Nello studio dell'astrologia, al fine di comprendere sempre meglio i suoi limiti e quale sia il giusto approccio per lo studio, è necessario integrare ad essa altri saperi che riguardano l'essere umano, i suoi comportamenti, le sue emozioni, perché inoltre, essi possono farci comprendere in anticipo quali sono le affermazioni, su di essa, che entrerebbero in contraddizione con le scoperte e i risultati scientifici. In questo modo sarà possibile costruire un'astrologia più obiettiva e quanto più libera dai condizionamenti delle proprie idee. Infatti esse non hanno senso se non nascono da una conoscenza più accurata possibile di quel che gravita attorno all'universo umano, sull'universo umano.
Alcuni studi antropologici condotti nel 1700, possono esserci utili per il nostro obiettivo. In quel periodo vi era l'interesse per i ragazzi selvaggi, cioè per quelli abbandonati dai genitori e allevati dagli animali per esempio. In quel periodo circolavano molte storie. Il risultato delle osservazioni di alcuni di loro, fu che era importante l'interazione sociale. Sul bambino selvaggio dell Aveyron, possiamo trarre interessanti spunti di riflessione. Egli fu adottato da un certo dottor Jean Itard affinbché fosse rieducato, ma non si integrò mai alla società perché gli strumenti necessari a comprendere le dinamiche fondamentali del comportamento, debbono essere introdotte nei primi anni di vita.
Questo lascia intendere che la componente astrologica è pur sempre relativa al contesto in cui vive il soggetto; e questo è un concetto forse fondamentale per poter leggere un grafico astrologico nella maniera più corretta possibile.
Altri studi erano condotti sugli Orang Outan, termine malese per identificare "l'uomo delle foreste". Date le premesse di cui sopra, cioè sul fatto che il grado di civiltà di una specie lo si individua dalla struttura sociale a cui fa capo, le idee erano che questi primati non dovevano che essere una specie di versa di uomini, esattamente come gli indiani d'america, perché in entrambi i casi, esisteva una struttura sociale su cui era imperniata la loro esistenza: erano capaci di vivere in società, di saper costruire abitazioni, armi. James Burnett (1774) pensava che le specie potessero essere distinte dal linguaggio e per questo, gli Ourang Outan potevano essere associati a esseri umani a tutti gli effetti, a cui però manca la parola.
Bruti esseri "addomesticati"? Secondo altri studiosi, solo lì dove c'era una società c'era pure una cultura e dunque l'essere umano. Di conseguenza, l'essenza stessa del genere umano, quella naturale, è strettamente connessa a quella sociale dato che anche gli indiani d'america ne avevano una.
Russeau formula un pensiero molto singolare rispetto a tutto ciò: egli pensava che l'uomo naturale doveva essere sostanzialmente molto più felice di quello che vive in un contesto sociale e culturale più evoluto, dato che la strutturazione della società conduce a una serie di regolamentazioni come per esempio la proprietà privata, che farà emergere sentimenti di invidia e gelosia, nel constante bisogno di accumulare ricchezze. Ovvio, a questo punto che la società diviene di fondamentale importanza per definire le possibilità espressive di una specifica posizione astrologica.
Un metodo comparativo di indagine fu condotto da un certo Jean-Francois Lafitau nei primi del '700. Egli studiava la struttura parentale, le religioni, i culti, i luoghi di culto, gli usi matrimoniali e funerari delle diverse etnie che andava osservando, e ha notato che il tratto comune è sempre quello che esiste, sempre e comunque un "essere superiore". Questo lo interpretava come un tratto "naturale" dell'essere umano più in generale. I Popoli indigeni americani identificavano nella natura le potenze divine e anche l'anima stessa è concepita come qualcosa che è talmente indipendente dal corpo che finisce per volare via durante il sogno. Quel che sognano, dunque, non è altro che un fatto realmente accaduto, secondo la loro immaginazione: credono che l'anima ha vissuto realmente una certa esperienza e per questo si comportano di conseguenza.
L'atropologo-etnologo europeo non poteva che sentirsi superiore rispetto a questi "indigeni" poiché in quel periodo storico legato alla campagne di Napoleone Bonaparte, era data importanza allo sviluppo tecnologico. Per contro, parallelamente sorgevano studiosi più interessati all'aspetto politico ed etico e per questo, Napoleone, attraverso un rigido approccio dittatoriale, fece abortire sul nascere questa tendenza.
Molto simpatica è pure la concezione di un certo Maistre che vedeva negli indigeni degli uomini che non avevano avuto la grazia di Dio e che erano stati puniti a causa del peccato originale. Il passaggio dallo stato di barbarie a quello di civiltà, non era evidente, anche perché nessun popolo visitato, col tempo aveva dato prova di essersi civilizzato, cioè di aver progredito. Possiamo definirlo degenerazionista. Ovvio che tale approccio è forzato comunque basato su questioni di tipo religioso che anche in astrologia, spingono talvolta alla formulazione di teorie, che appunto possono fuorviare da una corretta interpretazione dei fatti.