Alma Cattleya è il nome d’arte di
Elena Vignoli che nella vita si occupa di arte. Dice di non dipingere per
vanità, per egocentrismo, perché non le interessa far vedere il suo talento; ma
questo è il suo modo di comunicare col mondo, cosa che è di capitale importanza
per lei che dislessica, vorrebbe comunicare così le sue paure ma pure la sua
“luce nascosta”. Con l’arte getta un ponte tra se e quelle persone che hanno
avuto un passato difficile come il suo e quando gli altri si riconoscono nelle
sue opere, si sente compresa e meno sola. Le sue opere tirano fuori quello che
c’è di simile nel mondo interiore degli altri; e quando ciò avviene, si sente
finalmente soddisfatta. Questo è il suo modo migliore per esprimere quello che
ha dentro e che è difficile da comunicare a parole.
La critica, a proposito di una
sua opera scrive: “Perché abbiamo voluto crederlo un gesto di orgoglio e
audacia, una possibilità concessa a chi sta cercando un modo per raccontarsi e
continua a sperimentare chiarendosi e confondendosi in un continuo mutare. Un
tentativo non ancora divenuto stile, un assolo di spontaneità”. Dunque le opere
di Elena sono sperimentazione, ricerca, non ancora un punto fermo, sono ancora
un linguaggio non definito ma che giunge ugualmente a destinazione. Elena
crea un dialogo tra se e il mondo esterno tramite l’opera d’arte che diventa
collettiva perché riguarda chi si identifica in essa.
Alma Cattleya è l’alter ego,
forse la parte che ha il coraggio di dire quel che Elena nasconde al mondo e
cerca di contenere in se stessa.
I soggetti delle sue opere
vengono presentati con pennellate molto evidenti, come sciabolate che la fanno
sentire come una spadaccina che affronta un duello. Un dinamismo interiore che
probabilmente dipende da un’irrequietezza di fondo identificabile nel Sole in
9^ Casa. A differenza di molti, non ci impiega tanto nel dipingere ma in quel
lasso di tempo usa così tanta energia che alla fine si sente svuotata. È
indubbio che una carica energetica così imponente e focosa sia generata da una
tensione interiore notevole che fortunatamente riesce a trovare sbocco in
qualcosa di creativo e positivo che altrimenti potrebbe divenire patologico.
Quando
decide di realizzare un dipinto che la tocca profondamente, si sente quasi
denudata, e l'energia è così intensa che si rivela persino distruttiva: le fa
rivivere emozioni che sarebbe meglio non fossero toccate. Allo stesso momento
sta creando, sta dando voce a queste sue sensazioni, a queste sue immagini che
abitano nel suo mondo interiore così ricco di conflitti. Creare è vederle, riconoscerle.
Quello che vedete qui è uno dei
suoi quadri al quale è più affezionata, realizzato al secondo anno dell'Accademia
di Belle Arti di Ravenna. L'ha voluto intitolare "Bisogno d'amore".
In realtà voleva intitolarlo "Bambolina", un termine che detesta
profondamente perché le ricorda certi eventi traumatici della sua infanzia. Quando poi l’ha conclusa, non se l’è più sentita
di darle quel titolo. In qualche modo non voleva contaminarla, non voleva “marchiarla”
con un nome che avrebbe potuto annullare anche i contenuti positivi.
Si è ispirata alle bambole di
porcellana, con lo sguardo fisso, con i boccoli biondi. In qualche modo quel
genere di bambole, in lei provocano ribrezzo.
La rappresentazione di quell’oggetto, a suo dire, doveva riguardare la distruzione dell’oggetto stesso, attraverso l’esorcizzazione scaturita dall’atto
pittorico. Voleva distruggere quella immagine perché le ricordava un evento davvero traumatico della sua vita. Questo mette in evidenza la necessità di affrontare
i problemi, di sconfiggerli, di reagire, anche se tutto ha un po’ il sapore di
masochismo. Tant’è che poi ha cambiato il nome della sua opera: non ce l’ha
fatta a reggere quella tensione e l’esorcizzazione è risultata positiva solo in
parte.
Una volta realizzato il dipinto, voleva dissociarsi da esso e così ha pensato che
non doveva rappresentare più il suo passato; però non poteva negare che riguardava ugualmente le sua paura di non essere amata, vista e ascoltata. È evidente che c’è una
continua tensione tra la necessità di rifiutare e rimanere attaccati al
passato. In qualche modo, anche proiettando le nostre paure, o la nostra rabbia
sul prossimo, non facciamo altro che rimanere ancorati ad esse. Ha creato
questa bambina dall'aspetto misero con la veste lacera e coi capelli
scompigliati ma non con lo scopo di suscitare pietà. In
questo si riconosce l’orgoglio e la necessità di andare avanti di una Venere leonina. La figura
impone di essere guardata negli occhi, perché se in qualche modo rappresenta l’autrice,
deve riguardare anche ciò che ella chiede per davvero. Lo sguardo della
bambina, in qualche modo è anche un omaggio a una famosissima foto di Steve
McCurry che mostra una bambina Afgana con uno sguardo intenso. Elena dice
che è stato quello sguardo ad ispirarla per la realizzazione della sua opera, ma ha
voluto rendere l’immagine ancora più sofferente accentuando gli occhi con ombre,
come se fossero occhiaie in contrasto con le labbra rosse e vive. Anche in
questo tratto si nota l’ambivalenza del monto interiore della pittrice. È indubbio che quando dipinge non è molto
attenta alle proporzioni poiché ciò che conta è tirare fuori le sue emozioni.
Così, solo alla fine di questo processo si rende conto delle “anomalie” che,
non fanno altro che accentuare quanto la percezione del mondo possa essere
deformata dall’impeto e dalla passione. È il collo della bambina che crea
questo effetto distorsivo. L’autrice stessa afferma, infatti, che si concentra
così tanto nel processo emotivo che non sa mai bene quale sarà il risultato
finale.
Non vi è mai analisi razionale e ogni pennellata non è altro che una
valanga di emozioni. Inoltre, durante il processo cambia spesso idea, proprio a
seconda di quel che le viene in mente. Voleva solo rappresentare una bambina
che chiede di essere ascoltata e ha tirato fuori, invece, un intero universo di
rappresentazioni interne, tanto forti tanto quanto sono deformanti della realtà
che dipinge. In un video pubblicitario della sua opera parla al posto della
bambina ritratta e dice: “non fate caso alla mia testa che sembra più grande
del corpo intero”; frase che paradossalmente sottolinea la sua diversità. Elena
è cosciente della sua diversità, e per questo chiede agli altri, tramite questo
quadro, di accogliere quel che lei stessa, probabilmente, ancora non accetta di
sé. Clicca QUI per vedere il video.
Elena ci fa sapere che la sua intenzione
non era solo quella di essere ascoltata, ma voleva che l’osservatore si
identificasse, non perché provare dolore, ma perché prenda solo
consapevolezza delle proprie fragilità. Questa bambina, dice, assomiglia alla
Piccola Fiammiferaia che chiede calore per sé. Ma chiedere amore, significa
elemosinare e questo è frustrante per chi ha un minimo orgoglio. Per questo non
è supplicante, ma il suo sguardo si perde negli occhi di chi la guarda. Quello
che per la bambina importa è ricevere amore senza alcun giudizio su chi è e da
dove viene. La scelta dei colori non è stata casuale. Il nero dello sfondo
aveva lo scopo di cancellare l’aspetto sdolcinato che poteva ancor rimanere in quella figura di bambola.
Per Elena la pittura non è
decorazione, ma anzitutto un fatto pulsionale. Col
tempo le pennellate sono diventate più morbide e sta più attenta ai dettagli,
ma non tanto da cambiare completamente il suo stile. Qui si è cimentata in una figura più o meno dettagliata
con un viso dai tratti riconoscibili, ma il più delle volte dipinge solo ispirata
dal colore: questo significa che ancora una volta il controllo, la linea, il
rigore, il metodo, lasciano spazio all’istinto.
Quest’opera è diventata una
compagna costante della sua vita e col tempo, nella sua mente, questa bambina è
ormai cresciuta e sorride: l’esorcizzazione, in fin dei conti, è stata
compiuta. A volte invece si fa presente, anche nei suoi sogni, per ricordarle il
suo passato. Da alcuni anni non ha più questo quadro perché l’ha voluto
regalare a una sua carissima amica con la quale dice di avere una profonda
connessione.
Da questa analisi compiuta dalla
stessa Elena, abbiamo compreso l’esistenza di un mondo interiore turbato dall’ombra
del passato; ma ovviamente questo non necessariamente rappresenta la sua quint’essenza.
Si tratta di un aspetto non di scarsa importanza, che sicuramente fa parte di
altri altrettanto importanti. Questa passione, questo impeto, la grande
necessità di essere ascoltata ovviamente possiamo leggerla in Mercurio leso in
Toro e in 8^ Casa. L’8^ è quella dei tormenti, delle complessità, delle
profondità della psiche. Mercurio invece è la percezione del mondo, gli
interessi mentali, appunto legati all’immagine, al colore. A farla da padrone è
anche la congiunzione Plutone-Saturno in I Casa, che rimanda allo Scorpione,
alle tenebre, alle esperienze profonde e a volte complesse. Questo punto nodale
inoltre si trova in aspetto dissonante alla Luna in Cancro che è il pianeta
dominante di questo grafico. Il fatto che l’astro notturno si trovi in X Casa
mostra chiaramente il tentativo di soddisfare un bisogno di emancipazione, ma
in maniera altalenante, discontinua. La Luna dissonante a Plutone è segno di
complessi inconsci, di forti turbamenti, appunto l’ostacolo alla sua piena
emancipazione. Il Sole e Marte congiunti in 9^ Casa, come detto prima
proiettano Elena verso il lontano, anche in senso immaginifico, perché ama le
fiabe e tutto quello che riguarda il mondo sconosciuto. Quest’ultimo punto, in
particolare, viene meglio giustificato dall’opposizione del Sole a Nettuno che riguarda spesso chi ha una grande permeabilità al mondo esterno. E
lo fa con curiosità dispersiva in perfetto stile Gemelli: le opere sono una
toccata fugace, un ripensamento continuo, abbozzi d’istinto. E la 9^ casa, in
quanto a istinto, non è seconda a nessuno poiché richiama la parte “cavallo”
del 9° segno zodiacale, pronto a buttarsi a capofitto in ogni impresa, con
candore, ma anche con precipitazione. Solo in rari casi e a seconda del segno toccato, la 9^ riguarda i temi profondi della vita, toccati con quel candore Sagittariano riconoscibile in Benigni che recita i dieci comandamenti. Se
poi aggiungiamo che Marte è congiunto al Sole, comprendiamo il vigore della pennellata che Elena stessa definisce come una sciabolata.
Molte altre cose potremmo dire, ma all'essenziale, questo è lo spirito di Elena, una pittrice, una ragazza dolce che sa anche essere guerriera.