAZIONE DI VEDERCI TRISTI.

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Io nelle vesti di esploratore nei sotterranei del castello Aragonese di Otranto.
Io davanti a una gigantografia del fotografo Toscani.
Certe volte il poco che abbiamo per noi è il molto di altri...

06 febbraio 2018

Astrologia psicologica di Al Rami

Cos'è l'astrologia?

L'astrologia così come la conosciamo oggi è l'insieme di idee, pareri, visioni, teorie, provenienti da un'infinità di persone. Tant'è che anzicché essere una disciplina codificata con regole universali è diventata una disciplina dove ognuno la vede come vuole. Questo mostra una specie di trionfo del soggettivismo rispetto all'oggettivo, forse in sintonia con un sempre crescente desiderio di protagonismo. Non che esso sia qualcosa da fuggiere come la peste; ma senz'ombra di dubbio può rappresentare uno squilibrio quando vi è un eccesso. Il fatto stesso che ci siano migliaia di autodidatti che salgono in cattedra vuol dire che le regole lasciano il tempo che trovano e che perciò ognuno vuole dettare le sue. E siccome siamo in democrazia non ci meravigliamo e nemmeno ci scandalizziamo. 

Tuttavia ognuno si indentifica o aderisce con una certa scuola di pensiero dove gli estremi sono il determinismo e il libero arbitrio. 
Per esempio l'astrologia classica è molto determinista in quanto attraverso il calcolo delle direzioni primarie, dei transiti, e di tanto altro, sarebbe possibile individuare persino la data della nostra morte. Nella direzione opposta c'è l'astrologia psicologica alla Liz Greene, dove non vi è nessun destino alla nascita e che responsabilizza l'individuo rispetto a ogni cosa che accade. 

La responsabilità.
 
Nel primo caso la colpa dei nostri successi e delle nostre sventure sta nel fato, nei pianeti; nel secondo caso sta in noi. Si può naturalmente stare a metà strada tra l'uno e l'altro approccio: le combinazioni astrologiche è vero che indicano potenzialità; ma è anche vero che un tantino di deterministico esiste. Voglio dire che un trigono tra Luna e Giove sarà sempre un aspetto positivo che conferirà sempre caratteristiche positive. Viceversa, una dissonanza tra Marte e Saturno porterà sempre un problema. 

I nostri limiti.
 
Ora, l'astrologia gioca un ruolo determinante nel riconoscere che abbiamo certe caratteristiche e che non dobbiamo far altro che rendere più costruttivo ciò che all'inizio è limitante. Non c'è nulla di drammatico nel riconoscere che siamo nati con un certo bagaglio astrologico "limitante" se non abbiamo difficoltà a riconoscerlo nella genetica.
Ricordiamoci che è quasi sempre dalle limitazioni che spesso scaturisce quel motore che ci spinge alla ricerca di un miglioramento. 

I limiti è vero che sono nella nostra testa; ma sono anche nei nostri geni nel nostro ambiente e non inorridiamo certo nel sapere che esistono questi condizionamenti, che, sicuro, giocano un ruolo spesso determinante nella nostra vita. Perciò non possiamo fantasticare su di una presunta illimitatezza o sul potere attribuibile al pensiero che attrae. Tra l'altro già Nardone, uno dei massimi psicoterapeuti al mondo, esprime pesanti dubbi sull'affidabilità della cosiddetta legge di attrazione, ovviamente non per sminuire il potere della nostra mente. 

In sintesi, non è tutto oro quello che luccica e per superare certi limiti almeno dobbiamo sapere che esistono. Ecco, l'astrologia, quella giudiziaria, emette dei giudizi, emette delle sentenze nette ma certo non possiamo rinnegare il nostro bisogno di essere in divenire. 

Quale evoluzione?

Ma non bisogna confondere il bisogno evolutivo con l'evoluzione vera e propria a cui non tutti aspirano. L'astrologia può essere letta in chiave evolutiva solo se il soggetto vuole evolversi. Com'è la vita di chi non pratica alcun desiderio di crescita né vuole conoscersi meglio? Non è forse statica o dinamica in una misura minore rispetto a chi vuole altro? E in queste condizioni le combinazioni astrologiche non possono rappresentare un'infinità di espressioni comportamentali: ci saranno sempre scelte limitate sulla base dei propri limiti interiori, limiti genetici e astrologici e ambientali.

I nostri simboli interni.
L'astrologia si avvale di un linguaggio che è simbolico, e il simbolo si interpreta sulla base della nostra capacità di saper individuare analogie. E per comprendere questo linguaggio dobbiamo accettare anche dei confini tra un simbolo e l'altro. Bianco e nero, giusto e sbagliato, positivo e negativo sono coppie di opposti che è bene non trascurare durante lo studio dell'astrologia. Anche superare un certo limite non ci autorizza pensare che un giorno saremoin grado di trascendere, superare certe configurazioni astrologiche di nascita perché il potere astrologico non si slega da noi esattamente come il nostro patrimonio genetico non sarà mai quello di un altro. Quello che possiamo fare, tramite le nostre esperienze, è modificare l'espressione dei geni così come l'espressione di una certa configurazione astrologica. Sarebbe come se ogni volta che cresciamo e miglioriamo, i nostri simboli astrologici interiori agiscono ad un livello superiore. L'energia non si dissolve: funziona solo su di un livello diverso, magari in modo più costruttivo. 

Adattamento. 
L'applicazione della psicologia all'astrologia, a mio parere dovrebbe insegnarci che sarebbe più corretto affermare siamo esseri che si adattano. Adattamento significa usare i nostri strumenti per ottenere risultati più vantaggiosi. Adattamento non significa rassegnazione: l'uomo che vive nella jungla anzicché soccombere all'ambiente si è adattato a volte adattando l'ambiente stesso a esso. 

Questo vuol dire che ci adattiamo a ciò che accade ma siamo anche noi a far si che ciò che si trova nel mondo esterno si adatti alle nostre caratteristiche. Perciò se dobbiamo parlare di evoluzione sarebbe più corretto affermare che è il sistema uomo-ambiente a modificarsi o meno.

Nella mia astrologia psicologica si parla di adattamento. Non si può parlare di essere umano in termini statici; ma non si può parlare di esso nemmeno assolutamente in termini di natura perennemente dinamica. Piuttosto è una costante danza tra due estremi, dove quel che ne viene fuori è un adattamento a volte vantaggioso e a volte patologico. 

Quel a cui serve l'astrologia è riconoscere un limite. Quel a cui serve la psicologia è cercare di trovare soluzioni per vivere quel limite nella maniera meno patologica possibile.  

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Non daremo mai a nessuno la soddisfazione di vederci tristi!

05 febbraio 2018

Campi di informazione e costellazioni familiari



CAMPI DI INFORMAZIONE E COSTELLAZIONI FAMILIARI
DI DOTT. GIUSEPPE GALEOTA AL RAMI

Ne avevo parlato molto nella mia tesi di laurea in psicologica clinica; ma quando ho partecipato a un incontro sulle costellazioni familiari, il mio stupore è stato grandissimo: anche lì si parlava del campo morfico di Sheldrake. Ma andiamo per ordine. 

Circa due anni fa ebbi modo di valutare due casi di presunta schizofrenia. Le modalità mediante cui i due casi convergevano in alcune manifestazioni mi portò a credere che l’interazione stessa tra due persone potenzialmente schizofreniche possa spingere a una sorta di “risonanza morfica” tale che la patologia possa svilupparsi. In sostanza i due sarebbero entrati in sintonia con un campo patologico, con un sistema patologico grazie alla loro interazione. 

Due anni dopo mi ritrovo a partecipare a una seduta di costellazioni familiari e non sapevo che anche Hellinger, il fondatore di tale pratica, applicasse nel suo metodo le intuizioni di Sheldrake. Quello che ho potuto constatare è stato molto interessante; ma prima di tutto va specificato cosa sono le costellazioni familiari. 

COME SI SVOLGE LA PRATICA DELLE COSTELLAZIONI FAMILIARI?
 
Un consultante si rivolge al terapeuta esponendo il suo problema all’interno di una sala dove si svolge terapia di gruppo. In realtà il gruppo svolge il ruolo di supportare sia il paziente e sia il terapeuta cosicché ogni membro si ritrovi a partecipare dell’evento e possa portare un contributo al paziente che richiede la terapia. Perciò quest’ultimo deve essere disposto a parlare pubblicamente del suo problema. Generalmente si parla di conflitti da risolvere e quindi il terapeuta chiede al paziente di scegliere alcune persone dal gruppo affinché possano rappresentare il disagio che sta vivendo. Per esempio, se il paziente ha un conflitto con la madre sceglie dal gruppo una donna che magari le somiglia per look, per aspetto o per semplice “sensazione”. Il costellatore, cioè il terapeuta, invita anche a scegliere una persona che possa interpretare il ruolo del paziente; e in base alla comunicazione non verbale, piccolissimi e quasi impercettibili atteggiamenti del corpo di questi “attori” scorge tutti quei segnali che possono essere utili per la risoluzione del conflitto.

Per esempio, se chi deve interpretare la madre della paziente gioca con la propria collana, il terapeuta interpreta quel segnale come un elemento che può essere utile, tramite la conoscenza del simbolismo, a trovare una soluzione al problema del paziente. Ogni gesto apparentemente casuale, ogni sensazione dei partecipanti è, per tale teoria, un risuonare dello stesso “campo morfico” dello stesso sistema energetico.

In pratica ciò che viene messo in scena e vissuto dai partecipanti, stando a questa teoria, dovrebbe propagarsi anche al sistema costituito dalla madre e dalla paziente reali. Questa propagazione avverrebbe per il semplice motivo che ogni membro partecipante alla seduta è entrato in “risonanza” col problema della paziente.  

Questa risonanza è reale poiché in effetti, durante il corso della terapia e della messa in azione delle dinamiche, sempre sotto la direzione della terapeuta, accade qualcosa che abbatte le barriere delle difese, abbatte certe resistenze interiori. Dall’esterno sembra di assistere a una specie di recita a volte dal sapore stopposo e mieloso, mentre l’intervento del terapeuta sembra essere troppo direttivo, in totale contraddizione con quel che è ritenuto scientificamente valido nelle terapie psicologiche “classiche”. Tuttavia va registrato che “l’insight” cioè la presa di coscienza di qualcosa che “guarisce”, è generato proprio dal clima di empatia generato dalle interazioni tra gli “attori” guidati dalle osservazioni del terapeuta. 

RICAPITOLIAMO 
 
In sintesi il paziente sceglie alcune persone che rappresenteranno il suo disagio interiore. Esse si collocheranno all’interno di uno spazio della sala, così come sentono, in maniera del tutto spontanea; e il terapeuta interpreterà ogni loro piccolo segno dandogli un significato utile per la risoluzione del problema. Questo sottintende che le persone citate in causa, senza saperlo entrano in risonanza quasi immediata col problema del soggetto ed è come se la loro comunicazione non verbale (gesti, pruriti, posizione del corpo etc. etc.) fosse già il risultato di questa interazione con un “campo di informazioni” generato dal paziente. Sarebbe come se le persone scelte fossero realmente l’espressione concreta del problema dichiarato dal paziente. Infatti esso durante il corso della terapia afferma che in effetti le persone scelte si comportano per davvero, per qualche strano mistero, come si comportano i propri cari. Tant’è che l’impatto emotivo di tale praticasembra essere sconvolgente.

PONIAMOCI UN PO' DI DUBBI

La domanda che ci si pone è questa: sebbene il cambiamento dello stato emotivo del paziente sia ben visibile durante e alla fine della seduta e sebbene questa “messa in scena” dia gli strumenti per vedere il problema da una prospettiva diversa, occorre capire se tale beneficio si propaga per davvero a distanza nel rapporto tra i paziente e le persone della sua vita. Dare credito all’esistenza di un “campo morfico”, ovviamente non è garanzia del fatto che esso possa esprimersi tramite la “risonanza” dei soggetti con il problema del consultante. E non sappiamo nemmeno se è tramite esso che avviene il cambiamento e se questo cambiamento perdura o se si propaga veramente anche nella vita reale del paziente. 

Mi è capitato di parlare con persone che hanno sperimentato le costellazioni familiari senza trarne benefici. Che i risultati positivi possano dipendere da un’autosuggestione? Potrebbe essere che il cambiamento avvenga solo perché il paziente si disporrà in maniera diversa nei confronti dei suoi problemi? Se così fosse non ci sarebbe bisogno di citare in causa il campo morfico di Sheldrake. Lo so che questo andrebbe a cozzare proprio contro quella che è la mia ipotesi scritta sulla mia tesi di laurea. Ma come ogni buon ricercatore è giusto mettersi sempre in discussione e porsi dei dubbi. 

Tuttavia va registrato il fatto che qualcosa accade. Che poi il potere terapeutico di tale pratica possa variare da soggetto a soggetto e che la cosa sia poco scientifica, non è molto importante. Ciò che conta è che funzioni, al di là delle teorie che possiamo costruire per spiegare cosa in realtà sta accadendo.

Ciò dimostra che sono ben consapevole della differenza tra il mondo dei fatti e il mondo delle nostre costruzioni mentali, di come le teorie, i nostri paradigmi mentali, condizionano la lettura che diamo dei fatti e l’interpretazione della realtà.


CONCLUDENDO 

Da qui a dire che a sto punto esisterebbe anche un campo di informazione astrologico a cui il soggetto si connette al momento della nascita, il passo è assai breve. In ogni caso non bisogna, a mio parere, commettere l'errore di pensare che le due cose (il campo morfico generato dalla risonanza tra le diverse persone e il campo morfico generato dal "cosmo" per questioni astrologiche) possano andare di pari passo o possano eslcudersi a vicenda. Su questo argomento non sappiamo granché e anzi, ladefinizione stessa potrebbe esere completamente sbagliata. Però le osservazioni mi spingono a pensare che qualcosa c'è, un campo di "informazione" che abbia una sua influenza sull'uomo è plausibile. Rimaniamo aperti a questa possibilità: male non fa.  

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NON DAREMO MAI A NESSUNO LA SODDISFAZIONE DI VEDERCI TRISTI!