25 aprile 2016

La nascita psicologica dell'astrologia


Per affrontare questo tema, ho pensato di trarre spunto dal lavoro di Winnicot, pediatra che condivise alcune teorie di Freud e della Klein. Secondo il mio punto di vista può esser utile per definire una possibile modalità di formazione del pensiero astrologico, quando l'uomo preistorico guardò il cielo, ma partendo dal rapporto che il bambino, nelle primissime fasi della sua esistenza, ha con la madre (o con il caregiver-figura di attaccamento-accudimento). Questo parallelismo da me individuato, potrebbe spiegare l'origine della nascita dell'astrologia.

Il lavoro di Winnicot mira a stabilire come lo sviluppo del sé del bambino (non inteso alla maniera di Jung, ma inteso come il modo in cui il bambino percepisce sé stesso, introspettivamente) dipende dalle cure materne. 

Secondo l'autore l'Io non ha la funzione di mediare tra i conflitti che si originano dall'Es e dal super-io come affermava Freud, ma ha lo scopo di raccogliere esperienze interne ed esterne, elaborare e organizzare l'esperienza soggettiva che l'individuo vive attraverso il contatto col mondo esterno. L'Io del bambino è però debole e deve essere in qualche modo gestito e aiutato dall'Io del caregiver, cioè della figura di attaccamento. Il supporto della madre si sviluppa in tre fasi e sono queste ad aver prodotto in me l'idea che qualcosa di analogo deve essersi originato quando l'uomo preistorico fece le prime osservazioni tra mondo esterno e mondo interno.

La prima fase contemplata da Winnicot è quella denominata "dipendenza assoluta". Durante questo stadio vi è una "preoccupazione materna primaria" legata alla sua capacità di sintonizzazione sui bisogni del bambino dalle ultime fasi della gravidanza sino a qualche settimana dopo il parto. Si ha una sensibilità esaltata, un ritiro della madre dagli altri interessi e un'identificazione temporanea con il bambino: essa si adatta totalmente ai bisogni del figlio ma poi deve esser in grado di emergere da questo stato per divenire "sufficientemente buona": offrire un ambiente facilitante dei processi di crescita del bambino, per produrre qui fenomeni di integrazione ma senza tuttavia soffocarlo di attenzioni. In sostanza la madre grazie alle sue cure amorevoli (holding), aiuta il figlio a integrare nella propria esperienza le varie sensazioni: empatia e cure amorevoli permetteranno al bambino di sperimentare la continuità dell'essere. Questo momento può esser paragonato al periodo in cui gli uomini preistorici cominciavano ad avere percezione della continuità della loro esistenza grazie l'alternarsi del giorno e della notte, e dei ciclici movimenti del Sole e della Luna. 

Tornando alla teoria di Winnicot, se la madre non è capace di offrire le sue cure amorevoli, il bambino andrà incontro ad "angoscia di disintegrazione". Un po' come se il nostro uomo preistorico fosso colto da un temporale che impedisce di vedere il Sole e quindi di orientarsi lungo il suo cammino per trovare del cibo o per tornare a casa dopo un peregrinare.

Winnocot prosegue dicendo che durante la stessa fase si ha il processo di "personalizzazione" determinato  attraverso la Handling, la manipolazione della madre, che consente al figlio il riconoscimento del rapporto tra psiche e corpo. Il calore solare per l'uomo preistorico, può esser paragonato a questo processo; ma si potrebbe andare ancora più in profondità. Questo processo permette al bambino di riconoscere e distinguere un dentro da un fuori attraverso il tatto. È probabile che l'uomo preistorico si percepisse come un tutt'uno nei confronti del mondo naturale circostante esattamente come il bambino vede la madre come un prolungamento di se stesso. 

L'ultimo processo è quello di "relazione all'oggetto": la madre (o il caregiver) svolge la funzione di aiutare il bambino a percepire il mondo soltanto quando esso è pronto a creare una rappresentazione mentale di esso. La madre deve in sostanza allattare il piccolo solo quando esso è pronto a ricevere il nutrimento, ma deve anche essere capace di disilluderlo della sua onnipotenza: il temporale, per l'uomo preistorico, poteva essere il segnale del fatto che l'ambiente esterno disilluda sulle proprie capacità di avere il controllo sulla natura. Per il bambino, questa conoscenza oggettiva della realtà deve avvenire in maniera progressiva per favorire un progressivo e lento distacco, che poi significa anche emanciparsi.

La seconda fase, detta "dipendenza relativa" è quella che per me segna il vero collegamento con la nascita psicologica dell'astrologia. Il bambino acquisisce consapevolezza di esser separato dalla madre, distingue se stesso dal mondo esterno, ma non è ancora totalmente indipendente poiché l'allontanamento dalla condizione di fusione con il caregiver porta alla nascita, nel figlio, dell'angoscia da separazione. Per evitare una tensione troppo grave, il bambino risolve il conflitto in modo simbolico: esiste un' area detta transazionale (cioè di passaggio tra mondo interno e mondo esterno) dove prendono forma fenomeni transizionali. Per reagire a sentimenti dolorosi dati dalla separazione, il bambino crea mentalmente collegamenti con oggetti che sostituiscono momentaneamente l'assenza della madre. Un peluches, una coperta, sono utili per sentire la presenza della madre anche se è assente.  Questo, di fatto, significa creare simbolicamente l'unione con lei anche se non c'è. Gli oggetti, quindi, ci rievocano un'emozione e un legame con un'altra persona che è importante per noi sotto il profilo emotivo. Ora immaginiamo il nostro uomo preistorico: per conservare il proprio legame tra sé e la natura ha proiettato sul Sole, la Luna, le stelle, qualcosa che gli consentisse di mantenere un legame con la natura, perché ciò significa poterla gestire, comprendere, perché evidentemente, comprenderla significa anche comprendere se stessi, per sopravvivere. 

La terza e ultima fase è quella che spinge "verso l'indipendenza". Qui vi è un passaggio psicologico fondamentale perché si va dalla simbiosi all' "uso dell'oggetto" che prima era visto come un fenomeno soggettivo, ancora non percepito come separato da sé. Qui il bambino sa stabilire rapporti con oggetti ritenuti indipendenti da sé, perché ha imparato a collocarli al di fuori della zona di "controllo onnipotente". Ma prima che ciò avvenga, il bambino esercita, nei confronti del caregiver, un'aggressività che prima è fisiologica e legata all'avidità e poi si trasforma in odio. La madre deve imparare a resistere a tali capacità distruttive, a tali esplosioni di rabbia che nascono dalla percezione del bambino di non esser più padrone degli eventi. La resistenza della madre ai "capricci" del bambino è utile a far si che egli si disilluda della propria onnipotenza, che egli non può distruggere l'oggetto perché in effetti non è una creazione della sua mente. Così e progressivamente capisce che l'oggetto continua a esistere nel tempo e nello spazio indipendentemente dalla sua volontà. 

D'altra parte, l'aggressività rivolta alla madre contrasta con la percezione positiva che ha di essa perché lei è fonte di cura e protezione: esiste dunque una madre "oggetto" e una madre "ambiente accogliente". Ritorniamo al nostro uomo che cominciava a creare associazioni tra fenomeni interni e fenomeni celesti. Egli inizia così a creare un sistema di lettura del cielo proprio perché teme e allo stesso tempo ama quei fenomeni che gli consentono di dare un senso alla propria esistenza. L'uomo si rende conto di non esser padrone degli eventi, che esiste qualcosa di più grande di lui a cui dovrà assoggettarsi e che al di la dei suoi "capricci" esiste una realtà oggettiva a cui egli deve sottostare. 

Penso che esattamente così come la mente umana matura in funzione della relazione con il caregiver, allo stesso modo possa accadere qualcosa di analogo, spontaneo, istintivo, nel momento in cui l'uomo si interfaccia col cielo: l'angoscia di separazione con la creazione di immagini simboliche non avverrebbe, dunque, solo attraverso il rapporto tra la madre e il bambino, ma possiamo estendere il principio anche a tutti i rapporti che l'uomo intesse con l'ambiente esterno, persino il rapporto tra sé e la natura. Per il resto, ho già ampiamente descritto in numerose occasioni che il passo successivo è la nascita del totemismo che, di fatto, rappresenta il passo più approfondito verso la costruzione di un mondo fatto di simboli.