Se le motivazioni nascono in funzione delle relazioni, allora l'esistenza è necessariamente comunitaria, la mente stessa è comunitaria, relazionale. Dunque, oltre all'esistenza fisiologica della mente, ce n'è una psicologica che nasce dal rapporto col mondo delle relazioni. Così, l'uomo è quel che è grazie a un processo di antropomorfizzazione, ossia il frutto di un'esposizione del bambino al mondo delle esperienze relazionali. Queste sono reciproche e permettono così di dare senso a quel che accade. Queste sono le conclusioni di Sullivan che spiega il processo come un passaggio dall'euforia assoluta alla tensione assoluta grazie all'insorgere dei bisogni. Questi generano una tensione che se risolta nel rapporto delle cure parentali, aiuta il bambino a ritrovare l'euforia perduta.
Il bisogno crea una tendenza integrativa, ossia a stabilire un legame che poi fungerò come prototipo per gestire le esperienze successive. Questa è una fase delicata poiché il bambino è sensibile al contagio emotivo, e quindi potrebbe percepire come proprie le angosce della madre, nel caso in cui ella ne abbia. Così il possibile disturbo dell'adulto potrebbe essere anche il frutto di un rapporto disfunzionale con la madre, durante le primissime fasi dell'esistenza. La dissociazione è una delle possibili risultanti di questa eventualità.
Mitchel un po' risente di queste idee però ritenendo che sebbene le esperienze infantili siano importanti, occorre prendere in considerazione le spinte motivazionali perché producono gli schemi mentali utili per regolare le esperienze soggettive. Sarà la rigidità con cui si applicano questi modelli a darci un'idea della genesi delle psicopatologie. La mente, che è relazionale, si struttura in fasi sequenziali: vi sono prima comportamenti non riflessivi in cui si memorizzano solo gli schemi procedurali; poi subentra la permeabilità affettiva che permette di entrare in risonanza con le altre persone (il sorriso della madre contagia il bambino che sorride di conseguenza). In funzione di ciò, la mente configura un sé e l'altro, in modo naturalmente inconscio. Le fasi si concludono con l'intersoggettività, ossia la percezione dell'intenzionalità degli altri. Con ciò possiamo ipotizzare, dunque, che le Case astrologiche, se rappresentano il funzionamento della mente, sono una struttura di relazioni, esattamente come avevo scritto in molte altre occasioni.
Dalla idea topica di Freud e Jung circa la struttura delle mente, si è passati a quella di Stolorow e Attwood che concepiscono la mente come un palazzo. Secondi gli autori la coscienza è quella parte che affiora dal terreno. Ma su cosa si basa questa costruzione? Su un inconscio denominato pre-riflessivo, che in qualche modo gli autori fanno corrispondere al disegno dell'architetto. Prima ancora che l'individuo impari a riflettere, si creano dei modelli di relazione ricorrenti, scaturiti ovviamente dal rapporto di sintonizzazione della madre col bambino. Queste divengono le basi su cui edificare la parte cosciente e l'inconscio dinamico. Quest'ultimo rappresenta tutto ciò che viene rimosso dalle difese del bambino, contenuti da escludere. La rappresentazione equivalente è quella di uno scantinato, di un piano inferiore rispetto a quello che emerge dal terreno, la coscienza. Ma esiste anche un terzo inconscio, detto non convalidato, costituito dal materiale che il bambino non ritiene saliente rispetto a quello che vive mediante il rapporto con la madre.
Stando a quello che dicono i moderni psicologi, la mente non è il prodotto di forze intrapsichiche come poteva esser inteso dalla psicologia freudiana. Oggi si è sempre più convinti che la mente, la soggettività, nasca dalla concezione che l'uomo è relazionale. Foulkes, in particolare, afferma che la mente non sia altro che l'introiezione di codici simbolici dati dalla cultura, che agiscono nella dimensione cognitiva e affettiva. I genitori, quindi, sono un modello del pensiero "gruppale" e fungono da stimolo transegenerazionale: essi danno senso alla cultura famigliare, passata e presente attraverso il modo di comunicare e agire. Inoltre il soggetto è anche il frutto fattori entnici antropologici, istituzionali e delle trasformazioni sociali in atto. Diego Napolitani parla di gruppalità interna quando la mente, che è disposta geneticamente ad apprendere, si scontra con modelli relazionali che poi interiorizza. Sono questi che portano all'identità e fungendo da continuum col passato transgenerazionale della nostra famiglia di origine. A ciò aggiungiamo la simbolopoiesi, la capacità di mettere insieme in modo specifico e originale i modelli interiorizzati.
Così, il sentimento, la sofferenza, ha senso solo perché ha acquisito un significato all'interno di un network di relazioni. Lo Coco e Pantalti infatti affermano che la sofferenza nasce da uno spazio privato e da uno relazionale, e quest'ultimo è connesso alle esperienze di altri. Perciò la sofferenza e il dolore di ciascuno, non è altro che la sofferenza e il dolore di un'intera comunità. Partendo da queste ultime considerazioni comincia il mio lavoro universitario di ricerca sulla mente collettiva. Per parlare di ciò, però, dovremo affrontare tematiche ostiche come le neuroscienze e la fisica quantistica. Vedremo insieme dove ci condurrà questa ricerca, e vedremo come integrarla al mio progetto di astrologia sistemica strutturale.