La sociologia, in antichità, già dagli studi condotti nell'antica Grecia, non riguardava la descrizione dei fatti, quanto piuttosto l'applicazione di regole di comportamento, ossia prescrizioni che venivano accostate a idee filosofiche legate al diritto naturale, ossia alla convinzione che esistono delle regole morali e di condotta, universalmente valide e insite nella natura dell'uomo, come il diritto alla libertà e alla vita per esempio. Più che di sociologia si trattava, dunque, di filosofia politica. Questa corrente viene definita Giusnaturalismo e i principali autori del 18° secolo, che aderirono a questa corrente filosofica furono Hobbes (Ariete), Locke (Vergine) e Rousseau (Cancro), importanti per introdurre questo mio resoconto sul rapporto tra uomo e natura. Il primo, definito DIABOLICUS INCARNATUS considerava lo stato pre-contrattuale come uno stato di caos e disordine, di anarchia; ed era per questo necessario che fosse conferito massimo potere a un'autorità, al Leviatano monarca che potesse porre fine alle angherie degli uomini. Lo stato di natura, quindi, era di violenza e anarchia. Non molto distante da questa idea, era quella di Locke che non parlava di una rinuncia al proprio stato naturale, ma piuttosto di un patto in cui sia il monarca che il cittadino dovevano rispettare per mantenere una condizione di pace. Questa è la premessa necessaria per comprender come il rapporto tra uomo e natura si è evoluto col passare del tempo, sin da quando ancora non si era palesato il nostro potere distruttivo nei suoi confronti, nonostante, da sempre l'uomo modifichi l'ambiente. Rousseau, sempre agli inizi del 1700, fu uno dei primi filosofi che ebbe modo di indagare l'origine del diritto naturale nello stato, scoprendo anch'egli la sete di dominio dell'uomo contro l'uomo, ma questa volta per colpa della società. A differenza di Hobbes, egli non credeva nella necessità di un monarca, ma nella sovranità del popolo, perché in ognuno è contenuta una legge naturale legata alla pace. Insomma diremmo oggi, sarebbe più democratico.
Chi si distacca da questa concezione prescrittiva della società e dell'individuo, è il massone Montesquieau, che sempre nello stesso periodo, nel suo famoso "lo spirito delle leggi" a parere di Comte (entrambi Capricorno nati a un secolo di distanza quasi nello stesso giorno) applica alla sociologia una nuova veste, più in linea con la necessità di descrivere, anche in maniera deterministica, il nascere di certi regimi politici. Il tutto veniva relazionato al clima di un dato luogo, alla fertilità piuttosto che all'aridità di un certo ambiente, alla sua storia, all'estensione, nonché alla religione. La prima ricerca è sulla monarchia, che è formata da un potere centrale e da una serie di poteri intermedi costituiti da una condizione di natura che è la nobiltà. Dove c'è monarca, c'è nobiltà, e viceversa. Per lui, il modello anglosassone di governo è quello più equilibrato poiché i tre poteri legislativo, giudiziario ed esecutivo, sono indipendenti.
Questo inaugura il primo filone di ricerche basate su come la natura organizza la società, per poi giungere, successivamente, all'idea che è la società che modifica la natura. Questo processo di analisi è di competenza della sociologia dell'ambiente, che si propone di studiare in che misura esiste questa influenza e quanto sia reciproca. A tale scopo, sono state riprese le tesi del Marxismo che con il secondo articolo approfondiremo anche sotto il profilo astrologico.