Eccomi al primo articolo del nuovo anno, ma non il primo del mio anno astrologico che è cominciato qualche settimana fa. Ho già scritto quali sono i miei propositi per il prossimo futuro, quali i miei progetti astrologici e culturali e per questo non mi rimane che ribadire che qui mi sforzerò di inserir ancora temi profondissimi, affrontati sempre dopo aver acquisito le competenze e le conoscenze necessarie e mai scritti con superficialità da salotto. Sin dal mio compleanno pare che le tematiche di fede siano quelle più gettonate, nemmeno a farlo apposta: come avevo preannunciato dalla mia rivoluzione solare mirata, infatti, questo nuovo anno astrologico dovrei occuparmi maggiormente di argomenti inerenti la fede e la spiritualità.
Sembra che il motivo ricorrente sia in particolare una certa ostilità nei confronti della fede, che come anticipato mesi fa, è inerente al transito di Saturno in Sagittario, passaggio non proprio felice che a livello collettivo porta maggiore severità nei giudizi inerenti la fede, un maggiore scoraggiamento anche in virtù di ciò che vediamo costantemente in TV. Da qui risulta estremamente facile concludere che la religione abbia il semplice scopo di generare guerre e assoggettare le menti fragili di uomini che non sanno ragionare. Ma come tutti sapete questa è solo la superficie delle cose, quella che viene fuori a una lettura disattenta e parziale dei fatti; cioè quella lettura che faremmo davanti a una birra seduti in un bar mentre parliamo di calcio o di gossip. Naturalmente non è necessario avere una laurea in teologia per parlare di religione se l'obiettivo è esporre un semplice parere; tuttavia se vogliamo affrontare l'argomento in maniera obiettiva è necessario trattare l'argomento studiando seriamente; poiché solo conoscendo certe premesse è possibile reinterpretare i fatti sotto una prospettiva diversa. Relativamente alla nascita delle religioni ho scritto un libro che potete scaricare gratuitamente QUI.
Non si tratta di un trattato di teologia ma una disanima antropologica in cui vengono sintetizzate le osservazioni dei maggiori studiosi della storia, appunto relativamente alle origini della cultura, della società e della religione. Nella sezione bibliografica potrete trovare l'elenco dei testi che hanno contribuito ad arricchire la mia cultura (che non è nozionistica come qualcuno ha insinuato). Possiamo ulteriormente sintetizzare dicendo che le guerre sono ideologiche e non religiose: l'essere umano difende le proprie ideologie molto fermamente; persino la scienza stessa, prima che un nuovo paradigma possa essere accettato, ha sempre faticato ad abbandonare idee ormai rivelatesi obsolete; poiché non è possibile scindere le proprie idee dal contenuto affettivo a cui sono legate: non esisterà mai nessuno, se non un automa, capace di separare le proprie idee da quel che esse rappresentano per lui in termini di certezze, sicurezze, affetti.
La scienza stessa è prevaricatrice poiché spesso e volentieri l'obiettivo è quello di offrire un pilastro saldo su cui ognuno può confrontarsi senza perdersi in quella "torre di Babele" che è la pluralità dei punti di vista, delle opinioni". Parlare una lingua comune aiuta a comprendersi; ma spesso obbligare a parlare la propria lingua significa distruggere ciò che è l'altro, disconoscere la sua individualità, il suo passato, le sue origini. Come vedete, la linea di confine tra comunicazione e imposizione di una e una sola legge universale è sottilissima. Da un lato occorre un sistema per gestire il caos; dall'altro vi è il rischio di calpestare l'individualismo così che la vera fede religiosa dovrebbe essere un equilibrio dinamico tra queste due tendenze: se la religione stessa infatti invita all'amore e alla fratellanza, dall'altra parte, le ideologie devono essere difese.
Ho visto proprio oggi un film molto interessante intitolato Transcendence, con l'attore Jonny Depp che interpreta uno scienziato. Egli in punto di morte trasporta la sua "coscienza" all'interno di un computer quantistico potendo così ampliare la sua conoscenza del mondo, della natura connettendosi col web. Un film non affatto banale, molto intelligente il cui messaggio profondo è quello della paura della novità, della conoscenza, che in fondo è anche un po' controllo, ma non il fine ultimo. Freud diceva che l'essere umano ha perso parte della propria libertà per la necessità della sicurezza. Per sicurezza egli intendeva la pace, la tranquillità di un gruppo che protegge se stesso dalle avversità; e per controllo egli intendeva le regole della società, regole sul comportamento del vivere insieme visto che l'Es, la parte animalesca di ogni individuo porta alla necessità di soddisfare le proprie pulsioni egoistiche. Durante il corso del film, gli uomini cominciano a provare sospetto per il "controllo" che la nuova entità virtuale esercitava sull'ambiente esterno e per questo, per paura che la propria individualità potesse essere distrutta, hanno pensato di distruggere il computer con un virus. Il fil ci insegna una lezione importante: alle volte non è tanto l'idea che sta alla base di un ideale a creare tensione, quanto la risposta della gente che vuole conservare l'omeostasi, la propria condizione di tranquillità: e siamo sempre al solito discorso che i nuovi paradigmi scientifici spesso vengono osteggiati e combattuti prima di essere accettati e poi integrati nel discorso scientifico.
Il problema è la chiusura del sistema: tanto più una religione rappresenta un sistema chiuso o si riferisce a un pubblico chiuso e tanto più è facile il conflitto. Ma la religione non nasce per generare conflitto; semmai è una conseguenza naturale tipica di ogni sistema. Il motivo per cui nasce la religione è principalmente sociale, organizzativo, solidale e non ha nulla a che fare con la reale esistenza di un Dio. I motivi che oggi spingono a essere credenti non sono più solo di natura sociale perché ognuno può avere un senso etico sviluppato a prescindere dalle regole che la religione consiglia o in certi casi impone. Tuttavia questa non era la condizione agli inizi: in principio occorreva creare un sistema sociale e culturale che consigliasse regole di comportamento, anche in funzione del luogo e del clima in cui si era sviluppata una data cultura. Sotto questo punto di vista è interessante lo studio di M. Mauss sempre citato nel mio libro. Ma l'esistenza di Dio o no è estranea da questo discorso. Dio esiste o non esiste indipendentemente dal modo con cui si sceglie di adorarlo, pensarlo, viverlo; indipendentemente da quello che pensiamo possa dire o non dire all'interno di sacre scritture e testi antichi.
Per questo la religione è una questione metodologica (come credere, cosa fare) e la fede è una questione ontologica (domandarsi se Dio esiste o non esiste). Certo, le due cose sono strettamente correlate.
La fede non svolge più il principale ruolo di gestire un gruppo per finalità legate alla sopravvivenza; ma svolge ancora il ruolo di organizzare e scandire i momenti della vita secondo un continuum di tradizioni che ci ricordano da dove proveniamo e chi siamo. Anche solo per questo, la religione ha senso di esser sentita e vissuta: le radici sono importanti poiché ci raccontano del nostro passato, del nostro percorso, e della nostra direzione. Inoltre, il senso di appartenenza a qualcosa di più grande della propria famiglia soddisfa ancora il bisogno di sentirsi parte di un "tutto", che poi è la conditio sine qua non di ogni sistema destinato alla sopravvivenza. Infatti, la sopravvivenza di ogni specie è data dalla capacità che ha di creare gruppo, di cooperare e persino le grandi leggi dell'economia traggono ispirazione da questa evidenza biologica.
Le persone che oggi credono nella Chiesa non sono più le stesse che facevano le crociate. Per questo non si può condannare una fede; ma come detto più volte sempre e solo gli uomini che hanno solo saputo abusare di un potere auto-conferitosi in nome di un Dio che hanno calpestato perché surclassato da un'ideologia di potere. Un tempo la fede era solo una questione di politica e oggi che siamo più evoluti e civilizzati, finalmente stiamo recuperando l'antico significato dell'essere della religione: l'etica del collettivismo e la lotta contro l'individualismo, contro l'ego e sopratutto contro l'Es.
Le religioni non servono a chi non ha bisogno di ricordarsi da dove proviene e non servono nemmeno per chi non crede nell'esistenza di un Dio; anche se credere nell'esistenza di un Dio non significa necessariamente seguire una religione: la fede non è la conseguenza logica della religione. Allora, prima di domandarsi a cosa serve la religione occorre domandarsi a chi serve. E non è più una questione di giusto sbagliato, cioè che sta meglio chi non ci trova alcuna utilità; perché sarebbe come affermare che sta meglio chi non ama, o chi non lavora. Amare è una condizione essenziale; ma non lo è per tutti; e non ha senso chiedersi se sia utile o no. Avere fede è anch'essa una condizione essenziale; ma non per tutti.
Qualcuno si chiederà "cosa c'entra tutto ciò con l'astrologia?"
Abbiamo visto che la nascita della religione non corrisponde a un plagio ma assolve una funzione sociale. Allo stesso tempo l'origine dell'astrologia nasce come scienza della natura: la finalità è sempre molto pratica in quanto non bisogna immaginare che la mente primitiva fosse legata a vaneggiamenti magici. No, al contrario, la mente primitiva è semplicemente organizzatrice; e investe di "numinosità" i fenomeni della natura che osserva. Voglio dire che l'uomo preistorico prima di tutto doveva sopravvivere, e per tale scopo doveva osservare attentamente la natura. Il passo successivo era quello di dare un'anima a tutto costruendo miti. L'esistenza di un mito non è altro che una possibile spiegazione di ciò che si era osservato; era un racconto simbolico che permettesse di avere un rapporto più stretto e rispettoso nei confronti della natura stessa. Basti dare uno sguardo al film Avatar per rendersi conto di come il regista abbia applicato con fantasia le scoperte reali dell'antropologia. Dotare ogni cosa di un'anima ovviamente non significa che ciò che hanno visto non ha una funzione pratica. Così l'effetto pratico di tale astro in tale posizione doveva essere descritto come se fosse pervaso da forza vitale, umana, quindi divina. Il fatto che il mito sia una forma di descrizione della natura è un po' come le moderne teorie della fisica: indipendentemente dal fatto che sia corrette o meno, cercano di descrivere le evidenze coi mezzi a disposizione. Oggi non occorre più parlare di astrologia investendo gli astri di un'essenza, di uno spirito vitale che possa essere raccontato sotto forma di mito o di leggenda. Tuttavia non possiamo rinunciare al fascino di quel tempo che ci ricorda delle nostre origini.
A conclusione di questo mio lungo contributo, che non è affatto esaustivo ma che rappresenta solo la punta di un iceberg ben più grande, vi propongo l'intervento di Giuseppe Parisi. Egli ha scritto un bell'articolo ma su di una cosa non sono d'accordo: la chiesa Cattolica non deresponsabilizza affatto l'uomo o quantomeno ormai non lo fa più; pertanto immagino che un tanto di "Lutero" sia giunto sino a noi.
Di Giuseppe Parisi:
Il problema è la chiusura del sistema: tanto più una religione rappresenta un sistema chiuso o si riferisce a un pubblico chiuso e tanto più è facile il conflitto. Ma la religione non nasce per generare conflitto; semmai è una conseguenza naturale tipica di ogni sistema. Il motivo per cui nasce la religione è principalmente sociale, organizzativo, solidale e non ha nulla a che fare con la reale esistenza di un Dio. I motivi che oggi spingono a essere credenti non sono più solo di natura sociale perché ognuno può avere un senso etico sviluppato a prescindere dalle regole che la religione consiglia o in certi casi impone. Tuttavia questa non era la condizione agli inizi: in principio occorreva creare un sistema sociale e culturale che consigliasse regole di comportamento, anche in funzione del luogo e del clima in cui si era sviluppata una data cultura. Sotto questo punto di vista è interessante lo studio di M. Mauss sempre citato nel mio libro. Ma l'esistenza di Dio o no è estranea da questo discorso. Dio esiste o non esiste indipendentemente dal modo con cui si sceglie di adorarlo, pensarlo, viverlo; indipendentemente da quello che pensiamo possa dire o non dire all'interno di sacre scritture e testi antichi.
Per questo la religione è una questione metodologica (come credere, cosa fare) e la fede è una questione ontologica (domandarsi se Dio esiste o non esiste). Certo, le due cose sono strettamente correlate.
La fede non svolge più il principale ruolo di gestire un gruppo per finalità legate alla sopravvivenza; ma svolge ancora il ruolo di organizzare e scandire i momenti della vita secondo un continuum di tradizioni che ci ricordano da dove proveniamo e chi siamo. Anche solo per questo, la religione ha senso di esser sentita e vissuta: le radici sono importanti poiché ci raccontano del nostro passato, del nostro percorso, e della nostra direzione. Inoltre, il senso di appartenenza a qualcosa di più grande della propria famiglia soddisfa ancora il bisogno di sentirsi parte di un "tutto", che poi è la conditio sine qua non di ogni sistema destinato alla sopravvivenza. Infatti, la sopravvivenza di ogni specie è data dalla capacità che ha di creare gruppo, di cooperare e persino le grandi leggi dell'economia traggono ispirazione da questa evidenza biologica.
Le persone che oggi credono nella Chiesa non sono più le stesse che facevano le crociate. Per questo non si può condannare una fede; ma come detto più volte sempre e solo gli uomini che hanno solo saputo abusare di un potere auto-conferitosi in nome di un Dio che hanno calpestato perché surclassato da un'ideologia di potere. Un tempo la fede era solo una questione di politica e oggi che siamo più evoluti e civilizzati, finalmente stiamo recuperando l'antico significato dell'essere della religione: l'etica del collettivismo e la lotta contro l'individualismo, contro l'ego e sopratutto contro l'Es.
Le religioni non servono a chi non ha bisogno di ricordarsi da dove proviene e non servono nemmeno per chi non crede nell'esistenza di un Dio; anche se credere nell'esistenza di un Dio non significa necessariamente seguire una religione: la fede non è la conseguenza logica della religione. Allora, prima di domandarsi a cosa serve la religione occorre domandarsi a chi serve. E non è più una questione di giusto sbagliato, cioè che sta meglio chi non ci trova alcuna utilità; perché sarebbe come affermare che sta meglio chi non ama, o chi non lavora. Amare è una condizione essenziale; ma non lo è per tutti; e non ha senso chiedersi se sia utile o no. Avere fede è anch'essa una condizione essenziale; ma non per tutti.
Qualcuno si chiederà "cosa c'entra tutto ciò con l'astrologia?"
Abbiamo visto che la nascita della religione non corrisponde a un plagio ma assolve una funzione sociale. Allo stesso tempo l'origine dell'astrologia nasce come scienza della natura: la finalità è sempre molto pratica in quanto non bisogna immaginare che la mente primitiva fosse legata a vaneggiamenti magici. No, al contrario, la mente primitiva è semplicemente organizzatrice; e investe di "numinosità" i fenomeni della natura che osserva. Voglio dire che l'uomo preistorico prima di tutto doveva sopravvivere, e per tale scopo doveva osservare attentamente la natura. Il passo successivo era quello di dare un'anima a tutto costruendo miti. L'esistenza di un mito non è altro che una possibile spiegazione di ciò che si era osservato; era un racconto simbolico che permettesse di avere un rapporto più stretto e rispettoso nei confronti della natura stessa. Basti dare uno sguardo al film Avatar per rendersi conto di come il regista abbia applicato con fantasia le scoperte reali dell'antropologia. Dotare ogni cosa di un'anima ovviamente non significa che ciò che hanno visto non ha una funzione pratica. Così l'effetto pratico di tale astro in tale posizione doveva essere descritto come se fosse pervaso da forza vitale, umana, quindi divina. Il fatto che il mito sia una forma di descrizione della natura è un po' come le moderne teorie della fisica: indipendentemente dal fatto che sia corrette o meno, cercano di descrivere le evidenze coi mezzi a disposizione. Oggi non occorre più parlare di astrologia investendo gli astri di un'essenza, di uno spirito vitale che possa essere raccontato sotto forma di mito o di leggenda. Tuttavia non possiamo rinunciare al fascino di quel tempo che ci ricorda delle nostre origini.
A conclusione di questo mio lungo contributo, che non è affatto esaustivo ma che rappresenta solo la punta di un iceberg ben più grande, vi propongo l'intervento di Giuseppe Parisi. Egli ha scritto un bell'articolo ma su di una cosa non sono d'accordo: la chiesa Cattolica non deresponsabilizza affatto l'uomo o quantomeno ormai non lo fa più; pertanto immagino che un tanto di "Lutero" sia giunto sino a noi.
Di Giuseppe Parisi:
"LA GERMANIA E' SUPERIORE , ANCHE CON LA RELIGIONE.
INFATTI, LUTERO CREDE NELL'UOMO ( LO RENDE RESPONSABILE) ED E' SICURO DI SALVARSI SENZA INTERMEDIARI...
INFATTI PROPONE UNA DOTTRINA DEI CONFLITTI DI GRUPPO, SENZA IL VERGOGNOSO TACERE DEI BUONISMI DA CHIESA ROMANA! SPIEGA I FATTI COME STANNO... (SECONDO LUI).
INFATTI, LUTERO CREDE NELL'UOMO ( LO RENDE RESPONSABILE) ED E' SICURO DI SALVARSI SENZA INTERMEDIARI...
INFATTI PROPONE UNA DOTTRINA DEI CONFLITTI DI GRUPPO, SENZA IL VERGOGNOSO TACERE DEI BUONISMI DA CHIESA ROMANA! SPIEGA I FATTI COME STANNO... (SECONDO LUI).
Se la religione è un fenomeno antropologico in coincidenza con la formazione della società (come affermava Giuseppe Galeota Al Rami in un post precedente)... ne ho trovato una piccola conferma; stamane ho letto il saggio introduttivo di Giuliano Pontara al libro ''Teoria e pratica della non-violenza'' di Gandhi...
Ho scoperto con mio sommo piacere del perché la Germania è diversa da noi ; perché ha una religione protestante, diversa da quella Romana, ma che responsabilizza l'individuo ed è scevra di finti buonismi.
Ecco perché la Germania non la supereremo mai date le condizioni attuali di pensiero, specchio di quelle del passato...
Vi ricordate Lutero e il protestantesimo in Germania ? No?!? Bene, vi rinfresco un po' la memoria. La riforma protestante è il movimento religioso, con risvolti politici di tipo rivoluzionario, che ha interessato la Chiesa nel XVI secolo e che ha portato alla nascita del "cristianesimo evangelico". Figura centrale alla quale si attribuisce la nascita del movimento protestante è il frate agostiniano Martin Lutero, insieme ad altri protagonisti importanti quali Giovanni Calvino, Huldrych Zwingli, Thomas Müntzer e Filippo Melantone.
Ho scoperto con mio sommo piacere del perché la Germania è diversa da noi ; perché ha una religione protestante, diversa da quella Romana, ma che responsabilizza l'individuo ed è scevra di finti buonismi.
Ecco perché la Germania non la supereremo mai date le condizioni attuali di pensiero, specchio di quelle del passato...
Vi ricordate Lutero e il protestantesimo in Germania ? No?!? Bene, vi rinfresco un po' la memoria. La riforma protestante è il movimento religioso, con risvolti politici di tipo rivoluzionario, che ha interessato la Chiesa nel XVI secolo e che ha portato alla nascita del "cristianesimo evangelico". Figura centrale alla quale si attribuisce la nascita del movimento protestante è il frate agostiniano Martin Lutero, insieme ad altri protagonisti importanti quali Giovanni Calvino, Huldrych Zwingli, Thomas Müntzer e Filippo Melantone.
Vi riporto il contenuto di pag 34 e pag 35. Buona lettura.
''Nella tradizione del pensiero protestante questa distinzione tra etica dell'amore ed etica della giustizia risale, com'è noto a Lutero il quale imposta la sua dottrina dei conflitti di gruppo sull'assunto teologico dei due regni, quello spirituale e quello mondano, ambedue voluti da dio.
NEL REGNO SPIRITUALE, che è quello della PERFEZIONE etico-religiosa dell'individuo, vigono i principi evangelici della carità e del perdono, della non-violenza, del sacrificio di se'.
NEL REGNO MONDANO, che è quello delle PECORE e dei LUPI, della continua lotta tra le autorità che rappresentano gruppi ed interessi diversi, VIGONO ALTRI PRINCIPI, e innanzitutto quello della giustizia sostenuto dal POTERE e della SPADA.
Guai a chi confonde le due cose e crede di poter estendere i principi validi in un mondo a regolare i rapporti con l'altro.
Guai a chi confonde le due cose e crede di poter estendere i principi validi in un mondo a regolare i rapporti con l'altro.
Costui si rivolta non soltanto con la vera dottrina cristiana e l'ordine decretato da Dio ma agisce in modo esiziale per il regno MONDANO stesso. Giacché , afferma Lutero, se qualcuno volesse reggere il mondo secondo il Vangelo , cioè abbandonando la giustizia e la spada MONDANA in nome di valori Superiori, costui non farebbe altro che liberare la bestia selvaggia e maligna dagli anelli che la tengono incatenata. Pertanto l'individuo, nei suoi rapporti privati con altri individui, può e deve comportarsi secondo i precetti dell'amore, in particolar modo quello che prescrive di non Uccidere, di sacrificare se stesso piuttosto che gli altri.
MA IN QUANTO MEMBRO DI UN GRUPPO IN CONFLITTO CON UN ALTRO GRUPPO, egli soggiace all'etica della dell'autorità in cui la legge dell'amore è sostituita da quella della giustizia e l'imperativo di non uccidere non ha più validità Assoluta. Lutero, come del resto ha già fatto notare Max Weber, toglie all'individuo ogni responsabilità morale rispetto all'uso della violenza nei confronti di individui di un altro gruppo con il quale il gruppo cui egli appartiene si trova in conflitto, e la trasferisce all'autorità, cioè allo stato.''