(Scritto sotto effetto di bicarbonato e sale iodato)
Mentre che mi annoiavo guardando nonno ragno, mi è venuto in mente che stava per cominciare il festival di San Scemo. Soltanto che non mi ingoddava (voce del verbo degli sfaticati) di prendere carta e penna per segnare le mie preferenze canore e perciò ho preferito rimanere sul divano, col telecomando in una mano e un panino con mortadella e provolone piccante nell'altra. È anche vero che un'altra operazione mi avrebbe ridotto i neuroni in cenere, anche senza tabacco e Venere. E perciò fu la scelta migliore per la mia salute mentale oltre che per il deretano stanco.
Lo show stava per cominciare e io non potevo proprio mancare all'appuntamento con i grandi artisti della canzone Giargiana (località italica posta un po' di qua e un po' di la a caso, a gusto vostro).
Doveva cantare il famoso Al Bagno (il famoso cantante metà uomo e metà trullo) e io già avevo capito che la sfida doveva essere proprio entusiasmante, talmente entusiasmante che al primo ritornello ero già nel mondo dei sogni spinti (quelli semplici li faccio solo di Mercoledì).
Soltanto il mio cane sordomuto e zoppo poteva prendere le redini della situazione per segnare le mie preferenze. Il festival di San Scemo, è risaputo, è per esperti del latrato e del guaito, operazione che riesce bene anche a me, modesti a parte. Ma il mio cane ha una marcia in più e la cosa mi fa terribilmente invidia. Dovevo svegliarmi perché non avrei mandato giù sapere da lui quel che avrei potuto fare anche da solo, o in compagnia senza ladro né spia. E così mi sono svegliato. Forse.
Era il momento di Gabbiani, appena scappato dallo zoo, ma non quello di 105. Si era messo in testa che il web è l'oppio dei poveri in canna mozza, maledetta zozza. Immediatamente sparato. Dopo la sfolgorante esibizione (dei cecchini), a ruota si sono susseguiti tutti i grandi big della serata, anche i big babol:
Fiorella Miallieta, Fabrizio Morto, Giusy Rocher, Ronf Ronf, Metal Merda, Mandarino, Bian Cazzei, Marco Vasini, Gigi D'Alassio, Elodietro e avanti, Sylvestre gatto (con a spasso Panceri). Menomale che presentava Maria dei Pippi e Carlo Corti, perché altrimenti il mio cane mi avrebbe chiesto di portarlo fuori a far i suoi bisogni. Ovviamente avrebbe comunicato in Brail o lanciatoo segnali di fumo, come di consueto in wireless.
Il gran finale era arrivato in men che non si dica, e siccome non si dica, non l'ho detto. Alla grande premiazione c'è stato il finimondo: Leone di Lernia in criniera e occhiali spernacchiava la giuria, sfanculava gli spettatori, sventolava adavdaje, e si mangiava la banana. Durante la pausa invece era Ra Ra Ri Ra Ra Ra, pesce fritto e baccalà. Alla faccia del tele-voto e del tele-poco, Leone era il vero campione, il vero asso nella manica macchiata, il vero rosso di sera bel tempo si spara, il mitico occhio per occhio dente fetente, o per gli amici, in bocca al gufo e in culo all'altalena.
Nulla a che fare con il politichese del politicante incravattato. Tutto vero, tutto giusto, nulla fuori posto. Tutti gli insulti erano al posto giusto, ok il prezzo è questo. Beh, la TV aveva un nuovo super eroe: altrocché nonno ragno! Altrocché Battipan, Capitan la predica, Superfemm, e Pippobbaudo. Leone apriva gli occhi, apriva il cuore, illuminava più di Paulo Coniglio, più del Marasma Grandi, più di Franco Oppini in bigodini. Con Leone c'era lo show, e io non lo scorderò.