Sin dalla notte dei tempi l'uomo ha attribuito aspetti qualitativi ai numeri: non solo erano usati per le identificare le quantità, ma avevano anche un significato nascosto che era ricollegabile alla realtà sovrasensibile.
Ma questo è l'indice del fatto che l'uomo antico fosse capace di carpire i segreti della natura, oppure significa che le sue erano solo speculazioni mentali di tipo filosofico?
Vediamo di ragionarci sopra. In antica Babilonia, la dea Ishtar, ossia il pianeta Venere, oltre a esser rappresentata come una donna alata, era indicata come una stella a otto punte. Il numero otto si riferiva al ciclo sinodico del pianeta, ossia al numero di anni occorrenti per 5 congiunzioni inferiori del pianeta col Sole, prima di ritornare nella stessa posizione zodiacale.
Gli antichi astrologi babilonesi pensavano che fosse possibile scongiurare la mala sorte, a differenza dei greci che invece pensavano all'ineluttabilità del fato.
Perciò avevano l'usanza di "propiziarsi le potenze divine" attraverso riti magici e sacrifici anche molto violenti. Persino oggi, in alcune tribù dell'Africa c'è ancora questa tradizione di uccidere bambine vergini e di mutilarle asportando gli organi genitali con lo scopo di ottenere forza e fortuna. Si tratta di magia nera ovviamente, nata dalla credenza popolare, (e ignorante) che il sangue di una giovane vittima possa dare benefici a chi li richiede.
Venere, dunque, era la rappresentazione divina di un pianeta, e questo pianeta aveva in sé un potere "magico" legato al numero 5 e all'8. Anche la stella a 5 punte è il simbolo di Venere, per la tradizione magica ed esoterica (il pentagramma). Ma oltre alla corrispondenza tra il 5 e il numero di congiunzioni inferiori di Venere, possiamo affermare pure che il 5 abbia le qualità divine di Venere? Per gli esoterici sì (aggiungo che attraverso gli incroci delle rette del pentacolo si ottiene un pentagono, figura geometrica associata alla proporzione aurea, altro numero sacro).
La magia e il significato esoterico delle cose, però, non sfuggì nemmeno ai greci. Berosso era l'astrologo che tramandò all'occidente i segreti di Babilonia; ma furono i Pitagorici a sviluppare ulteriormente l'argomento, dato che fu egli stesso studioso nella capitale dell'astrologia.
Pitagora era innamorato della musica e scoprì che due corde pizzicate insieme producono un suono armonico a seconda della loro lunghezza e tensione. Se una corda era la metà dell'altra allora vi era un suono piacevole. Da quell'esperienza fece altri esperimenti e scoprì che il suono è strettamente connesso a certi rapporti numerici legati alla lunghezza delle corde. Fece lo stesso esperimento anche con strumenti a fiato e ottenne la stessa sequenza di rapporti numerici. Lo stupore fu immenso: certe divisioni e moltiplicazioni numeriche avevano assunto un valore mistico perché si verificavano uguali nel mondo della natura. Era una scoperta da svelare solo agli adepti.
I numeri pari erano definiti femminili, quelli dispari maschili. Ecco perché quando si parla di segni zodiacali si attribuisce loro, a seconda della loro posizione numerica nello zodiaco, un valore maschile o femminile:
ARIETE M
TORO F
GEMELLI M
CANCRO F
LEONE M
VERGINE F
BILANCIA M
SCORPIONE F
SAGITTARIO M
CAPRICORNO F
AQUARIO M
PESCI F
Tra i contemporanei studiosi di astrologia c'è chi ha modificato in modo diverso questa sequenza; ma a mio parere ogni divisione è inutile, non aggiunge e non toglie nulla all'interpretazione.
I numeri avevano una personalità e servivano per associare questa caratteristica a ogni elemento della natura. Sarebbe a dire che l'acqua, o il fuoco, o gli alberi potevano essere "antropomorfizzati" ed erano alleati in base alla loro sympateia con altri elementi della natura. Vediamo in ciò, a essere onesti, ancora un'influenza di arcaiche tradizioni totemiche ormai innestate nell'inconscio collettivo (a tal proposito è in fase di stesura un mio libro che tratta in maniera più approfondita questi argomenti).
Dal piccolo al grande, esisteva una proporzione che doveva rivelarsi anche attraverso il movimento dei pianeti. Il passo che fece Pitagora era naturalmente influenzato dalle conoscenze astrologiche babilonesi ed egiziane che ormai si stavano spegnendo per lasciar spazio al trionfo del periodo ellenico.
Al numero era associato anche un corrispettivo geometrico nato dal rapporto esistente tra le posizioni planetarie nel loro costante peregrinare in cielo. L'apice del rapporto numerico con quello geometrico viene raggiunto quando Pitagora elabora il suo concetto di numeri triangolari e quadrati.
Il simbolo della perfezione diviene il numero 10 perché è il quantitativo di elementi occorrenti per formare una piramide a base 4, numero usato da Filolao per l'elaborazione di una nuova visione del cosmo in cui la terra non è più il centro dell'universo e viaggia assieme a un' "Anti-Terra". Insomma, siccome il numero 10 era il più sacro tra tutti i numeri bisognava che anche l'universo fosse composto da 10 elementi. Ecco qui che emerge con vigore la necessità di far corrispondere le cose, un po' quel che accade ancora oggi per alcuni studiosi dell'astrologia che cercano ancora un'armonia numerica che possa mettere ordine in un sistema che sembra essere "sbilenco". Qui ci domandiamo se sia veramente necessaria questa operazione matematica.
La sacralità del numero 7 è indicata in ogni testo religioso ed esoterico. Deriva dal fatto che 7 erano i pianeti della tradizione astrologica (inclusi Sole e Luna, definiti col termine di luminari). Oggi che siamo a conoscenza di altri corpi celesti (Urano, Nettuno e Plutone), il numero 7 non ha più quella sacralità che aveva un tempo; ma persiste nell'immaginario collettivo con tutto il suo potere "magico". I 7 giorni con cui Dio ha creato il mondo, la natura, il cielo e l'uomo, oggi non può che essere visto come un tentativo "stonato" di descrivere la realtà a partire dagli elementi della natura che incutevano timore reverenziale: i pianeti quali espressione delle potenze divine di derivazione Babilonese e Assira.
Insomma, quel che emerge, stando alle mie osservazioni, è che l'uomo ha necessità di attribuire un senso alle cose, ha necessità di creare parallelismi tra i vari fenomeni della natura e le vicende umane anche sbagliando, cioè usando i mezzi limitati (tecnologici e scientifici) di cui dispone in quel momento. Che tutto sia pura speculazione mentale? I numeri possono avere una reale significato qualitativo oltre che un valore quantitativo? Può darsi, ma è sempre bene ricordarsi che un conto è la realtà e un conto è l'interpretazione che diamo a essa.
Giuseppe Galeota "Al Rami" dottore in scienze e tecniche psicologiche.