Tra gli studiosi degni di nota possiamo citare Costantino Nigra che sviluppò l'idea (teoria del sostrato etnico) secondo cui la produzione lirica Italiana è divisa in due aree geografiche: quella delle regioni tosco emiliane, e poi tutte quelle al di sotto di essa. Al nord dell'appennino fiorivano produzioni a carattere narrativo storico-romanzesco presenti anche nell'area francese e iberica, mentre più a sud produzioni lirico-amorose. Queste osservazioni lo spinsero a individuare una parte italica e una celtica dell'italia stessa, due ceppi provenienti da un'unica radice latina.
Paolo Mantegazza in Italia fu sostenitore e diffusore delle teorie di Darwin assieme a Tito Vignoli. Lamberto Loria è invece la figura più rilevante dell'etnografia italiana: fondò il museo di Etnografia italiana dopo aver, per anni, condotto ricerche di tipo esotico, interrompendo così la sua attività di esploratore dopo una specie di conversione al campanilismo. Gli studi demologici (quelli sulla cultura popolare), dunque sopravanzano quelli etnologici perché a causa della dittatura fascista e al "manifesto della razza" vengono discriminate quelle categorie di italiani ritenuti non sufficientemente ariani. Probabilmente, un peso notevole nello sviluppo e nella diffusione dell'astrologia in Italia è dato da questo contesto politico e dalle teorie di Darwin sull'evoluzione. Dunque, non bisogna affatto sottovalutare l'idea che le ricerche nel campo condotte dagli astrologi del fascismo, abbiano in qualche modo condizionato gli studi degli astrologi venuti dopo. Naturalmente per condizionare io mi riferisco agli studi sorti in contraddizione al fascismo o per adesione allo stesso. Veramente poco si può dire degli studi antropologici in Italia.
Se qui, a causa del fascismo vi era una esasperazione del Darwinismo, il tedesco Boas, il più autorevole tra gli studiosi americani, nello stesso periodo era fautore del relativismo culturale, rifiutava il razzismo e l'evoluzionismo ultra determinista, contrapponendo a esso lo studio delle culture a diretto contatto con i nativi dei diversi luoghi. Numerose sono le sue osservazioni su popolo degli Inuit in Canada.
C'è sempre una tendenza di fondo all'evoluzionismo, ma con la premessa che anche le popolazioni considerate più primitive hanno contribuito allo sviluppo evolutivo complessivo della civiltà umana e contesta il fatto che solo la razza e l'ambiente siano i fattori determinanti per lo sviluppo della cultura e del linguaggio. In contrasto con le idee antropologiche e politiche del suo tempo, Boas rifiutava non solo la visione Eurocentrica della storia, ma pure il fatto che la storia stessa non era presa in considerazione.
Da qui nasce la critica all'evoluzionismo e quindi la nascita dello storicismo in relazione al fatto che bisognava spiegare l'apparire di tratti culturali simili in popolazioni distanti e di cui non era documentata una interconnessione.
Gli evoluzionisti pensavano che gli elementi comuni sono da addurre sempre alle stesse cause psicologiche, poiché l'obiettivo era quello di ricercare una teoria universale. Secondo Boas le similitudini erano solo apparenti, non effettive, e ciò dipendeva dal fatto che non si conosceva abbastanza bene le popolazioni in oggetto. Infatti, il significato di determinati simboli, o rituali in determinate culture, era l'opposto di quello attribuito in altre. Questa rivelazione è importante per comprendere ancora meglio il concetto di archetipo di Jung che è stato travisato dal maggior parte degli astrologi (molti dei quali usa il termine in maniera impropria, attribuendogli significati del tutto lontani da quello originale, in un eccesso di presunzione e fanatismo egopatico). L'archetipo non è una immagine ricorrente in tutte le menti umane, ma è un nucleo di opposti che in taluni si esprime in un modo, in altri nel modo opposto. L'archetipo è ciò che sta alla base del mito e non il mito stesso. facciamo un esempio: il serpente è un simbolo ricorrente in tutte le menti umane, ma la sua funzione positiva o negativa è culturale. Non è il valore positivo o negativo che alberga nell'archetipo. Esso è solo un concetto vuoto che viene riempito dalla cultura. Per cui non ha senso parlare di archetipo Indiano o Africano o Europeo come ho sentito bestemmiare da qualcuno. L'immagine archetipica è una sola, ma vissuta in maniera diversa a seconda della cultura e della società a cui si fa capo.
Secondo Boas, dunque, la natura del rito andava ricercata nella storia e nelle tradizioni specifiche dato che a loro volta esse dipendono dall'ambiente specifico. Nessuna legge universale, ma solo un attento e puntuale esame della storia delle popolazioni. é universale e dunque archetipica la ritualizzazione di qualcosa; ma la natura stessa del rito, la sua funzione è strettamente dipendente dall'ambiente. Come dire, in poche parole, che il simbolo astrologico è qualcosa che di specifico che si manifesta secondo le regole della cultura a cui si appartiene. Per questo motivo rappresenta sempre qualcosa di diverso e non perfettamente determinabile, ma solo probabilistico. Se non si comprende questo concetto basilare, allora si rimarrà ancorati a una visione deterministica e meccanica della materia astrologica.
Tra le ricerche di Boas spicca quella sul Potlatch, il rituale degli indiani Kwakiutl impostato sul concetto della distruzione dei propri averi per dimostrare generosità e disinteressamento. Questa manifestazione di "potere" serviva a consolidare la propria posizione all'interno della società, ma pure a impedire l'immissione di nuovi beni all'interno di essa: l'aumento incontrollato di ricchezza avrebbe messo in discussione la divisione della società in liberi e schiavi.
L'individuo che interagisce con l'ambiente, secondo Boas, è educato e abituato dalla sua cultura, a recepire e interpretare gli stimoli in un modo specifico. Ma l'ambiente stesso, in risposta a questi stimoli, viene modificato. Date queste premesse, i modelli comportamentali sono sempre in continua trasformazione e nessuna teorizzazione potrà mai rivelarsi utile per prevedere l'evoluzione di una cultura qualsiasi. Ora, non so se allo stato attuale delle cose, tale idea è stata smentita: personalmente ritengo sia possibile teorizzare dei flussi probabilistici.
Quindi, per Boas è la visione psicologica che l'individuo ha di se stesso, sia come individuo e sia come membro della collettività, che influenza la sua percezione del reale e lo fa reagire agli stimoli di essa in maniera diversa a seconda dei tempi e dei luoghi. Dunque, una visione soggettiva del mondo, rimanda ancora una volta alle proprie predisposizioni astrologiche, ma anche genetiche. Fondamentalmente la cultura dovrebbe essere il risultato della costante interazione tra ambiente e soggetto. Per cultura possiamo intendere pure quella astrologica, che appunto varia in base agli specifici bisogni dell'individuo, in base alla sua personale visione e al contesto in cui vi è immerso. Ho notato, molta intolleranza circa l'approccio di qualche astrologo, soprattutto di chi tende per esempio a tranquillizzare il consultante e chi invece tende a metterlo in guardia. Ovvio che la personale visione del mondo e dei propri bisogni (quindi anche di quel che si crede la gente abbia bisogno), è fondamentale per la nascita delle diverse astrologie e di come esse, in qualche modo possono influire in ambito sociale.
Agli stessi stimoli esistono reazioni differenti e questo era già sostenuto da Ruth Benedict, allieva dello stesso Boas, ma influenzata fortemente da Nietzsche sui concetti di apollineo e dionisiaco. L'aspetto dionisiaco era quello che riguardava l'aspetto più selvaggio e passionale dell'essere umano, il trionfo dell'estasi sui sensi della logica; e quello apollineo, all'opposto, basato sul controllo del corpo e degli istinti da parte della mente. Nei cerimoniali di distruzione descritti da Boas sugli indiani Kwakiutl, la Benedict ci vedeva chiari segni di una tendenza dionisiaca. Mi chiedo se sarebbe possibile e anche sensato, applicare tale distinzione anche in ambito astrologico.