CONDIVIDO CON VOI UNO SCAMBIO AVUTO SU LA CHIOMA DI BERENICE
Aaron Rizla River scrive: Cercheró di spiegarmi meglio. Il Virus è un parassita intracellulare obbligato, mentre per estensione di concetto, il linguaggio è una forma di vita, immaginiamolo come un essere vivente, ed infatti il linguaggio cresce, si trasforma e muta (con la vita).
La religione e l'Astrologia (che per me non solo coesistono ma sono anche altamente sovrapponibili, lo spiegheró dopo perchè la penso così) non possono vivere all'infuori del linguaggio, perchè necessitano di continua comunicazione per esistere, di libri per diffondere il Credo.
Se ancora non si conosce come mai un pianeta, fisicamente influenza la nostra vita, e non metafisicamente come simbolo, il suo ruolo è divinizzato/miticizzato perchè non c'è evidenza incontrovertibile che spiega la natura fisica dell'influenza! Dal punto di vista metafisico il pianeta-simbolo è divinizzato in maniera così palese come in una religione (v. croce et simila) che mi sembra assurdo doverlo spiegare semioticamente.
Quindi l'astrologia e la religione sono nate come virus del linguaggio, sono parassiti intralinguaggio obbligati perchè si servono del linguaggio per vivere a differenza di altre discipline dove c'è lavoro MANUALE oltre che filosofico, diciamo che sono nate principalemte per giustificare le scelte della classe dirigente che è riuscita a far convogliare la dottrina nell'incoscio collettivo. Palese per me! Una sorta di Matrix se vogliamo!
LA MIA RISPOSTA:
Prima di tutto complimenti per l'originalità degli accostamenti.
In fin dei conti non vi è nulla di sbagliato in qualcosa che conserva, per esistere, anche una parte parassitaria sostenuta dal linguaggio. Etica, morale, filosofia, religione, sono alcune di queste. A dire il vero esiste la componente attiva oltre che linguistica, per quanto concerne questi ultimi costrutti da me citati. L'etica si evince da comportamenti oltre che da un linguaggio condiviso. E lo stesso vale per la religione che presuppone unan ritualistica. In antichità l'astrologia era astrolatria e in quanto tale svolgeva appunto il ruolo di coordinare comportamenti e azioni sociali.
Filosofia insomma. E la filosofia è appunto quella parte di sé che per sopravvivere necessita del linguaggio. Logico o meno, formale, matematico o meno, parliamo di astrazioni per interpretare il mondo.
Ora, non credo che l'astrologia sia nata come virus del linguaggio, ossia come filosofia per spiegare i fenomeni naturali. Ma credo sia nata per dimostrarli. Infatti la dimostrazione presuppone un'esperienza e delle osservazioni oggettive e condivise. Per quanto concerne la fede, le esperienze sono invece soggettive e non riguardano i fenomeni naturali.
Facciamo un esempio pratico: gli antichi egizi divinizzarono Sirio non perché avevano bisogno di un oggetto qualsiasi per proiettare contenuti inconsci; ma avevano bisogno di oggetti (in questocaso la stella) per dargli un senso sulla base dei fatti osservati.
L'errore più comune, e che gli storici dell'antica mesopotamia evidenziano più spesso, è quello di credere che gli antichi fossero trogloditi ignoranti in preda alla mania di mistificare ogni cosa. No. Quel che si denota studiando la storia è che il desiderio di praticità era ai primi posti nella scala delle loro priorità: dovevano sopravvivere.
Il sorgere eliaco di Sirio era il segnale della piena del Nilo; e questo aveva un valore pratico, non metafisico o filosofico. Ma siccome l'uomo ha voluto sempre teorizzare, si è attribuito a Sirio la causa della Piena ed è stato divinizzato, antropomorfizzato.
Ora qui il problema non è quello di stabilire chi sia la causa di cosa; ma è prima di tutto stabilire che l'astrologia non è una forma di religione benché sia pregna di simbolismo. Appunto è l'osservazione empirica quella che fa la differenza. Sia che teorizziamo scenarifilosofici, sia che ipotizziami scenari religiosi, la levata eliaca di Sirio portava sempre la piena del Nilo.
Allora qui si torna sempre al solito discorso che ho citato più volte: un conto è il mondo delle idee (le teorie, la logica, l'espisteme) e un conto è il mondo dei fatti (legge Popper/Eccles). L'astrologia si sviluppa come scienza naturale e perciò, tramite le filosofie che si sono susseguite nel corso dei millenni, si è tentato di spiegare i fatti. Quindi ciò che è parassitaria non è l'astrologia in sé per sé, ma è parassitario il tentativo di spiegarla. Esattamente come accade per qualsiasi scienza o sapere.
Ora, è anche vero che certe corrispondenze non sono sinonimo di una legge di causa ed effetto tra astri e uomo. Ma questo non autorizza a dire che l'astrologia è "filosofia" o "religione". Provvisoriamente possiamo dire che le osservazioni empiriche non sono suffragate da dati scientifici; ma questo non lo vedo affatto un limite.
Difatti il dato scientifico (e mi riferisco al dato esatto), è un concetto riduzionista che non si sposa bene con la complessità della "vita". Naturalmente questo non deve nemmeno autorizzarci a essere relativisti tout court. Ci vuole un equilibrio. Per questo è nato il cosiddetto realismo critico: elasticità, consapevolezza che non tutto è conoscibile.
Ma come dicevo prima, questo non deve essere un limite alla ricerca e la desiderio positivista di trovare leggi meccaniciste. Equilibrio.
Perciò, la posizione che io adotto nello studio dell'astrologia è work in progress, cioè basata sul presupposto che come ogni sapere è magmatico, muta a seconda delle conoscenze che acquisiamo giorno per giorno.
Il contenuto dell'astrologia, essendo simbolico, è semplicemente un tentativo per spiegarne il meccanismo. Ma al di fuori di ciò c'è l'osservazione empirica.
Grazie mille per questa preziosissima sua osservazione.
In fin dei conti non vi è nulla di sbagliato in qualcosa che conserva, per esistere, anche una parte parassitaria sostenuta dal linguaggio. Etica, morale, filosofia, religione, sono alcune di queste. A dire il vero esiste la componente attiva oltre che linguistica, per quanto concerne questi ultimi costrutti da me citati. L'etica si evince da comportamenti oltre che da un linguaggio condiviso. E lo stesso vale per la religione che presuppone unan ritualistica. In antichità l'astrologia era astrolatria e in quanto tale svolgeva appunto il ruolo di coordinare comportamenti e azioni sociali.
Filosofia insomma. E la filosofia è appunto quella parte di sé che per sopravvivere necessita del linguaggio. Logico o meno, formale, matematico o meno, parliamo di astrazioni per interpretare il mondo.
Ora, non credo che l'astrologia sia nata come virus del linguaggio, ossia come filosofia per spiegare i fenomeni naturali. Ma credo sia nata per dimostrarli. Infatti la dimostrazione presuppone un'esperienza e delle osservazioni oggettive e condivise. Per quanto concerne la fede, le esperienze sono invece soggettive e non riguardano i fenomeni naturali.
Facciamo un esempio pratico: gli antichi egizi divinizzarono Sirio non perché avevano bisogno di un oggetto qualsiasi per proiettare contenuti inconsci; ma avevano bisogno di oggetti (in questocaso la stella) per dargli un senso sulla base dei fatti osservati.
L'errore più comune, e che gli storici dell'antica mesopotamia evidenziano più spesso, è quello di credere che gli antichi fossero trogloditi ignoranti in preda alla mania di mistificare ogni cosa. No. Quel che si denota studiando la storia è che il desiderio di praticità era ai primi posti nella scala delle loro priorità: dovevano sopravvivere.
Il sorgere eliaco di Sirio era il segnale della piena del Nilo; e questo aveva un valore pratico, non metafisico o filosofico. Ma siccome l'uomo ha voluto sempre teorizzare, si è attribuito a Sirio la causa della Piena ed è stato divinizzato, antropomorfizzato.
Ora qui il problema non è quello di stabilire chi sia la causa di cosa; ma è prima di tutto stabilire che l'astrologia non è una forma di religione benché sia pregna di simbolismo. Appunto è l'osservazione empirica quella che fa la differenza. Sia che teorizziamo scenarifilosofici, sia che ipotizziami scenari religiosi, la levata eliaca di Sirio portava sempre la piena del Nilo.
Allora qui si torna sempre al solito discorso che ho citato più volte: un conto è il mondo delle idee (le teorie, la logica, l'espisteme) e un conto è il mondo dei fatti (legge Popper/Eccles). L'astrologia si sviluppa come scienza naturale e perciò, tramite le filosofie che si sono susseguite nel corso dei millenni, si è tentato di spiegare i fatti. Quindi ciò che è parassitaria non è l'astrologia in sé per sé, ma è parassitario il tentativo di spiegarla. Esattamente come accade per qualsiasi scienza o sapere.
Ora, è anche vero che certe corrispondenze non sono sinonimo di una legge di causa ed effetto tra astri e uomo. Ma questo non autorizza a dire che l'astrologia è "filosofia" o "religione". Provvisoriamente possiamo dire che le osservazioni empiriche non sono suffragate da dati scientifici; ma questo non lo vedo affatto un limite.
Difatti il dato scientifico (e mi riferisco al dato esatto), è un concetto riduzionista che non si sposa bene con la complessità della "vita". Naturalmente questo non deve nemmeno autorizzarci a essere relativisti tout court. Ci vuole un equilibrio. Per questo è nato il cosiddetto realismo critico: elasticità, consapevolezza che non tutto è conoscibile.
Ma come dicevo prima, questo non deve essere un limite alla ricerca e la desiderio positivista di trovare leggi meccaniciste. Equilibrio.
Perciò, la posizione che io adotto nello studio dell'astrologia è work in progress, cioè basata sul presupposto che come ogni sapere è magmatico, muta a seconda delle conoscenze che acquisiamo giorno per giorno.
Il contenuto dell'astrologia, essendo simbolico, è semplicemente un tentativo per spiegarne il meccanismo. Ma al di fuori di ciò c'è l'osservazione empirica.
Grazie mille per questa preziosissima sua osservazione.